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L’ENTE BILATERALE NAZIONALE DEL TURISMO E TRE MINISTERI SIGLANO UN PROTOCOLLO PER FAVORIRE L’INSERIMENTO SOCIO LAVORATIVO DEI TITOLARI DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE
LA RETE DEGLI ENTI BILATERALI TERRITORIALI OFFRIRA’ PERCORSI FORMATIVI E FAVORIRA’ L’INSERIMENTO NELLE AZIENDE DEL SETTORE
L’Ente Bilaterale Nazionale del settore Turismo (EBNT), il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero dell'Interno e il Ministero del Turismo hanno siglato un protocollo per favorire l'inserimento socio lavorativo di persone titolari di protezione internazionale e temporanea e di altri cittadini stranieri in condizioni di vulnerabilità.
“Abbiamo promosso quest’intesa - ha dichiarato Alessandro Nucara, presidente di EBNT - con l’obiettivo di coniugare le esigenze del mercato del lavoro con l’esercizio di una responsabilità volta a facilitare e sostenere processi di inclusione sociale e lavorativa.”
“Siamo fortemente convinti – ha detto Stefano Franzoni, vicepresidente di EBNT – che un mercato del lavoro più equo e inclusivo non solo favorisca la crescita economica, ma contribuisca anche a costruire comunità più coese e resilienti”.
La rete degli enti bilaterali del turismo, in sinergia con i tre Ministeri, offrirà percorsi formativi dedicati e altre misure di politica attiva del lavoro e promuoverà esperienze nelle aziende del settore, con l’obiettivo di un successivo inserimento lavorativo.
Inoltre, gli interventi formativi previsti dal protocollo potranno beneficiare del sostegno del fondo interprofessionale per la formazione continua nel settore terziario (For.Te.).
FOCUS SUI LAVORATORI STRANIERI NEL SETTORE TURISMO
Nel 2024, i lavoratori dipendenti stranieri nelle imprese italiane del settore turismo sono stati 420.528 in media d’anno, ovvero il 28,1% del totale.
Il dato è in costante aumento, con una variazione positiva del +12,4% rispetto all’anno precedente e del +29,5% rispetto al 2019. Merita sottolineare che il tasso di crescita è superiore a quello medio del settore, che si è attestato rispettivamente al +7,4% e +15,1%.
Il 44,8% dei lavoratori stranieri del turismo è di sesso femminile. I giovani sotto i 40 anni sono quasi il 60% (59,7%). Più della metà (51,2%) ha un contratto a tempo indeterminato.
Se si considerano i dati in valore assoluto, la regione con il maggior numero di lavoratori stranieri è la Lombardia (84.914), seguita dal Lazio (47.499), dal Veneto (44.658) e dall’Emilia-Romagna (44.578).
In termini percentuali, gli stranieri rappresentano il 40,7% dei lavoratori dipendenti da aziende del turismo in Trentino-Alto Adige, il 34,9% in Liguria, il 33,4% in Friuli-Venezia Giulia e il 32,5% in Toscana.
Se si guarda alla provenienza geografica dei lavoratori, al primo posto troviamo la Romania, seguita nell’ordine da Albania, Bangladesh, Cina, Marocco, Ucraina, Filippine, Moldova e Pakistan.
fonte: Osservatorio sul mercato del lavoro nel settore turismo di EBNT (elaborazioni su dati INPS, fondo FAST e fondo EST)

Da lunedì 16 giugno a Rimini, all’ombra della Ruota Panoramica, nasce un luogo speciale: una spiaggia libera davvero aperta a tutti. Un posto pensato per chi ama il mare e desidera viverlo senza barriere.
Si tratta di Spiaggia Libera Tutti, uno spazio curato e inclusivo, un progetto innovativo e pensato per garantire l’accesso al mare a tutti, con particolare attenzione a chi ha disabilità motorie, sensoriali o cognitive, dove vivere la spiaggia sentendosi accolti: ci saranno ampie passerelle che arrivano fino all’acqua, 16 gazebo su pedane, prenotabili, che offrono riparo dal sole, docce calde, servizi igienici accessibili e sedie da mare per facilitare l’ingresso in acqua, personale formato e sempre disponibile.
Aperta tutti i giorni, dal 16 giugno all’8 settembre, dalle 7:30 alle 19:30, Spiaggia Libera Tutti offre una gamma di servizi gratuiti pensati per garantire un’esperienza piacevole e inclusiva.
La prenotazione delle postazioni è obbligatoria e avviene esclusivamente tramite telefono o whatsApp (numero +39 3514980236) oppure on line al sito https://www.spiaggialiberatutti.it/. Un operatore ricontatterà l’utente per confermare la prenotazione.
Le prenotazioni sono valide solo se confermate dallo staff. Questa modalità permette ai gestori di conoscere in anticipo l’utente, capire al meglio le necessità di ognuno e informare rispetto ai servizi e alle condizioni della spiaggia. È possibile ricevere informazioni anche via email (info@spiaggialiberatutti.it).
È consentito prenotare per un massimo di 7 giorni consecutivi, anche per mezza giornata, per garantire l’accesso al maggior numero possibile di utenti.
In caso di posti esauriti, verrà istituita una lista d’attesa ordinata cronologicamente. Le disponibilità liberate saranno offerte agli utenti in attesa tramite contatto telefonico.
A gestire per questa prima estate il progetto Spiaggia Libera Tutti è la cooperativa sociale Onlus “Amici di Gigi”, soggetto capofila di un gruppo che vede la presenza di Club Nautico di Rimini, Soc. Coop. Sportiva Dilettantistica RiminiUp, Cooperativa sociale Service Web, Inopera Impresa sociale, Cooperativa Bagnini Rimini sud e The Beach Srl.
Spiaggia libera Tutti Rimini
L.go Ruggero Boscovich, 47921 Rimini
Orari di apertura e servizi
Dal 16 giugno all’8 settembre 2025, tutti i giorni dalle 7:30 alle 19:30. Tutti i servizi sono gratuiti. Le postazioni, i servizi e gli ausili sono pensati per accogliere persone con disabilità e offrire supporto anche ai loro accompagnatori, per garantire un'esperienza balneare accessibile, sicura e serena.

