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Personale e personalità
Quanto pesa l’intelligenza artificiale sull’X factor dell’ospitalità?
Chi vincerà la sfida tra l’efficienza dell’automazione e il calore umano?
di Giacomo Pini
Auto volanti, robot umanoidi: l’intelligenza artificiale è passata dalla fantascienza a una realtà tangibile in tanti settori, compreso quello dell’ospitalità. E se è vero che, come riportato dalle stime di un rapporto sul tema, il suo utilizzo potrebbe potenzialmente raddoppiare i tassi di crescita economica annuale nel giro dei prossimi 10 anni, il 14% dei posti di lavoro in 21 Paesi del mondo corre il rischio di essere completamente sostituito dalle automazioni. Vale anche per il nostro mondo dell’ospitalità?
Chi vincerà la sfida tra l’efficienza millimetrica garantita dall’automazione e il calore dell’interazione umana e del tocco unico dato dal personale?
In un mondo in cui 6 ospiti su 10 ritengono che l’intelligenza artificiale sia fondamentale per migliorare la prenotazione del pernottamento in hotel e l’esperienza di soggiorno, qual è il ruolo del personale e come viene rimodellata l’occupazione alberghiera?
Automazioni e tecnologia
L’intelligenza artificiale si sta affermando essere uno strumento rilevante nella gestione delle strutture ricettive, grandi catene o piccole indipendenti che siano, candidandosi l’elemento più rivoluzionario del secolo in termini di ottimizzazione, efficienza e personalizzazione.
Lato ospite, i chatbot e gli assistenti virtuali forniscono un’assistenza in tempo reale, seguendo l’ospite in ogni fase del soggiorno, mentre la tecnologia delle smart room (o camere intelligenti) permette un livello di comfort superiore e personalizzato.
Lato struttura, invece, le applicazioni delle più recenti tecnologie e sistemi di machine learning permettono, tramite un’analisi costante di enormi moli di dati, di prevedere preferenze e comportamenti degli ospiti, migliorare i prezzi e le offerte, e risolvere proattivamente problemi ancora prima che si manifestino, soprattutto quando si parla di manutenzioni, gestione dell’inventario e del magazzino. L’intelligenza artificiale, infatti, può anche essere usata per migliorare l’efficienza energetica dell’intera struttura (comprese le cucine) per ridurre costi e consumi, ma anche l’efficienza operativa, rendendo così il servizio più performante, veloce e senza intoppi, il che ugualmente minimizza gli sprechi e massimizza il risultato finale anche da un punto di vista economico.
Persone, individui e professionisti
Un hotel, però, non è fatto solo di numeri e comfort fisici: una struttura ricettiva, di qualsiasi grandezza e tipologia, è comunque fatta di emozioni, di ricordi, di incontri, di relazioni, di scambi, di sorrisi. Insomma, è fatta di persone. È proprio il saper andare oltre al fornire un semplice servizio preciso e puntuale che contraddistingue le figure professionali coinvolte nell’industria dell’ospitalità e dell’accoglienza, capaci in maniera ineguagliabile di regalare all’ospite la percezione di essere al centro dell’esperienza, aumentandone così soddisfazione e fidelizzazione.
È anche la storia di ognuno di loro, non solo come professionisti ma come individui, che li plasma e li rende irraggiungibili dalle macchine, trasformando tutto ciò che può essere ordinario e replicabile in qualcosa di straordinario e unico.
E questo vale per tutti i comparti: dall’accoglienza all’housekeeping, fino al food & beverage. Prendiamo, ad esempio, il caso del Tasca di Dubai, all’interno del Mandarin Oriental Jumeira Hotel: una location che già da sola rende l’esperienza memorabile, Un’offerta interessante che attrae e stuzzica interesse, un format ibrido al passo con i tempi; ma quello che davvero incanta è vedere a due passi di distanza chef e cuochi intenti a preparare pietanze e prelibatezze in quella che sembra la coreografia studiata di un’armoniosa danza, condita da sorrisi e qualche numero scenografico che stupisce l’ospite. E che certamente un robot farebbe fatica a replicare, quantomeno con la stessa simpatia.
D’altronde, è pur sempre vero che gli algoritmi dell’intelligenza artificiale sono sì programmati per acquisire informazioni a partire da un ascolto accurato delle parole, ma l’empatia e la capacità di cogliere in modo autentico sfumature nel tono di voce o di comprendere emozioni umane celate tra le righe o ancora di creare un legame emotivo e affettivo è ad oggi ancora una prerogativa umana.
Scontro o collaborazione?
Insomma, siamo davvero di fronte a uno scontro tra titani o forse sarebbe il caso di deporre le armi per far crescere finalmente le nostre imprese in zona di pace e collaborazione?
La risposta la lasciamo dare al mercato.
Le stime riferiscono che, nonostante la stragrande maggioranza dei viaggiatori ritiene che i chatbot siano estremamente utili per gestire le operazioni e le richieste semplici – tra cui, ad esempio, il check-in o la password del wi-fi – il 70% degli ospiti non sa rinunciare all’interazione umana, soprattutto quando si tratta di soddisfare richieste più complesse.
Esattamente in linea con quanto visto fino a ora, possiamo affermare che oggi e nel futuro più immediato l’AI non potrà davvero sostituire completamente il tocco umano tanto ricercato e caratteristico dell’ospitalità, che rimane sempre e comunque l’X factor capace di fare la differenza.
