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L’importanza del menù
L’importanza del menù
La realizzazione corretta del menù è fondamentale per l’offerta F&B degli alberghi
di Giacomo Pini
Cosa dovrebbe fare uno spazio F&B all’interno di una struttura ricettiva? Se pensiamo al passato la risposta era sempre la stessa “dare un servizio” ma, attualizzandolo a questi tempi, lo spazio F&B diventa protagonista. Infatti, molti Alberghi basano l’identità differenziante proprio sul comparto F&B e sempre più outlet di ristorazione, format di pasticceria e tutta l’area breakfast diventano dei veri e propri concept aperti anche alla clientela esterna, che fatturano e producono marginalità.
C’è però un aspetto tecnico che a volte viene tralasciato, o affidato semplicemente al grafico: il menù. La parola da sola sembra banale, ma racchiude un universo o un multiverso composto dall’offerta, ma anche i costi che ci sono dietro per costruirla. La parte vendita, che coinvolge l’esperienza del cliente e che opera per generare soddisfazione e fatturato, è quindi una protagonista indiscussa di tutto il mondo F&B. Ma vediamo come si costruisce e quali sono i suoi segreti perché lo strumento sia un successo per la struttura.
L’ingegneria del menù
Il menù è il più efficace strumento di marketing del vostro locale, ma solo se sapete come utilizzarlo. Esiste una scienza molto interessante, chiamata Menu Engineering, che ci spiega questo e altro.
L’ingegnerizzazione del menù studia infatti le strategie più efficaci per massimizzare i profitti di un ristorante utilizzando come unico strumento il menù. Lo scopo del Menu Engineering è quello di farvi ottenere maggiori guadagni, inducendo il cliente a scegliere il piatto che crea più profitto per il locale. Non si tratta però di una tecnica manipolatoria, bensì dell’ottimizzazione dei bisogni di due parti diverse. In questo modo, infatti, il bisogno del cliente, alla ricerca di un piatto che soddisfi al meglio le sue esigenze, potrà combaciare con il vostro: far guadagnare l’attività.
In altre parole, si vanno a creare le condizioni per far compiere al cliente una scelta consapevole, adatta e razionale. Che guarda caso è la stessa che vorreste voi!
Entriamo nel vivo. Una delle nozioni fondamentali suggerite dal Menu Engineering è la leggerezza, in termini di varietà e quantità di scelta. Un numero contenuto di referenze (indicativamente sei o sette per categoria) è la base per il successo della vostra carta.
Affinché il menù diventi il nostro alleato nella pianificazione di una strategia di marketing, è necessario poi organizzarne al meglio i contenuti. Dal momento in cui il cliente si siede a tavola, gestisce il tempo come segue:
- scannerizzazione del menù
(1 minuto);
- formulazione della scelta (30 secondi);
- eventuale condivisione della scelta (1 minuto).
Per influenzare la sua scelta, meglio agire sulle prime due fasi. Tra l’altro, secondo la legge di supremazia, la prima attenzione verso un piatto viene mantenuta risultando determinante per la scelta finale. Per questo, la vostra missione è influenzare la scelta del cliente fin da subito.
LA scelta grafica del menù
La prima domanda che dovete porvi è la seguente: quali referenze vogliamo mettere in evidenza? A rigor di logica, i piatti su cui dovete puntare sono quelli che contribuiscono maggiormente alla costruzione del Profitto Lordo del vostro ristorante.
Un’efficace strategia per evidenziarli potrebbe essere quella di estrarre virtualmente alcuni piatti dall’offerta, mettendoli in risalto attraverso colori diversi, riquadri o cornici. Infatti, le linee delimitanti una superficie chiusa si percepiscono come unità più facilmente di quelle che non si chiudono, a parità di altre condizioni.
Ci sono però anche tecniche più “sottili” per guidare la scelta definitiva del vostro cliente. Una su tutte: l’impaginazione. Esistono due diverse scuole di pensiero riguardo a come strutturare il menù: secondo la prima, esso dovrebbe avere un ordine sequenziale. C’è chi invece predilige la tecnica dei cosiddetti “punti focali”, ovvero le aree della carta che vengono notate per prime dall’osservatore. Facciamo un po’ di esempi: se il vostro menù è distribuito su una sola pagina, il punto focale si troverà esattamente al centro del foglio. Se si tratta di un menù a libro, l’attenzione del cliente si concentrerà in alto nella prima pagina. Invece, se è a triplo foglio, il punto focale sarà al centro delle tre pagine.
Oltre all’impaginazione, le modalità di persuasione sono tante. Ad esempio, è molto efficace anche la tattica sandwich: il primo piatto nel menù, o la prima bottiglia nella carta dei vini, deve avere il prezzo più basso. Spesso il cliente evita la portata più economica per timore di essere preso per uno spilorcio. Al secondo posto, è consigliabile posizionare qualcosa di conveniente per il cliente, ma che abbia un margine sostanzioso per il ristoratore. In genere la scelta si assesta su questa referenza. A seguire, andranno i piatti più costosi.
Ricordatevi sempre il potere delle parole: utilizzando una descrizione che vada a stimolare i cinque sensi, saremo già a metà dell’opera. Un uso marketing-oriented delle parole tende infatti ad aumentare le vendite di circa il 20% per ciascun piatto.
Se proponete un “filetto alla griglia” il vostro è un messaggio povero, asettico. Al contrario, se comunicate un “cuore di filetto di manzo argentino cotto a legna” è eccessivamente lungo, state utilizzando troppe parole col rischio di generare confusione nel cliente. Qual è allora il giusto? Sta nel mezzo. Utilizzate aggettivi sensoriali che vadano a impreziosire la presentazione del piatto sulla carta, che in qualche modo riesca ad anticipare al cliente l’esperienza con quella pietanza e che crei in lui l’aspettativa.