Monossido di carbonio, il killer silenzioso
di Gioacchino Giomi
Il monossido di carbonio (CO), noto anche come ossido di carbonio, è un gas tossico particolarmente insidioso per via della sua invisibilità: è inodore, insapore, incolore e non irritante, pertanto non è rilevabile dai nostri sensi.
Ha una densità simile a quella dell’aria, è infiammabile e si forma principalmente attraverso la combustione incompleta di materiali contenenti carbonio, come carbone, legno, olio, gas metano e GPL.
In parole semplici, quando c’è una buona ossigenazione della combustione, l’atomo di carbonio si lega a due atomi di ossigeno, generando anidride carbonica (CO2); nel caso in cui ci sia poco ossigeno a disposizione della combustione, all’atomo di carbonio si lega un solo atomo di ossigeno, generando il monossido di carbonio (CO).
Le fonti più comuni di questo gas includono i fumi degli incendi, i gas di scarico dei motori a combustione e gli impianti di riscaldamento e cottura, come stufe a kerosene, gas e legno, caldaie, scaldabagni, caminetti e bracieri. Il CO può provenire anche da fonti esterne, soprattutto nei luoghi vicini a garage, autofficine o strade ad alta intensità di traffico.
Nei locali di vita, la concentrazione media di CO è generalmente compresa tra 1.5 e 4.5 mg/m3; tuttavia, in presenza di fonti di combustione e ventilazione inadeguata, i livelli possono aumentare rapidamente, arrivando anche a 60 mg/m3.
Il monossido di carbonio è particolarmente nocivo per la salute umana, poiché, se inalato, si lega all’emoglobina presente nel sangue al posto dell’ossigeno, formando carbossiemoglobina, riducendo così la capacità del sangue di trasportare ossigeno e causando effetti tossicologici di varia gravità.
Concentrazioni ambientali di CO inferiori a 5 mg/m3, corrispondenti a livelli di carbossiemoglobina sotto il 3%, non causano effetti significativi sulla salute negli individui sani; tuttavia, in persone con patologie cardiache, anche basse concentrazioni possono scatenare crisi anginose.
A livelli più elevati, si manifestano sintomi come cefalea, confusione, disorientamento, vertigini, visione alterata e nausea. Concentrazioni molto alte possono portare a coma e morte per asfissia. I gruppi più vulnerabili comprendono anziani, persone con problemi cardiovascolari e respiratori, donne in gravidanza, neonati e bambini.
In Italia, le statistiche più recenti registrano annualmente tra 160 e 200 morti per intossicazione involontaria da monossido di carbonio.
Il trattamento delle intossicazioni da CO è cruciale per prevenire danni cerebrali e complicazioni; all’individuo colpito deve essere garantita una ventilazione adeguata e immediatamente somministrato ossigeno. L’ossigenoterapia iperbarica, riservata ai casi più gravi, accelera l’eliminazione del CO dal sangue, alleviando i sintomi e prevenendo danni neurologici permanenti.
Data la pericolosità di questo gas, che è inodore, insapore, incolore e non irritante e la cui presenza è percepibile solo tramite appositi rilevatori, è fondamentale essere consapevoli delle condizioni in cui può svilupparsi. Ecco alcuni consigli pratici per proteggere sé stessi e gli altri dalla minaccia di questo gas:
- in caso d’incendio: è fondamentale uscire immediatamente e far evacuare le persone presenti dai locali interessati e da quelli circostanti;
- ventilazione adeguata: assicurarsi che gli ambienti siano ben ventilati, specialmente durante l’uso di apparecchi a combustione (camini, stufe a fiamma libera, bracieri, ecc.). Aprire finestre e porte riduce il rischio di produzione e accumulo di CO;
- manutenzione degli apparecchi: tutti gli apparecchi a combustione devono essere controllati regolarmente da tecnici qualificati per garantire un funzionamento sicuro e privo di emissioni di CO;
- controllo delle canne fumarie: far verificare da un tecnico qualificato che le canne fumarie siano libere da ostruzioni e prive di crepe, che potrebbero consentire al CO di diffondersi negli ambienti;
- uso di combustibili appropriati: utilizzare solo combustibili raccomandati per gli apparecchi a fiamma libera, seguendo le indicazioni del fabbricante, evitando materiali non destinati alla combustione, come plastica o rifiuti;
- uso corretto di generatori di corrente: se si utilizzano generatori a combustione interna, posizionarli all’esterno, lontano da finestre e porte, per evitare l’ingresso di gas di scarico nell’edificio;
- attenzione ai veicoli: non lasciare mai un veicolo con motore a combustione acceso in un garage chiuso, anche se la porta è aperta; il CO può accumularsi rapidamente negli spazi chiusi e diffondersi in quelli circostanti;
- installazione di rilevatori di CO: è consigliabile far installare da tecnici qualificati rilevatori di monossido di carbonio nei locali con apparecchi a fiamma libera (fornelli, stufe, camini, caldaie, ecc.), e in quelli dove passano canne fumarie, specialmente nelle camere da letto e nelle aree comuni. Questi dispositivi, dal costo modesto, sono fondamentali, e devono avere la marcatura CE;
- piano di emergenza: predisporre un piano di emergenza che preveda un luogo sicuro, preferibilmente all’aria aperta, dove ritrovarsi in caso di allerta per presenza di CO e informare le persone sul comportamento da adottare;
- educazione e sensibilizzazione: informarsi sui sintomi dell’intossicazione da CO (bassi livelli possono causare mal di testa, vertigini, affaticamento e nausea; alti livelli possono portare a confusione, perdita di coscienza e, nei casi estremi, morte). Se si sospetta un’intossicazione da CO, uscire immediatamente e portare le persone all’aria aperta, cercando prontamente assistenza medica.