E questo è da intendersi anche proprio in termini di competitività e concorrenza: prese due strutture ricettive simili per clientela ideale, proposta di valore e offerta, entrambe possono investire nelle tecnologie necessarie per automatizzare le mansioni più ripetitive e rendere le camere intelligenti, con, ad esempio, regolatori di temperatura e illuminazione gestibili tramite app e assistenti virtuali; tuttavia, entrambe sapranno rispettivamente contraddistinguersi solo e unicamente per la componente umana, variabile che potrà spostare la valutazione finale dell’ospite rispetto all’esperienza complessiva vissuta, non solo da un punto di vista razionale (“la camera era davvero confortevole e quando sono entrato avevo già a disposizione tutte le informazioni che mi servivano per provare esperienze locali rispetto a quelle che sono le cose che mi piace fare, oltre che una temperatura davvero perfetta”), ma anche emozionale (“durante la seconda cena, il barman mi ha consigliato un cocktail strepitoso mai sentito prima; dice che per la ricetta si è ispirato a sapori della sua infanzia, e così ognuna delle quattro sere che mi rimanevano sono tornato a riassaggiare quello e altre sue creazioni”).
Ne consegue che il rapporto che ora auspichiamo si instauri tra tecnologia ed essere umano sia di compartecipazione strategica. Affinché questa sia in grado di portare i suoi frutti, tuttavia, diventa necessario per dirigenti e albergatori muovere alcuni passi ben direzionati.
Prepararsi al futuro
Il più grande errore che si può commettere oggi, se si gestisce un’impresa nel mondo dell’ospitalità, è quello di ostruire completamente il passaggio alla tecnologia, riducendola a nemico del proprio operato e rinunciando così ai benefici che essa può apportare, soprattutto da un punto di vista operativo, in termini di efficienza ed efficacia. Tuttavia, abbracciare questo nuovo modo di operare non è sufficiente e fermarsi a una conoscenza superficiale di tutto il sistema può diventare addirittura pericoloso.
Esiste una letteratura davvero ampia che analizza il rapporto tra intelligenza artificiale ed essere umano, esaminando l’impatto psicologico che la prima può causare nel secondo, e, andando a prendere in considerazione quella che tratta il lato lavorativo e aziendale, scopriamo che l’IA è spesso percepita negativamente proprio per il timore comune che essa possa andare a sostituire il proprio operato. Per questo motivo è opportuno per le direzioni degli hotel di investire tanto nelle tecnologie quanto nella formazione del proprio staff, per eliminare la paura della precarietà e piuttosto incentivare una riqualificazione del personale, trasformando così una potenziale sfida in un’opportunità di crescita.
La sicurezza antincendio in albergo
Anche se il fenomeno ha un’incidenza limitata, il rischio degli incendi negli alberghi non va preso alla leggera. Analizziamo le principali cause e come prevenirle
di Gioacchino Giomi
Un incendio in un albergo è certamente un evento non auspicabile, come del resto ogni sorta di calamità naturale che può mettere a rischio l’incolumità delle persone presenti nella struttura o il fabbricato stesso e il suo contenuto. Ma mentre un incendio, in molti casi, si può prevenire e tenere sotto controllo con azioni che derivano dalla nostra volontà, per le calamità naturali è molto più complesso perché si possono sommare una serie di elementi che sfuggono al nostro controllo.
Il primo punto da chiarire è perché si genera un principio di incendio che, se trova le condizioni ambientali ottimali, può progredire fino a determinare un rogo di vaste dimensioni; quindi un incendio si genera se contemporaneamente sono presenti tre componenti fondamentali: il materiale che può bruciare (carta, plastica, stoffa, liquidi infiammabili, gas combustibili, ecc.), la fonte di calore che può innescare il materiale (fiamma, scintilla, surriscaldamento di apparati elettrici, insufficiente smaltimento del calore, ecc.) e l’ossigeno dell’aria, che in generale è sempre presente.
Questi sono gli elementi che scatenano una combustione e che le fanno assumere la connotazione di un incendio; se l’apporto di solo una delle tre componenti viene a mancare si determina l’estinzione.
Considerato che in un albergo siamo sempre in presenza di aria, possiamo semplificare il ragionamento considerando unicamente la presenza del combustibile e della fonte di innesco. Di conseguenza, se desideriamo evitare che si sviluppi un incendio, è necessario far sì che il combustibile non stia mai a diretto contatto con la fonte di innesco.
L’analisi degli incendi avvenuti in Italia nei primi dieci mesi del 2024 nelle strutture ricettive, mette in evidenza alcuni aspetti interessanti che possono indirizzare i comportamenti verso una gestione più confacente alla sicurezza antincendio:
- gli ambienti dove con maggiore frequenza si sviluppa un incendio sono i locali lavanderia. Se a ciò si accompagna che le lavanderie sono normalmente ubicate ai piani interrati o seminterrati e se il calore e i fumi che si generano non sono confinati in tali ambienti, per mezzo di compartimentazioni e porte resistenti al fuoco permanentemente chiuse, i prodotti caldi della combustione possono facilmente invadere tutti i locali soprastanti dell’albergo, determinando danni da calore e da fumo.