La progettazione, installazione, collaudo e manutenzione dei sistemi a combustione devono rispettare le normative vigenti in materia di sicurezza, in particolare il D.M. 37/2008 e le norme tecniche di sicurezza UNI e CEI. I soggetti abilitati devono fornire al committente una dichiarazione di conformità degli impianti alla normativa vigente.
Il monossido di carbonio è un inquinante pericoloso che può avere gravi conseguenze sulla salute. Comprendere le sue fonti, i suoi effetti e le misure di prevenzione è essenziale per proteggerci.
Investire in educazione, tecnologia e normative appropriate contribuisce sensibilmente a ridurre il rischio di avvelenamento da CO e migliorare la qualità dell’aria che respiriamo.

Turismo accessibile: da dove cominciare?
di Roberto Vitali
Quando si parla di accessibilità, la conversazione spesso si riduce alla “camera per disabili”, come se fosse l’unica risposta alle esigenze di accessibilità di chi viaggia. Ma è davvero sufficiente? Ci siamo mai chiesti quali sono realmente gli ospiti che necessitano di una maggiore qualità dei servizi, degli ambienti, delle dotazioni, delle relazioni?
Essendo la disabilità il risultato della relazione tra la condizione di salute della persona e l’ambiente in cui si trova, è quest’ultimo che determina “quando” e “quanto” una persona è disabile e non la sua condizione. In ogni momento chiunque può agire da barriera o facilitatore (sia come singola persona o per i comportamenti sociali), aumentando o diminuendo la disabilità di una persona. Non è necessaria quindi una certificazione medica per avere esigenze di accessibilità perché chiunque, in momenti diversi della vita, può manifestarle. Accessibilità, quindi, è sinonimo di qualità per tutti.
L’accessibilità inizia ben prima dell’arrivo in hotel. Oggi, la porta d’ingresso è rappresentata dal sito internet e dai canali social, che devono fornire informazioni chiare, dettagliate e soprattutto accessibili. Entro giugno 2025, l’European Disability Act renderà obbligatorio avere siti conformi ai parametri WCAG 2.2 e WAI, ma non basta un semplice tool per adeguarsi: è necessario rendere il contenuto facilmente fruibile a tutti (vedi indicazioni AgID: https://accessibilita.agid.gov.it/).
Le informazioni che contano
Vi siete mai chiesti se le informazioni che offrite rispondano anche alle domande di un ospite con esigenze di accessibilità?
• avete una pagina dedicata all’accessibilità in home page?
• indicate semplicemente “accessibile ai disabili” con il simbolo ?
• l’informazione è nascosta tra le descrizioni delle camere o dei servizi?
• siete sicuri che il simbolo sia sufficiente a rassicurare il cliente?
La risposta è no.
Chi cerca un hotel accessibile ha bisogno di certezze, non simboli generici. L’accessibilità comincia ben prima della camera: dai collegamenti con i mezzi di trasporto pubblici, alla facilità del percorso che conduce all’hotel, fino all’ingresso e alle aree comuni.
Comunicare l’accessibilità
Per offrire un’informazione utile e chiara, iniziate raccontando cosa rende accessibile il vostro hotel:
• descrivete le camere, i bagni e le eventuali dotazioni (ad esempio: presenza di maniglioni e sedia doccia);
• parlate dell’accessibilità delle aree comuni: ingressi, ascensori, ristoranti, sale convegni, palestre, spa, ecc.;
• ricordate che l’accessibilità non è solo motoria e inoltre una persona con una carrozzina elettronica ha esigenze diverse da chi usa una sedia manuale o un deambulatore;
• non dimenticate le esigenze sensoriali (come cecità, sordità, ipoacusia e ipovisione) e cognitive (autismo, sindrome di Down, seniority), molto spesso trascurate.
Un esperimento pratico
Volete davvero capire dove migliorare? Provate a “cambiare punto di vista”. Noleggiate una sedia a ruote e percorrete il vostro hotel: dall’ingresso alla camera, fino al ristorante o alla sala wellness. Scoprirete ostacoli inaspettati e dettagli migliorabili che non avete mai notato. Mettersi nei panni di un ospite con esigenze di accessibilità è un esercizio dirompente e illuminante.
L’accessibilità come valore aggiunto
Garantire un’ospitalità accessibile non è solo una questione etica, ma anche un’opportunità economica. Il turismo accessibile è un mercato in crescita che richiede strutture preparate e attente ai dettagli. Non aspettate che un ospite debba chiedervi se siete accessibili: raccontateglielo, chiaramente e con precisione, fin dal vostro sito.
L’accessibilità comincia con un’informazione oggettiva e finisce con un’ospitalità che mette davvero le persone al centro. Perché un hotel accessibile è un hotel che accoglie tutti, senza lasciare indietro nessuno.
Un incontro che cambierà il mondo
Volevamo costruire qualcosa, stiamo creando qualcuno?
Machina Sapiens, libro di Nello Cristianini sull’algoritmo dell’intelligenza artificiale e le implicazione nel prossimo futuro
Le macchine possono pensare? Questa domanda inquietante, posta da Alan Turing nel 1950, ha forse trovato una risposta: oggi si può conversare con un computer senza poterlo distinguere da un essere umano.
I nuovi agenti intelligenti come ChatGPT si sono rivelati capaci di svolgere compiti che vanno molto oltre le intenzioni iniziali dei loro creatori, e ancora non sappiamo perché: se sono stati addestrati per alcune abilità, altre sono emerse spontaneamente mentre “leggevano” migliaia di libri e milioni di pagine web.
È questo il segreto della conoscenza, ed è adesso nelle mani delle nostre creature? Cos’altro può emergere, mentre continuiamo su questa strada?
Anche se il meccanismo matematico che sta alla base di questi sistemi è abbastanza semplice, la loro intelligenza nasce dall’interazione tra questo meccanismo e una quantità straordinaria di testi, che nessuno ha mai provato a connettere e distillare prima d’oggi.