Ma prima di pensare a come ridurre le conseguenze dell’incendio sarebbe forse più efficiente evitare che questo accada, per cui nel caso di specie è necessario effettuare una corretta manutenzione delle lavatrici, delle asciugatrici o di altri apparecchi elettrici presenti, delle spine e delle prese elettriche affinché non si producano pericolosi scintillii o surriscaldamenti;
- nelle stanze da letto una fonte di innesco frequente sono i frigo bar. Anche in questo caso una corretta compartimentazione, accompagnata dalla presenza di un sistema di rivelazione automatica di incendio, consente di limitare i danni alla stanza dove è avvenuto l’incendio. È opportuno controllare, a cadenze regolari, soprattutto nelle installazioni a incasso se ci sono consistenti accumuli di polvere o altri materiali combustibili in corrispondenza del motore del frigo e se la presa e la spina di corrente si surriscalda;
- gli incendi prodotti da guasti elettrici sia sugli impianti che sugli utilizzatori sono abbastanza frequenti. Per contrastare possibili incendi è necessario quindi controllarne ad intervalli regolari lo stato di usura e deterioramento. Sono da bandire prolunghe elettriche e spine riduttrici perché sono la fonte maggiore di principi di incendio;
- il gran numero, in valore assoluto, di persone intossicate da fumi di combustione fa pensare che non ci sia stato un pronto allarme per consentire ai clienti di porsi in salvo o che le vie di esodo e le uscite di sicurezza non siano state correttamente segnalate e che la compartimentazione sia carente o non efficace;
- la produzione di grandi quantitativi di fumo durante l’incendio, soprattutto di colore scuro, fa pensare alla presenza di arredi (tende, rivestimenti dei pavimenti o delle pareti, poltrone, materassi, ecc.) che non hanno una buona reazione al fuoco.
Dalla tabella sopra riportata, si evince che il numero dei sinistri per incendio ed esplosione in strutture ricettive rappresenta una piccola percentuale rispetto al totale di quelli che avvengono, valutabile nello 0,03-0,04 %. Tuttavia, nel quinquennio 2020-24 si sono avuti mediamente 307 sinistri/anno nelle strutture ricettive turistico alberghiere, ossia quasi uno al giorno.
Il confronto dei sinistri e degli interventi mette in evidenza che il numero degli interventi per incendio ed esplosione nelle strutture ricettive è maggiore del numero dei sinistri, significando che, a parità di sinistri, sono state impegnate più squadre di Vigili del Fuoco e che quindi gli interventi di soccorso sono stati più gravi.
Per ridurre i rischi, una pianificazione preventiva diventa fondamentale, inoltre devono, per quanto possibile, essere adottate soluzioni di protezione strutturale e gli impianti tecnologici devono essere progettati e realizzati per resistere a condizioni di affaticamento, con sistemi di backup e di tutela contro cortocircuiti e danni idrici.
Anche la manutenzione regolare gioca un ruolo essenziale: un fabbricato e un impianto ben mantenuti sono meno soggetti a guasti, soprattutto in situazioni di stress. Le strutture alberghiere dovrebbero inoltre essere dotate di piani di emergenza e di evacuazione, aggiornati e testati periodicamente, per far fronte a situazioni di crisi.
Il risk management consente alle strutture ricettive di anticipare, identificare e mitigare questi rischi in modo proattivo, migliorando la gestione operativa e proteggendo gli asset aziendali. Fra gli strumenti di mitigazione proattiva del rischio aziendale troviamo anche l’assicurazione contro i danni alle strutture e agli impianti che possono considerare anche i danni causati da eventi naturali e catastrofali, purché la stessa sia attentamente calibrata in base alle risultanze della valutazione di risk management e che consideri anche i rischi specifici della zona in cui l’hotel è situato.
In sintesi, la gestione dei rischi legati all’attività di ricezione turistica è cruciale per la protezione e la continuità operativa degli alberghi e richiede un approccio integrato che combini prevenzione, manutenzione, formazione del personale e adeguate coperture assicurative.
Turismo, l’altra idea del futuro
di Antonio Preiti
(Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo questo post estratto dal blog di Antonio Preiti, A.D. della Fondazione per l’Attrazione Roma & Partners e Direttore scientifico di Sociometrica, esperto in turismo e consulenza strategica, insegna Destination Management all’Università di Firenze. Ha ricoperto ruoli di rilievo in ENIT e ETC).
Una forza straordinaria anima i progetti elaborati da giovani studenti stranieri, che vedono nel turismo un’occasione di sviluppo e riscatto dei propri Paesi
Nella mia classe di Destination Management, all’Università di Firenze, ci sono molti studenti di altri Paesi (le lezioni si tengono in lingua inglese e sono destinate a una platea molto ampia). Oltre il 50% sono stranieri: una parte consistente è fatta di europei, ma la maggioranza arriva dai Paesi più vari, anche di quelli che stenteremmo a collocare sulla mappa del mondo.
Molti di essi non vengono da Paesi “turistici”, nel senso comune del termine, ma studiano per servire la causa personale e quella del turismo nelle loro terre. Hanno una forza straordinaria, ben superiore a quella nostra (di europei) e ogni volta che li ascolti capisci che non stanno parlando di un lavoro, di una competenza specifica (per me due parole ampiamente usurate), ma di un futuro che stanno inventando per loro stessi e per i loro Paesi.
La ragazza che discute la tesi sul futuro turistico del Kosovo (The Grand Bazaar as a Cultural Attraction: A Case Study of Gjakova) davvero deve avere un ottimismo senza limiti; quella che disegna lo sviluppo delle destinazioni balneari in Albania e pensa che ci sia un’opportunità di successo in questo grande mercato la giudicheremmo una folle? O ancora, la value proposition del Kazakistan, nella passione e nella ragione di un’altra studentessa che vede l’intreccio di modernità e tradizionalismo di quel Paese come un ibrido affascinante, non è un cuore lanciato oltre la siepe più alta? E cosa dire dei piani di altre remote destinazioni o Paesi per i quali ognuno disegna l’impensabile?
C’è un mondo in fermento che vede nel turismo qualcosa che va ben oltre il turismo stesso.
Non avrei scritto, però, questa nota se non avessi visto (quasi commosso) una sorta di master plan per lo sviluppo dell’Iran di una studentessa di quel Paese.
Ha fatto vedere l’heritage dell’impero persiano (addirittura antecedente a quello greco e comunque in perenne lotta con i Greci); la vita sociale intensissima nella Teheran di oggi (con una popolazione a grande maggioranza giovanile e poi il mare).
E tutto questo non si può fare, neppure supporre, perché il Paese è prigioniero di un gruppo teocratico il cui pensiero contempla tutto, tranne il benessere del popolo.
è proprio in questi casi che le parole inflazionate a cui siamo abituati: piano di marketing, strategie, ecc. – non c’è un settore più parolaio del turismo – acquistano un senso pieno, vivo, di lotta e di coraggio.
Abbiamo molto da imparare da loro, dall’idea di futuro che hanno, del loro credere in loro stessi, che noi, a fatica, cerchiamo di mantenere.
Mettere al centro la persona. Quindi, turismo inclusivo per tutti, nessuno escluso. È l’obiettivo di Mesenté, la prima Borsa Internazionale del Turismo Accessibile (BITA), in programma a Biella il 25 e 26 ottobre.
L’evento fa parte di un progetto della regione Piemonte che parte dalla domanda: Il turismo accessibile nel 2024 è un’opportunità?
BITA nasce dal progetto nato nel 2019 denominato Mèsenté, che in dialetto piemontese vuol dire “il mio sentire”, grazie alla cooperazione tra GAL (gruppo di azione locale) Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone, GAL Montagne Biellesi e GAL Valli del Canavese.
La manifestazione è organizzata con il patrocinio della regione Piemonte e dell’ENAT (European Network for Accessible Tourism), la rete europea per il turismo accessibile.
La prima giornata, venerdì 25 dalle 10.30 alle 18, presso la Città Studi di Biella, vedrà incontri di confronto e formazione per un futuro turistico più inclusivo e accessibile per tutti. Tra gli interventi, quello del presidente di Federalberghi Torino Fabio Borio, del presidente dell’UICI Piemonte (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) Franco Lepore e di Rocco Cericola, docente di LIS ed esperto di sordità.
Sabato 26 sarà dedicato agli operatori di settore, con educational sul territorio in chiave di accessibilità.
In una nota gli organizzatori dell’evento scrivono che “Il progetto è la cornice perfetta per dare vita alla prima Borsa Internazionale sul Turismo Accessibile, organizzata in collaborazione con la CPD di Torino (Consulta per le Persone in Difficoltà) che, insieme all’ISITT (Istituto Italiano per il Turismo per Tutti), opera da anni per portare avanti azioni di miglioramento dell’offerta turistica accessibile in Piemonte, collaborando con tutta la filiera turistica locale tramite il progetto Turismabile. L’evento vuole essere un’opportunità di incontro tra gli operatori del settore e tutte le persone e le associazioni interessate ad approfondire questa tematica affinché possano condividere esperienze, buone pratiche e prospettive future ma anche favorire delle opportunità di sviluppo e commercializzazione”.
Le bottiglie d’acqua personalizzate, nelle strutture ricettive come anche nelle fiere, dove hanno fatto da apripista, è un must in crescita per fidelizzare ulteriormente la clientela
Come è ormai assodato, ogni albergo e ogni struttura ricettiva, soprattutto up-market, mirano a fare tendenza per loro stessi, a offrire quel quid in più per fidelizzare il cliente e attrarre nuovi ospiti, ad alzare l’asticella dell’offerta che, proprio per questo, è sempre più personalizzata.
Quindi, non stupisce e, a dirla tutta, forse non è più neanche una notizia, il fatto che a essere personalizzate siano anche le bottiglie d’acqua con il logo della struttura, delle fiere dei tanti tipi di settore che, in questo caso, hanno fatto da apripista.
Le bottiglie d’acqua personalizzate sono, in realtà, una tipologia delle linee di cortesia. Diciamoci la verità: quando decidiamo di soggiornare in questa o quella struttura non pensiamo mai al bagnoschiuma con il nome dell’hotel o, talvolta, dello stilista di ultimo grido, però è anche innegabile che quando troviamo questi gadget un sorriso ci illumina il volto. Ci piace.
È il marketing che si sposa con la soddisfazione del cliente, perché la cortesia verso chi soggiorna è un buon ritorno d’immagine per la stessa struttura ricettiva, sia nel momento in cui si è graditi ospiti o anche dopo, grazie al passaparola attraverso i feedback online, che significano, anche, una clientela che al 99% prenoterà ancora lì. È, quindi, una bella pubblicità, ma anche un rientro economico interessante per l’hotel. Il brand enfatizza l’albergo e viceversa e, nel personalizzare la linea cortesia sul target dell’ospite, questa diventa un’attenzione ai dettagli e, così facendo, la si rende anche l’elemento di un bel ricordo una volta tornati a casa.