Il risultato di questo incontro, che viene definito “modello del linguaggio”, possiede abilità ancora inesplorate e inspiegate.
Nello Cristianini, docente di intelligenza artificiale all’Università di Bath, ci guida lungo un percorso che parte da lontano, dall’interrogativo posto da Turing più di settant’anni fa, passa per la realizzazione nel 2017 dei “Transformer” – algoritmi in grado di analizzare rapidamente grandi quantità di testo – sino ad arrivare alla nascita di ChatGpt nel 2023.
Di sicuro, ChatGPT è un abile conversatore ed è così che si è fatto conoscere. Ma ambisce a diventare ben di più: un oracolo, al quale chiederemo informazioni e consigli su una varietà di argomenti diversi, dalla medicina alla giurisprudenza.
Al momento si comporta come un decatleta: non batte i campioni in nessuna specialità, ma si qualifica tra i primi in quasi tutte.
E noi? L’incontro con questa nuova entità compone una serie di domande: possiamo fidarci? Cosa sa veramente? Come pensa?
Di alcune cose possiamo essere certi. Primo: il comportamento di queste nuove macchine intelligenti è diverso da quelle della generazione precedente, ovvero è sicuramente cambiato qualcosa. Secondo: questa differenza non è stata pianificata da qualcuno, si è manifestata da sola, sorprendendo anche i suoi stessi creatori. In altre parole, è “emersa” spontaneamente dall’interazione delle sue parti, tra loro e con l’ambiente.
Stiamo ancora cercando di capire cosa sappia questo meccanismo, di noi e del mondo, e cosa potrebbe imparare in futuro.
Quali altre abilità emergeranno mentre continuiamo a esplorare questo metodo? È possibile che le macchine comprendano cose che noi non potremo mai capire? Saremo in grado di controllare un’entità più intelligente di noi?
Secondo Cristianini, tutti gli indizi dicono che possiamo aspettarci che nuove abilità emergano spontaneamente, seguendo questa strada. Quello che non sappiamo è se ci stiamo avvicinando a una soglia critica oltre la quale le macchine avranno prestazioni sovrumane. In altri termini: una volta che le macchine raggiungono abilità di livello umano, c’è un motivo teorico per aspettarsi che il progresso si fermi esattamente a quel punto?

Legge di bilancio 2025
Tra le novità più importanti, il taglio delle aliquote agevolative dei bonus edilizi “minori”, la semplificazione e il potenziamento del bonus Transizione 5.0 e la proroga del Fondo di garanzia per le PMI
La Legge di bilancio 2025 non ha introdotto nuovi strumenti di agevolazione, ma è intervenuta su numerose misure già esistenti, muovendosi principalmente in due direzioni: da un lato, prorogando incentivi in scadenza al 31 dicembre 2024, e, dall’altro, ridefinendo la disciplina di diversi bonus.
Di seguito, una sintesi delle principali previsioni in materia di agevolazioni.
Ecobonus e sisma bonus
La detrazione per l’“ecobonus” e per il “sismabonus” spetta anche per le spese, documentate, sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027, ma viene ridotta al 36% delle spese sostenute nell’anno 2025 e al 30% di quelle sostenute negli anni 2026 e 2027.
La detrazione spettante per gli anni 2025, 2026 e 2027 è innalzata al 50% delle spese per l’anno 2025, e al 36% di quelle per gli anni 2026 e 2027, solo nel caso in cui le medesime spese siano sostenute dai titolari di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.
Credito d’imposta Transizione 5.0
Sono introdotte alcune modifiche alla disciplina del credito d’imposta Transizione 5.0:
- si eleva al 35% del costo l’importo del credito d’imposta per la quota degli investimenti compresi tra 2,5 milioni di euro e 10 milioni di euro (precedentemente pari al 15%), prevedendo specifiche modifiche normative di coordinamento;
- si prevede che, per le società di locazione operativa, il risparmio energetico conseguito può essere verificato rispetto ai consumi energetici della struttura o del processo produttivo del noleggiante, ovvero, in alternativa, del locatario;
- si prevede che la riduzione dei consumi energetici sia considerata in ogni caso conseguita nei casi di progetti di innovazione realizzati per il tramite di una società di servizi energetici (ESCo) in presenza di determinate condizioni.
Fondo di garanzia per le PMI
Viene prorogato dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine di operatività della disciplina del Fondo di garanzia PMI, parzialmente derogatoria di quella ordinaria e, contestualmente, vengono apportate alla stessa disciplina talune modifiche:
- la percentuale massima di copertura del Fondo per il finanziamento di esigenze di liquidità viene portata al 50% per tutte le PMI, a prescindere dalle fasce del modello di valutazione cui appartengono;
- si riconosce la percentuale massima di copertura del Fondo dell’80% in relazione alle operazioni finanziarie di importo fino a 100mila euro – anziché 80mila euro come attualmente previsto – nel caso di riassicurazione richiesta da garanti autorizzati.
Nuova Sabatini
Viene rifinanziata l’autorizzazione di spesa relativa alla “Nuova Sabatini”, misura di sostegno agli investimenti in beni strumentali (acquisto o acquisizione in leasing) da parte di micro, piccole e medie imprese.
Il rifinanziamento della “Nuova Sabatini” è di 400 milioni di euro per l’anno 2025, di 100 milioni di euro per l’anno 2026 e 400 milioni per ciascuno degli anni dal 2027 al 2029. A.G.

SearchGPT, Google SGE, Perplexity e Meta: il futuro della ricerca conversazionale
di Simone Puorto
Negli ultimi mesi stiamo entrando in quella che amo definire un’era di “post-ricerca”, un momento di trasformazione che, come afferma Ghergich (OpenAI’s new search engine sets off sparks of change, msn.com/en-us/news/technology/openais-new-search-engine-sets-off-sparks-of-change/), ricorda i primi anni Duemila, quando Google rimpiazzò Yahoo e il mercato si spostò da un modello basato su directory a uno fondato sulla ricerca. Oggi, dopo un quarto di secolo in cui quest’ultima è stata il cuore pulsante del web, vediamo emergere un paradigma incentrato sulla generazione.