Parlare di acqua, poi, “semplicemente” da bere in bottiglie e lattine personalizzate e ormai non più solo in strutture ricettive e fiere, ma pure in occasione di matrimoni, compleanni, eventi privati in genere, oltre che nei ristoranti vuol dire, anche, seguire una certa moda green. Il che implica, come già accennato, un mix di gadget pubblicitari, fidelizzazione del cliente, valore aggiunto dell’offerta con, in più, una forma di comunicazione e di marketing promozionali non convenzionali. Un ciclo virtuoso che risulta essere, altresì, una strategia vincente e dove tutti sono soddisfatti, perché porta ricavi alla struttura e soddisfazione alla clientela.
Naturalmente, nella proposta di bottiglia d’acqua personalizzata c’è anche un’attenzione ai gusti del cliente e, a monte, uno studio del target di riferimento: a ognuno il suo prodotto perché, abbiamo detto, questo tipo di offerta è comunicazione.
La bottiglia d’acqua personalizzata oggi non è più soltanto un liquido dissetante con un bell’involucro nominale per cui possiamo tranquillamente parlare di “acqua brandizzata”, ma dietro c’è tutto un mondo non detto ma che ci è noto, perché implica la difesa dell’ambiente e l’attenzione a non inquinare il pianeta. Infatti, le bottiglie o le borracce o le lattine possono essere in vetro, la soluzione più pulita anche per il riciclo, ma anche in cartone o in alluminio. Sicuramente, non più o comunque molto meno in plastica, accusata di aver compromesso l’ambiente a causa di un uso irresponsabile, se non altro per i rifiuti lasciati ovunque e molto, molto difficili da smaltire.
Naturalmente, oltre al contenuto ci si focalizza sul contenitore: che forma ha?
È colorata? Trasparente? Raffinata ed elegante? Di design secondo la tipologia della struttura ricettiva e del target dell’ospite? Questo è uno di quei casi in cui la forma è importante come la sostanza.
Oggi, quindi, l’uso del contenitore d’acqua personalizzato presuppone un conclamato benessere, in quanto l’acqua è vita e ce ne accorgiamo quando viviamo problemi di siccità, ormai sotto gli occhi di tutti, è cambiamento d’abitudini urgente e probabilmente inevitabile, è tentativo ulteriore di preservare l’ambiente, considerando anche che l’acqua imbottigliata spesso è a chilometro zero o comunque locale, in ogni caso tutto assolutamente Made in Italy e di qualità, insieme all’involucro eco-sostenibile. Anche qui, un’impronta green che la clientela apprezza particolarmente, perché sente che in quell’albergo ci si prende cura della sua salute, oltre che del suo comfort e dell’ambiente circostante. E questo paga. Perché in una struttura, qualunque essa sia, che si prende cura del mio benessere a 360 gradi, io ci ritorno. G.F.
Nel mondo dell’hospitality, le parole sono molto importanti. Definiscono il tono del rapporto che si instaura con gli ospiti.
Per anni, molti sono stati convinti, erroneamente, che l’accessibilità sia un adempimento tecnico, di competenza di architetti, geometri, ecc., che occorre attuare solo per rispettare le norme sull’abbattimento delle barriere architettoniche.
Questa visione riduttiva ha portato a considerare l’accessibilità solo come una norma da rispettare, piuttosto che un’opportunità per migliorare la qualità dell’esperienza a tutti gli ospiti.
Il risultato è “un’accessibilità difensiva”, dove si fa il minimo indispensabile per essere “in regola”.
cambiare Prospettiva
È fondamentale comprendere che l’accessibilità non è solo una questione normativa, ma uno strumento straordinario per introdurre miglioramenti del comfort e dei servizi, un’opportunità per accrescere la qualità e offrire in più rispetto e attenzione verso tutti gli ospiti, inclusi quelli con disabilità, o con esigenze di accessibilità.
Questo cambio di prospettiva inizia dalle parole che utilizziamo.
Quando un ospite chiede la disponibilità di una camera accessibile, risposte come “siamo a norma” o “tranquillo, è già venuto un suo collega e si è trovato bene”, riflettono un atteggiamento superficiale e impersonale che mette in luce immediatamente la mancanza di consapevolezza delle esigenze dell’interlocutore. Ma danno anche immediatamente la misura di come la persona non è percepita come un ospite, ma una norma da rispettare, come se la richiesta fosse pervenuta da un funzionario della sanità pubblica o dall’ufficio edilizia del Comune.
A quali altri ospiti rispondiamo vantando il rispetto di una o più delle tante norme che siete tenuti a rispettare? Pensiamoci un attimo: abbiamo mai ricevuto recensioni dagli ospiti (quelli senza disabilità), che hanno dato risalto al rispetto delle norme antincendio o della sicurezza, solo per fare un esempio?
Iniziamo da qui
Un linguaggio rispettoso e attento, senza l’utilizzo di tecnicismi è il primo passo, ma vediamo qualche altro suggerimento che ci può essere utile:
1. Personalizzazione ed empatia: invece di risposte standardizzate o verbose, offriamo dettagli specifici e mostriamoci disponibili a fornire gli approfondimenti che il nostro futuro ospite ritiene necessari per la sua tranquillità, come prendere misure o inviare foto. Iniziamo, ad esempio, così: “Abbiamo diverse soluzioni per rendere il suo soggiorno confortevole. Può descriverci le sue necessità così da poterle offrire la soluzione migliore?”. È inutile chiedere la tipologia di disabilità, focalizziamo l’attenzione sulle esigenze che per l’ospite sono importanti.