Nel mio ultimo libro, We are the Glitch (vedi Turismo d’Italia, gen-apr 2024, pag. 65, ndr), ho esplorato a fondo questo tema, prevedendo, tra le altre cose, l’ingresso di OpenAI nel mondo della search, una mossa concretizzatasi pochi giorni fa. Non è una questione di preveggenza, poiché era evidente, per chi sapesse dove guardare, che l’AI generativa avrebbe inevitabilmente influenzato anche il modo in cui interagiamo con i contenuti online.
“Da un punto di vista ipotetico – scrivevo nel libro – strumenti come ChatGPT potrebbero un giorno diventare le interfacce primarie o, in alcuni casi, persino le uniche per accedere al web”. Ed è esattamente ciò che sta facendo ChatGPT, sette mesi dopo la mia previsione, integrando la ricerca direttamente all’interno della propria interfaccia, anziché lanciare SearchGPT come prodotto separato.
ChatGPT non è l’unica a muoversi in questa direzione, e per buone ragioni: la ricerca online è un mercato da oltre 200 miliardi di dollari, dominato finora in Occidente da Google. Tuttavia, nuovi attori stanno rapidamente emergendo, come Perplexity, e, stando alle prime indiscrezioni, anche Meta.
Naturalmente, Google non sta a guardare. A oggi, la sua Search Generative Experience (SGE) è attiva in 120 Paesi e, sebbene ancora non lo sia in Europa (a causa delle diverse normative in termini di privacy), Google sta lavorando per garantire la conformità legale in vista dell’imminente lancio anche nel nostro Continente.
Ma, in sostanza, qual è la vera differenza tra la ricerca generativa e quella tradizionale?
Innanzitutto, i motori di ricerca tradizionali rispondono alle nostre domande con una lista di link, costringendo gli utenti a navigare tra diverse fonti. I motori generativi, al contrario, forniscono risposte in maniera conversazionale, consentendo domande di approfondimento e follow-up. Si tratta di una ricerca che (finalmente) comprende la nostra lingua, non solo il linguaggio della SEO (search engine optimization), che in questo scenario rischia di diventare (come sostengo da anni) irrilevante. La ricerca generativa, inoltre, si adatta ai comportamenti e alle preferenze degli utenti, offrendo risposte personalizzate che rispecchiano meglio le esigenze individuali, mentre la ricerca tradizionale si limita a risultati uniformi basati su algoritmi statici.
Un esempio concreto: cercando “miglior hotel a Roma con rooftop” oggi, si ottiene una lista di risultati organici, preceduti da link sponsorizzati.
La stessa ricerca su un motore di ricerca generativo, invece, produce un risultato completamente diverso: “Se stai cercando hotel a Roma con rooftop spettacolari, non puoi perderti [nome hotel]. Questo hotel vanta uno dei rooftop più iconici della città, con una vista mozzafiato su Roma, da Villa Medici al Tevere. È il posto ideale per rilassarsi durante il giorno o per un aperitivo al tramonto. L’ambientazione è curata nei minimi dettagli e la proposta gastronomica è di alto livello, ideale per chi cerca cocktail raffinati in un’atmosfera elegante”.
E tutto questo, ricordiamolo, senza mai lasciare la pagina dei risultati. Insomma, il web è nato con le directory, è progredito con la ricerca, e oggi sembra pronto per un nuovo capitolo, fatto di un’interazione più semplice e vicina ai modelli cognitivi e conversazionali umani.
Ora, la domanda fondamentale è: siamo pronti?

Il turismo delle radici
Ogni anno, dagli 8 ai 10 milioni di stranieri di origine italiana fanno un viaggio nel nostro Paese, con una spesa complessiva di circa 8 miliardi di euro
Gli italiani residenti all’estero sono 6 milioni. Il dato sale a 80 milioni se si considerano anche i discendenti e a 260 milioni se includiamo tutti coloro che hanno, a vario titolo, un lontano legame di parentela o in qualche modo si sentono vicini al nostro Paese.
Molti di loro ogni anno vengono in Italia alla ricerca della loro storia familiare, alla riscoperta dei luoghi di nascita dei nonni di cui portano il cognome o dai quali hanno imparato qualche parola, spesso in dialetto. Le motivazioni del viaggio sono di vario genere, dalle visite ai parenti all’interesse generale per l’Italia, per il nostro cibo o la cultura.
È il viaggio a ritroso dei pronipoti dei nostri emigranti italiani, che furono protagonisti di un esodo massiccio verso le Americhe, l’Australia e altri Paesi europei, soprattutto da fine Ottocento ai primi decenni del Novecento.
Questo particolare tipo di viaggiatore ha un’età media compresa tra i 40 e i 60 anni, si muove in coppia o in famiglia, il suo soggiorno in Italia ha una durata media di 12-15 giorni, con un budget fra i 3mila e i 5mila euro comprensivo di volo, soggiorno, pasti, trasporti e attività. Privilegia soggiorni in piccoli hotel, B&B o case vacanza nei borghi di origine. Vuole esperienze autentiche: dalla visita ai luoghi dove tutto è iniziato all’enogastronomia tipica, e spesso si affida a percorsi organizzati per ricostruire il passato della propria famiglia.
Si stima che questo segmento costituisca il 15% sulla spesa complessiva degli stranieri in Italia, realizzando un’interessante opportunità per l’economia del turismo.
Proprio per questo, il 2024 è stato decretato dal ministero degli Esteri “Anno delle radici italiane”, con progetto immesso nel Pnrr, a cui è stato destinato un importo complessivo di 20 milioni di euro e presentato, tra gli altri, all’ITB Berlino dell’anno scorso nello stand ENIT.
Tutte le regioni italiane hanno vissuto, chi più e chi meno, il fenomeno dell’emigrazione e per questo c’è stata una risposta in massa al decreto ministeriale. Sono 840 gli enti locali italiani che hanno aderito all’iniziativa e in tutto il Paese, da nord a sud.