2. Evitiamo stereotipi e generalizzazioni. Frasi come: “Siamo accessibili per tutti” risultano vaghe, inadeguate oppure creano aspettative che rischiano di andare deluse, realizzando le premesse per avere un ospite insoddisfatto.
È necessario essere chiari e specifici riguardo le caratteristiche di accessibilità dei servizi offerti.
3. Formazione: tutto il personale deve essere adeguatamente formato su come comunicare in modo rispettoso ed efficace. Questo include la conoscenza delle diverse esigenze di accessibilità che può trovarsi ad affrontare e delle situazioni che possono comportare.
La conoscenza delle esigenze principali tipiche delle diverse tipologie di disabilità costituisce la base su cui costruire risposte personalizzate.
4. Promuovere un’ospitalità accessibile: occorre andare oltre il minimo previsto dalle norme, norme che hanno oltre trent’anni e non sono garanzia di qualità ormai per nessuno. Investire sull’Universal Design per realizzare strutture e servizi che migliorano l’esperienza per tutti gli ospiti, compresi quelli con disabilità, fa sentire tutti benvenuti e crea un’immagine positiva e inclusiva del proprio brand.
In sintesi
Le parole sono importanti e costruiscono il mondo in cui viviamo; nel settore dell’ospitalità sono fondamentali per creare un ambiente accogliente che sappia mettere a proprio agio ogni ospite.
Bisogna superare il semplice rispetto delle normative per vedere l’accessibilità come un’opportunità per migliorare l’esperienza per tutti gli ospiti, offrendo un’accessibilità trasparente al fine di costruire un brand più forte, che distingua la struttura sul mercato, in grado di promuovere un turismo più etico e sostenibile.
Per realizzare una vera ospitalità inclusiva non basta essere in regola con le normative, occorre provare personalmente a muoversi e a vivere negli ambienti che offriamo, simulando le disabilità degli ospiti
Quando alla ragazza che mi aiuta in casa dissi: “Immagina di dover fruire di ogni cosa stando seduta su una sedia”, mi guardò perplessa. Le spiegai: “Tutto deve essere a portata di braccio di chi è seduto, a circa un metro e trenta da terra”. Questa è l’accessibilità.
Questa “comodità” l’ho incontrata diverse volte in strutture alberghiere italiane d’ogni rango. Dall’albergo ricavato in una cascina ottocentesca, progettato con la consulenza di amici paralimpici, fino al lussuoso cinque stelle fronte mare, ove dalla camera alla battigia ci si muove senza ostacoli e in piena autonomia. Persino l’accesso al mare, con le apposite sedie che entrano in acqua, è garantito. Un motivo di orgoglio per me, ligure genovese “su ruote”.
L’ospitalità davvero accessibile si compone di piccole accortezze, che rendono il soggiorno piacevole anche per gli ospiti che non possono camminare e si muovono sempre in sedia a rotelle.
Negli alberghi è il bagno l’area più problematica per chi non cammina. Eppure – come la ragazza che mi aiuta in casa – si può comprendere che uno specchio abbastanza basso sopra il lavabo consente di radersi la barba e non le sopracciglia. Una doccia “a filo” con all’interno un sedile ribaltabile permette di lavarsi con piacere, senza bagnare la costosa sedia a rotelle e sporcare il pavimento. Gli asciugamani appesi a un gancio, invece che ordinatamente riposti su una mensola troppo alta, diventano fruibili. E ancora, un banale cestino senza apertura a pedale risparmia scomode manovre a rischio ribaltamento della carrozzina.
La quasi totalità delle strutture ricettive italiane ha le potenzialità per essere completamente accessibile. Le camere dedicate agli ospiti con disabilità motoria sono dotate dei principali accessori utili a sollevarsi senza rischio e sforzo eccessivo.
La mia condizione – iniziata nove anni fa durante una sfortunata immersione subacquea in Grecia – è quella di centinaia di migliaia di italiani di ogni età. Tutti desiderosi di godere di una vacanza nelle bellissime località italiane.
In occasione di una recente trasferta di lavoro, mi sono trovato ad alloggiare in un albergo bellissimo, stiloso. Con un solo problema: per accedere all’ascensore vi erano due gradini alti, insormontabili.
Ho atteso il tempo di un aperitivo ed è comparsa una pedana in legno costruita a tempo di record, che mi ha permesso di andare in camera senza disagi e di entrare e uscire nei giorni successivi. Ecco l’ennesima conferma dell’incredibile capacità degli italiani di superare qualsiasi emergenza.
Questa grande dote, tuttavia, oggi non è sufficiente. Con il Giubileo alle porte, in tutto il mondo gli aspiranti clienti disabili delle strutture ricettive italiane sono già alla ricerca di un’ospitalità accessibile, comoda, sicura e priva del rischio di radersi le sopracciglia. Dobbiamo offrire loro il meglio dell’Italia attraverso un’ospitabilità indimenticabile.
Gli ingredienti ci sono. Avanti tutta, non c’è tempo da perdere.
La VI edizione di ITHIC (Italian Hospitality Investment Conference), organizzata da Teamwork e patrocinata da Federalberghi, si svolgerà a Roma presso l’hotel Villa Pamphili il 17 e il 18 ottobre 2024.
Il tema di questa edizione, "Showing You the Future", mira a fornire approfondimenti sul settore dell'ospitalità, in particolare sulle tendenze emergenti e sulle strategie di investimento, essenziali per affrontare le sfide future e cogliere nuove opportunità nel settore.
Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito internet www.ithic.it.
I soci del sistema Federalberghi possono acquistare il biglietto di ingresso a ITHIC usufruendo di una tariffa scontata del 30%, collegandosi alla pagina https://teamwork.swoogo.com/ithic e digitando nel campo “promo code” il codice sconto “30DSCFEDAL”.
In un mondo ormai dominato dal web e impostato per la maggior parte sulle regole della digitalizzazione, c’è chi ha scelto di affidare alla pittura fatta dalla mano dell’uomo messaggi importanti, proprio sulle pareti di uno spazio potenzialmente aperto a tutti, ovvero un hotel. Poter vedere un’azione su un murales, che silenziosamente agisce nell’animo dello spettatore di qualsiasi genere e provenienza, può avere un valore fortissimo in termini di sensibilizzazione. Un obiettivo forse nelle corde di Giacomo Doni, socio storico di Federalberghi Milano e proprietario dell’hotel teatro dell’iniziativa.
Signor Doni, la sua famiglia ha una tradizione significativa nel mondo dell’ospitalità, un contesto nel quale la comunicazione può fare la differenza. Il suo gruppo alberghiero ha fatto un’esperienza importante in questo senso. Ce ne vuole parlare?
Noi siamo alla terza generazione di albergatori. Il prossimo anno la nostra attività compirà 70 anni. Mio nonno cominciò con un piccolo albergo di 12 camere. Lui viveva nella cantina sottostante con la nonna e la sua famiglia. Oggi, di camere ne gestiamo più di 200 solo su Milano. In Piemonte siamo sul Lago Maggiore. Come mai? I miei genitori si conobbero sulle piste di una località del Monte Rosa. Lì è rimasto un pezzo di cuore e un pezzo di proprietà immobiliare e nel 2019 abbiamo aperto una prima realtà piccola, dove abbiamo sviluppato alcune tecnologie mirate all’abbattimento delle emissioni nocive. Nel nostro piccolo, stiamo dando progressivamente il nostro meglio per renderci azienda più sostenibile a livello ambientale, ma anche con forte sostenibilità sociale.
Questa inclinazione ha guidato le vostre scelte...
Dal punto di vista del sociale sì. Tutto inizia negli ultimi 10 anni, complice la nostra generazione di famiglia – la terza – che si occupa di ospitalità, io e le mie due sorelle Camilla ed Elda. In sintesi, intorno al 2016 incontriamo casualmente come gruppo Doni un’associazione concentrata su bambini con disturbi dello spettro autistico. Cogliamo allora l’opportunità e il desiderio latente di ampliare gli orizzonti della nostra azienda in termini di risorsa per il sociale e non solo fondata sul profitto. Ne nasce una collaborazione che porta alla realizzazione della prima “mappatura” a livello nazionale dell’albergo per persone affette da spettro autistico. Cerchiamo di certificarlo, decidiamo di avvalerci della professionalità dell’associazione “L’Abilità onlus”, la stessa che progetta e rende accessibili le strutture per persone affette da disabilità cognitiva e che ha realizzato, tra gli altri, il progetto dell’accessibilità degli scavi di Pompei. Ci convinciamo dell’obiettivo e raggiungiamo un primo livello, che è passato attraverso l’approccio formativo per il nostro staff, così da creare valore e consapevolezza dei nostri collaboratori circa questi bisogni speciali. Vorrei specificare che la disabilità ha tre diverse macro aree: quella motoria, quella sensoriale che riguarda i non vedenti e i non udenti, e quella appunto cognitiva, della quale fa parte lo spettro autistico. Alla fine, il nostro Hotel Madison riesce a produrre questo primo livello di studio, e porta in dote questa volontà alla catena internazionale cui apparteniamo (Best Western Italia): la catena abbraccia il progetto perché lo sente suo. Da quel giorno abbiamo mappato e certificato circa 30 alberghi nel panorama italiano. Il progetto di accessibilità vede la sua consacrazione tra il 2017 e il 2018.
Che cosa è successo dopo?
Verso il 2022 siamo intervenuti per la riqualificazione delle facciate dei nostri hotel, ed è nata l’idea di applicare dell’arte su uno dei nostri alberghi. Decidiamo di realizzare, in collaborazione con il gruppo Orticanoodles, street artist affermati sul panorama nazionale, il progetto del murales, che si trova sulla facciata del nostro Hotel Astoria. Un bambino e una donna in un abbraccio invisibile, il fondo è sulle tonalità del blu (da qui la definizione “Blu Wall”, nda), colore che ricorda che esiste lo spettro dell’autismo nella nostra società. Sono raffigurati una donna e un bambino come immagine che può essere letta in chiavi diverse: di una madre protettiva, ma anche di un disturbo cognitivo che resta comunque nella vita dell’adulto.
Il tema dell’inclusione nelle strutture alberghiere è sempre più attuale. Come pensa che la vostra categoria possa operare in questo senso?