Solo in Molise, ad esempio, sono stati 76 i comuni ammessi al finanziamento, una partecipazione del 59%, la più alta in Italia.
Anche la Basilicata si è mossa con convegni e proposte sui luoghi meno noti.
La Calabria, una delle terre di origine degli emigranti, è molto visitata dai turisti alla riscoperta delle proprie radici insieme alla Sicilia, che è anche il territorio con il maggior numero di iscritti all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero (AIRE).
E poi la Puglia, la Campania, il Lazio. Quasi ogni famiglia italiana ha uno “zio d’America”, a dimostrazione che l’emigrazione non è stata solo un fenomeno del sud Italia. Due esempi per tutti: Lombardia e Toscana.
La Lombardia, tra le regioni del nord Italia, è al terzo posto dopo Veneto e Friuli-Venezia Giulia, con oltre 87mila emigrati nel solo 1913, considerato a ragione un anno record.
Il dato è stato ricordato in un convegno organizzato da Confcommercio Bergamo, durante il quale si è parlato di valorizzazione del patrimonio culturale e umano.
Quello delle radici è un turismo della memoria, quindi anche psicologico oltre che emozionale. È la riscoperta dei piccoli luoghi, del dialetto, dei cibi dell’infanzia. Ma non è solo legato al tempo che fu, essendo attuale e profondamente proteso verso il futuro.
Lo ha spiegato bene Alberto Corti, responsabile di Confturismo, che ha definito il turismo delle radici “una leva strategica da sfruttare: dalle interviste effettuate a componenti italiani nel mondo, emerge come sia forte il desiderio di tornare nel nostro Paese, stabilire un legame e mantenere relazioni. Il turismo delle radici è un tema di tutti, che attraversa diversi aspetti, dalla cultura al cibo alla musica, tutte cose che rappresentano un legame forte con l’Italia”.
Un concetto ribadito anche a Firenze, in un convegno animato dalla presenza di tutte le componenti della filiera, pubbliche e private: comuni, musei, rappresentanti delle attività ricettive e della ristorazione, tour operator e altri professionisti del turismo.
Eugenio Giani, presidente della Regione, ha osservato come non si pensi spesso alla Toscana come terra di emigrazione.
E se è pur vero che altre regioni hanno numeri certamente maggiori, “non sono comunque pochi i toscani emigrati all’estero nell’Ottocento, come nel secolo successivo una volta finita la Seconda guerra mondiale. E qualcuno anche più di recente, visto che nel 2023 erano 214mila i toscani nel mondo, quasi il 6% della popolazione residente. E i figli, nipoti e bisnipoti di quei migranti, con la Toscana nel cuore, potrebbero oggi tornare a visitare la nostra regione diffusa dei loro avi, i suoi borghi pittoreschi, le dolci colline, le isole e le montagne. Una scommessa e un’opportunità – ha continuato Giani – un viaggio del cuore a ritroso. Dalla Scozia e dalla Francia, ad esempio, dove figurinai, camerieri, braccianti e operai sono emigrati dalla Lunigiana; da California, Argentina e Brasile dove tanti sono i lucchesi; dall’Australia, che fu scelta da numerosi elbani. Li aspettiamo”.
Giovanni Maria De Vita, responsabile del progetto per la Direzione generale Italiani all’Estero del MAECI, nel convegno di Firenze ha ricordato che “il turismo delle radici è una risposta all’overtourism: chi viene è interessato a vivere un’esperienza diversa. Viene per visitare i nostri piccoli borghi ma anche per vivere le tradizioni e le abitudini di quei luoghi di cui tanto ha sentito parlare attraverso i ricordi delle generazioni che lo hanno preceduto. Sono oltre 4.500 le richieste di viaggio per ricerche genealogiche e oltre 1 milione di accessi a italea.com. Più di 60 gli eventi di sensibilizzazione organizzati dalle Italea regionali e 19 missioni all’estero, con una partecipazione stimata di oltre 1,5 milioni di persone”.
“A differenza del turista tradizionale, il turista delle radici non è attratto dalle mete più note, ma dalle località legate alla sua storia familiare. Questo significa, anche per la Toscana, che puntare su questa tipologia di turista equivale a valorizzare borghi, tradizioni e territori meno battuti, creando un ponte tra il passato e il futuro, tra chi è partito e chi ora ritorna. Dobbiamo intercettare questi viaggiatori – evidenzia il presidente di Federalberghi Toscana, Daniele Barbetti – con un’offerta sempre più su misura, in grado di trasformare il ritorno a casa in un’esperienza indimenticabile. Convegni come questo servono proprio a mettere in rete tutti i soggetti che compongono la filiera del turismo delle radici, dagli enti pubblici ai musei, archivi, strutture ricettive e tutti i professionisti e le imprese del turismo potenzialmente interessati”. G.F.

Prorogata la ZES unica
Con la Legge di bilancio, l’attuale modalità dell’incentivo per le imprese del Mezzogiorno (Zes unica) viene riproposta anche per il 2025. Le risorse finanziarie destinate sono 2,2 miliardi di euro
di Antonio Griesi
Il Decreto Legge “Sud” (D.L. 19 settembre 2023, n. 124) ha istituito un contributo, sotto forma di credito d’imposta, a favore delle imprese che investono in beni strumentali destinati a strutture produttive già esistenti o che sono attivate nella Zona Economica Speciale per il Mezzogiorno (ZES unica).
Con la Legge di bilancio per l’anno 2025, il Governo ha previsto la proroga di tale credito d’imposta dal 1 gennaio al 15 novembre 2025 e autorizzato la spesa di 2,2 miliardi di euro.
I soggetti beneficiari
Possono accedere al credito d’imposta tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica e dal regime contabile adottato, già operative o che si insediano nella ZES unica, in relazione all’acquisizione dei beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Ai fini dell’individuazione del settore di appartenenza si tiene conto del codice attività, compreso nella tabella ATECO 2024, indicato nel modello di comunicazione per la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nella ZES unica, riferibile alla struttura produttiva presso la quale è realizzato l’investimento oggetto dell’agevolazione richiesta.
L’agevolazione non si applica alle imprese che si trovano in stato di liquidazione o di scioglimento e alle imprese in difficoltà, come definite dall’articolo 2, punto 18, del Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014.
Gli interventi ammessi
Sono agevolabili gli investimenti, facenti parte di un progetto iniziale, realizzati dal 1 gennaio 2025 al 15 novembre 2025, relativi all’acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di nuovi macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nella ZES unica, nonché all’acquisto di terreni e all’acquisizione, alla realizzazione ovvero all’ampliamento di immobili strumentali agli investimenti ed effettivamente utilizzati per l’esercizio dell’attività nella struttura produttiva.
Il credito d’imposta ZES unica richiede, pertanto, non soltanto la semplice acquisizione di beni strumentali nuovi, ma anche che tali investimenti facciano parte di un “progetto d’investimento iniziale”. Le definizioni di “investimento iniziale” sono contenute all’interno dell’articolo 2, punti 49, 50 e 51 del General Block Exemption Regulation (GBER, il Regolamento UE n. 651/2014 della Commissione).
Sono esclusi i beni autonomamente destinati alla vendita, come pure quelli trasformati o assemblati per l’ottenimento di prodotti destinati alla vendita nonché i materiali di consumo.
Gli investimenti in beni immobili strumentali sono agevolabili anche se riguardanti beni già utilizzati dal dante causa o da altri soggetti per lo svolgimento di un’attività economica.
Il valore dei terreni e dei fabbricati ammessi all’agevolazione non può superare il 50% del valore complessivo dell’investimento agevolato.
Gli operatori devono comunicare all’Agenzia delle Entrate, dal 31 marzo 2025 al 30 maggio 2025, l’ammontare delle spese ammissibili sostenute a partire dal 16 novembre 2024 e quelle che prevedono di sostenere fino al 15 novembre 2025.
I soggetti che hanno presentato la comunicazione, a pena di decadenza dall’agevolazione, dovranno trasmettere all’Agenzia delle Entrate, dal 18 novembre 2025 al 2 dicembre 2025, una comunicazione integrativa attestante l’avvenuta realizzazione entro il 15 novembre 2025 degli investimenti indicati nella comunicazione presentata.
Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, da emanarsi entro il mese di gennaio 2025, dovranno essere approvati i modelli da utilizzare per le suddette comunicazioni e dovranno essere definite le relative modalità di trasmissione telematica.
Al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa previsto per l’anno 2025, si prevede che l’ammontare massimo del credito d’imposta, fruibile da ciascun beneficiario, debba essere pari all’importo del credito d’imposta risultante dalla comunicazione integrativa moltiplicato per un fattore percentuale notificato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate. Tale percentuale è ottenuta rapportando il limite di spesa all’ammontare complessivo dei crediti d’imposta indicati nelle comunicazioni integrative. Tale ulteriore provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate deve essere emanato entro dieci giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle comunicazioni integrative.
I requisiti necessari
Requisito necessario ai fini del riconoscimento del credito d’imposta è che i beni siano strumentali rispetto all’attività esercitata dall’impresa beneficiaria del credito d’imposta.
L’agevolazione è riservata alle piccole, medie e grandi imprese nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027.
In base all’articolo 4 del D.P.C.M. 17 maggio 2024 il credito d’imposta è determinato nella misura massima per le grandi imprese, consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027, e varia:
- a seconda della zona (o Regione) dove è ubicata la struttura produttiva che effettua l’investimento;
- in base alla dimensione dell’impresa beneficiaria;
- all’entità dei costi ammissibili.
Il credito d’imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquistati o, in caso di investimenti immobiliari, realizzati dal 1 gennaio 2024 al 15 novembre 2024 e dal 1 gennaio 2025 al 15 novembre 2025, nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro.
Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni; tale costo non comprende le spese di manutenzione.
Non sono agevolabili i progetti d’investimento d’importo inferiore a 200mila euro.
Attestazione sostenimento delle spese ammissibili
Ai fini del riconoscimento del credito d’imposta, l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti.
Per le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, la certificazione è rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti, iscritti nella sezione A del registro di cui all’articolo 8 del Decreto Legislativo 27 gennaio 2010, n. 39.
Modello di comunicazione
L’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello di comunicazione per la fruizione del credito d’imposta, con le relative istruzioni, per il credito d’imposta ZES unica. A partire dal 31 marzo 2025 la comunicazione potrà essere inviata, dal beneficiario o da un soggetto incaricato, esclusivamente per via telematica tramite il software ZESUNICA2025.
Il termine d’invio scade il 30 maggio 2025.
Utilizzo del credito
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, presentando il modello F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento, a decorrere dal giorno lavorativo successivo alla pubblicazione del provvedimento di cui all’articolo 5, comma 4, del D.P.C.M. 17 maggio 2024 e, comunque, non prima della data di realizzazione dell’investimento.
Il maggior credito risultante a seguito della rideterminazione della percentuale ai sensi del comma 5 dell’articolo 5 del D.P.C.M. 17 maggio 2024 è utilizzabile a decorrere dal giorno lavorativo successivo alla pubblicazione del medesimo provvedimento.
Relativamente alle comunicazioni per le quali l’ammontare del credito d’imposta fruibile sia superiore a 150mila euro, il credito è utilizzabile in esito alle verifiche previste dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (si tratta, in particolare, di verifiche previste dal Codice delle leggi antimafia).
L’Agenzia delle Entrate comunica l’autorizzazione all’utilizzo del credito d’imposta qualora non sussistano motivi ostativi.
L’ammontare del credito d’imposta utilizzato in compensazione non deve eccedere l’importo fruibile, pena lo scarto dell’operazione di versamento, e l’importo maturato in relazione agli investimenti realizzati al momento della compensazione.
Il credito d’imposta ZES unica deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta, nel corso del quale lo stesso è riconosciuto e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi, fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo.