è difficile immaginare che alberghi italiani, nati magari tra gli anni ’50 e ’60 con caratteristiche strutturali che non rispondevano a specifiche normative nella loro genesi iniziale, possano adeguarsi in modo perfetto a tutte le disabilità che oggi sono previste nello sviluppo di un immobile del Terzo millennio. Per questo è molto importante fare opera di riflessione nel settore. Non è sbagliato procedere per cluster, i gruppi di domanda sono corretti, per chi vuole vivere a pieno la propria esperienza in hotel così come se l’è prefigurata. Fare tutto bene è impossibile. Specificarsi e specializzarsi, invece, è utile e possibile. Diventa essenziale quindi incidere su chi è chiamato a rilasciare le normative, così da consentire all’albergatore di potersi rendere accessibile a una specifica forma di disabilità, non a tutte incondizionatamente. è utopistico poter essere adeguati per tutti, meglio specificarsi in un ambito importante per chi andrà a esserne il fruitore. La persona con fragilità, quando sceglie di andare in un albergo, ha bisogno di trovarsi in un contesto in cui si sappia di che cosa si tratta. Noi abbiamo dato un esempio pratico, ma questo non vuol dire che abbiamo la risposta. Abbiamo iniziato un percorso che però deve essere pilotato dalle sovrastrutture, dai corpi intermedi. Quando si decide di prendere in considerazione il termine “disabilità” e spacchettarlo nelle sue diverse forme, dobbiamo essere consapevoli che tutto bene non si può fare, ma se si cercasse appunto di “clusterizzare” gli alberghi, ciò consentirebbe all’albergatore stesso di affezionarsi a un’idea e a soddisfare la specifica esigenza. L’operatore commerciale non deve essere lasciato a se stesso, i corpi intermedi a mio avviso dovrebbero farsi promotori di un messaggio d’inclusione. Inclusione non solo in termini di ospitalità, ma anche in termini di accessibilità del mondo del lavoro.
Voi avete operato anche su questo fronte, a quanto risulta dalle cronache...
Diciamo che nel periodo della pandemia abbiamo cercato di restituire qualcosa alla città di Milano, che tanto ci ha dato. La situazione ci aveva obbligato a chiudere, per scelta aziendale, i nostri alberghi. Ma nella seconda ondata del virus, nel marzo 2021, insieme alle sorelle Edda e Camilla abbiamo messo a disposizione la nostra struttura e siamo diventati il secondo covid-hotel della città. Lo evidenzio perché ciò fa parte di una maturazione del gruppo familiare e dell’azienda tutta. Abbiamo sentito il dovere civile di dare il nostro contributo. Poi, mia sorella Elda all’Hotel Astoria ha voluto rendersi disponibile per l’alternanza scuola/lavoro, accettando solo ragazzi con fragilità, per consentire di fare esperienze lavorative a studenti che vanno dalla 3a alberghiera fino al diploma. In termini di ricaduta per i soggetti coinvolti, abbiamo visto molti di questi giovani maturare, sicuramente li abbiamo aiutati a prendere più consapevolezza di quello che è il mondo “fuori”.
Qual è l’hotel ideale, veramente “aperto a tutti”, che sappia coniugare le esperienze comuni con quelle di coloro che hanno bisogni speciali, al fine di una piacevole e armonica convivenza?
Non credo si debba parlare di albergo, ma di organizzazione. L’albergo è l’asset, è l’immobile, è ciò che si ha la forza di poter fare come intervento squisitamente immobiliare. L’hotel sono i muri. L’organizzazione sono le persone. Si deve tornare a parlare di persone. Il nostro staff, le persone appunto, fa la differenza. Sono loro che si devono modellare sulle necessità del soggetto fragile e sapere come intervenire nelle difficoltà. Senza le persone che lo fanno pulsare al suo interno, l’hotel è un oggetto inanimato. Ba.Bo.
Cos’è l’intelligenza artificiale?
In che modo può contribuire a rendere più efficienti le imprese dell’ospitalità e a migliorare il servizio offerto, senza snaturarne l’anima?
Federalberghi e il Centro di formazione management del terziario, con l’aiuto di Thomas Bialas, propongono un percorso di riflessione sull’impatto dell’intelligenza artificiale all’interno degli hotel.
L'IA può essere un alleato formidabile per l’albergatore.
Ad esempio, può aiutarci a parlare in tutte le lingue del mondo, offrire servizi personalizzati, ottimizzare i processi aziendali e aumentare la sicurezza.
Ma occorre saperla utilizzare, saper mettere la macchina al servizio dell’uomo.
Dobbiamo imparare a formulare le domande giuste, per ottenere risposte che creano valore.
Perché solo un uso “intelligente” della tecnologia ci pone al riparo da un’anonima standardizzazione.
Né possiamo sottovalutare il rischio che si ripropongano, su scala amplificata, le asimmetrie che si sono già verificate nel rapporto tra le strutture ricettive e le grandi online travel agencies.
L’IA può aiutarci a farci scegliere dai clienti, ma potrebbe anche essere utilizzata per condizionare le loro decisioni, limitandone la libertà di scelta.
Inoltre, occorre sempre tener presente quanto sia fondamentale garantire la protezione dei dati e della privacy degli ospiti.
Il manuale contiene, oltre all’analisi di scenario, anche una rassegna concreta di applicazioni che possono aiutare le imprese a migliorare le proprie performances.
Alcune di esse sono futuribili. Altre sono già disponibili sul mercato.
Ma la nostra bussola rimane sempre l’intelligenza umana, emotiva e relazionale, grazie alla quale continuare a garantire l’essenza del servizio alberghiero, fatto dalle persone per le persone.
Per dirla con le parole dell’autore, se saremo capaci di mantenere la nostra identità, di rimanere “speciali”, l’intelligenza artificiale farà cose speciali per noi.
Altrimenti farà cose uguali per tutti. Semplice automazione.