Il codice tributo da utilizzare in compensazione è il 7034, denominato “credito d’imposta investimenti ZES unica - articolo 16, del Decreto Legge 19 settembre 2023, n. 124”.
Per quanto concerne il rapporto con il credito d’imposta “Transizione 5.0”, la Legge di bilancio per l’anno 2025 ha previsto la cumulabilità del credito d’imposta con quello per gli investimenti nella ZES unica.
La cumulabilità è altresì prevista con altri incentivi che non sono aiuti di Stato, con aiuti de minimis e con altri aiuti di Stato che hanno a oggetto i medesimi costi, purché non vengano superati i limiti massimi di aiuto consentiti dalle regole UE.
Il D.P.C.M. 17 maggio 2024 (articolo 7, commi da 8 a 12) prevede, infine, la rideterminazione del credito d’imposta nei casi in cui i beni oggetto dell’agevolazione:
- non entrino in funzione entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione;
- siano dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione.
La suddetta rideterminazione vale anche per i beni acquisiti in locazione finanziaria, anche se non viene esercitato il riscatto.
Le risorse finanziarie disponibili
Viene fissato a 2,2 miliardi per il 2025 il limite di spesa per il riconoscimento di tale credito d’imposta.
Ai fini del rispetto del limite di spesa previsto, l’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile da ciascun beneficiario sarà pari all’importo del credito d’imposta risultante dalla comunicazione integrativa, moltiplicato per una percentuale ottenuta rapportando il limite di spesa all’ammontare complessivo dei crediti d’imposta indicati nelle comunicazioni integrative.
La percentuale sarà resa nota mediante provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Apprendimento e competitività
Sei azioni per affrontare le sfide di oggi e di domani
di Nicola Spagnuolo*
Le organizzazioni, oggi più che mai, devono adattarsi continuamente per poter fronteggiare le minacce e cogliere le opportunità, al fine di sopravvivere ed essere competitive.
Le sfide che i decisori si trovano dinanzi sono estremamente complesse. Devono rivedere gli asset organizzativi per poter gestire il cambiamento in maniera ottimale e ogni transizione, cambiamento o evoluzione richiede non solo un adeguato investimento di risorse, ma anche una corretta gestione delle persone, mirata a costruire una visione comune all’interno dell’organizzazione. Pertanto, il successo dei cambiamenti organizzativi dipende non soltanto dalla riallocazione dei fattori produttivi caratteristici, ma anche da quelli relativi ai comportamenti organizzativi.
Una variabile di primaria importanza da considerare nella gestione del cambiamento è, appunto, la cultura organizzativa. Apprendere, per le organizzazioni, significa puntare sul capitale umano: creare e incoraggiare l’apprendimento continuo, considerare gli errori possibili, come opportunità di apprendimento, come occasione per valorizzare ogni singolo contributo, per considerare l’esperienza una fonte continua di apprendimento.
Ma cosa possono o devono fare i manager per facilitare il processo di apprendimento? Quali sono le competenze che loro in prima persona devono avere, allenare o acquisire?
Partendo dall’elaborazione della lista di caratteristiche necessarie a un leader affinché possa divenire promotore di una cultura dell’apprendimento fatta da Schein nel suo Cultura d’azienda e leadership, in cui identifica generativa l’azione di quei leader che sanno apprendere, che sanno mettersi in gioco, che sanno condividere, possiamo considerarne le più significative rispetto al momento storico attuale:
• promuovere la proattività;
• pensare in maniera sistemica;
• far circolare le informazioni;
• promuovere la diversità culturale;
• imparare a disimparare.
La formazione è uno strumento utile ma neutro, per essere efficace non solo deve essere inserita in un progetto con obiettivi chiari, ma i suoi risultati devono essere facilmente condivisibili sia in maniera verticale dal manager al team, sia in maniera orizzontale in tutta l’azienda.
Il passaggio da una competenza individuale a una competenza organizzativa è assolutamente necessario non solo per valorizzare meglio il contributo dei singoli, ma anche per aumentarne il valore aggiunto e assicurarne l’acquisizione, e questo processo non è automatico.
Nel libro Oltre la formazione, edito da Harvard Business Review Italia, scritto da me a quattro mani con Andrea Granelli, fondatore di KANSO, abbiamo messo a fuoco tutte quelle che sono le sfide che a oggi la formazione deve affrontare, per essere uno strumento utile e, guardando al futuro, siamo andati “oltre” la formazione, cercando di capire cosa i decisori possono fare per mantenere competitive le proprie aziende, e competenti i loro team.
Abbiamo creato un vero e proprio take away, sei azioni che possono essere lanciate da subito per iniziare a riorientare i percorsi formativi e allinearli maggiormente alle sfide che ci aspettano:
1) creare le precondizioni per l’apprendimento;
2) facilitare la memorabilità di quanto comunicato;
3) puntare da subito a un sapere critico e transdisciplinare evitando la nascita di silos cognitivi;
4) presidiare il processo di traduzione dei contenuti universali in precetti individuali e azioni concrete;
5) puntare alle local learning communities;
6) costruire un ponte dal sapere personale a quello organizzativo.
Uno dei compiti fondamentali di un manager che opera in un contesto turbolento, in forte trasformazione e caratterizzato da un alto tasso di innovazione – tecnologica, economica, sociale e culturale – è di essere anche un maieuta, un “levatore” della propria squadra. E ciò non si esaurisce nel dare obiettivi e nel verificare che vengano realizzati nei tempi richiesti.
Il suo compito – forse principale – è l’onboarding, l’avere cioè la propria squadra pienamente “a bordo”. Questo significa non solo che ci sia piena consapevolezza relativamente agli obiettivi da conseguire e alle attività da svolgere (con un’adeguata motivazione, ça va sans dire), ma che la squadra abbia tutte le competenze e attitudini necessarie per svolgere quelle attività. Un tema, ancora una volta, autenticamente educativo.
*Direttore Generale CFMT