Sempre in termini di strategie, dedicare un menù specifico ai bambini aumenta la spesa di quel tavolo. Per l’effetto mum shared-course, infatti, ciascun commensale avrà la porzione più adatta a sé, senza doverla dividere con qualcun altro. Allo stesso modo, valorizzare dessert, vini, caffè o liquori con una carta a parte aumenta le vendite tra il 15 e il 30%.
Gli errori da evitare
Dopo aver snocciolato alcune buone pratiche per la gestione del menù, occupiamoci ora di una serie di passi falsi da non commettere:
- il primo errore, molto comune, è quello di incolonnare i prezzi uno di seguito all’altro. In questo modo risulta immediato il paragone tra i costi diversi e balza all’occhio il piatto meno costoso, a discapito del vostro ristorante;
- un altro passo falso è utilizzare immagini altrui, specie se non corrispondono alla vostra realtà. Vale la pena fare un piccolo investimento per produrre immagini di qualità, direttamente nel vostro locale. Anche qui, prestate attenzione a quali referenze vi conviene valorizzare. Infatti, le immagini permetteranno di aumentare le vendite per i piatti illustrati del 20-25%;
- toglietevi dalla testa anche che il menù da solo possa fare i miracoli. Dovete sempre tenere a mente che il menù rappresenta il capitale del vostro ristorante e la strategia stessa del locale si riflette su di esso. Per arrivare a essere il migliore strumento di marketing, non può prescindere da una gestione professionale. Il ruolo del cameriere in questo senso è fondamentale: formate il personale di sala alla vendita perché conosca perfettamente il menù in ogni sua sfaccettatura, e perché sia in grado di proporre e suggerire al cliente abbinamenti ideali. Attraverso le tecniche di up selling e cross selling, ad esempio.
Riassumendo, il menù deve soddisfare appieno le aspettative del cliente permettendo all’azienda di raggiungere il posizionamento desiderato nella sua mente. Per ogni scelta che fate, tenete a mente i tre principali obiettivi: redditività, immagine e gestione dei costi. La vostra strategia deve stare dentro questo triangolo, collocarsi laddove consenta di massimizzare la spesa del cliente e il valore da esso percepito. Buon business a tutti!
Gli estintori, la prima linea di difesa
Gli estintori, la prima linea di difesa
Sottovalutati, spesso trascurati, nascosti da piante e fioriere per non rovinare l’estetica degli ambienti, questi “fanti di trincea”sono indispensabili per frenare l’avanzata nemica, dando così tempo alla retroguardia di organizzare le difese
di Gioacchino Giomi
Immaginate Caterina, in vacanza in un incantevole resort di campagna, che si accorge di un fumo sottile provenire da un cesto di riviste vicino alla zona relax. Con prontezza e decisione, afferra l’estintore e interviene tempestivamente, spegnendo il principio di incendio prima che possa degenerare. Il personale dell’albergo, riconoscendo il suo gesto coraggioso e rapido, le esprime gratitudine: un esempio concreto di come la prontezza possa fare la differenza tra un piccolo incidente e una tragedia ben più grave.
Questo breve aneddoto illustra un concetto fondamentale: gli estintori sono strumenti presenti ovunque, ma troppo spesso poco conosciuti e sottovalutati. Eppure, rappresentano la prima linea di difesa contro il fuoco, un presidio indispensabile per la sicurezza di ospiti e personale.
Ma cos’è esattamente un estintore?
Si tratta di un dispositivo portatile che contiene un agente estinguente sotto pressione, come polvere chimica, anidride carbonica, schiuma o acqua, progettato per spegnere piccoli incendi. La sua efficacia dipende da vari fattori, tra cui il tipo di agente contenuto e la capacità di estinguere specifiche classi di combustibile. In termini semplici, si può dire che ogni estintore è classificato per peso, tipo di incendio che può affrontare e capacità di spegnimento, con l’obiettivo di intervenire prontamente in caso di emergenza.
Per essere più chiari, senza addentrarsi troppo in dettagli tecnici, è importante sottolineare che la norma di prevenzione incendi riconosce gli estintori come strumenti di protezione attiva. Questi, insieme agli impianti manuali e automatici, costituiscono le misure di prima risposta: le prime a intervenire per controllare un principio d’incendio e prevenire che si sviluppi in qualcosa di più grave.
Mentre i sistemi automatici lavorano in modo più complesso per inibire o controllare l’incendio fino all’arrivo di aiuti specializzati, gli estintori sono pensati per un intervento immediato e semplice, anche da parte di personale non qualificato.
Riconoscendo che potrebbero essere gli stessi clienti e visitatori dell’attività a dover usare gli estintori, le normative recenti suggeriscono d’installarne di maneggevoli e leggeri, con peso massimo di 6 kg, in ambienti accessibili e frequentati dal pubblico. Questa misura permette anche a chi non ha formazione specifica di intervenire con sicurezza e facilità, contribuendo a contenere i danni fin dai primi istanti.
Ogni estintore ha una capacità estinguente specifica, indicata sull’etichetta con una combinazione di numeri e lettere che identificano le classi d’incendio che può affrontare e la quantità di combustibile che può spegnere.
In ambito alberghiero, la normativa prevede l’installazione di estintori con capacità non inferiore a 13A-89B, a meno che non siano richiesti apparecchi aggiuntivi in aree a rischio specifico, come cucine, depositi o zone impianti.
Gli incendi rappresentano uno dei rischi più gravi per le strutture ricettive, dove la presenza di numerosi ospiti, il personale di servizio e beni di valore rende imprescindibile adottare misure di sicurezza tempestive ed efficaci. Tra queste, gli estintori costituiscono il primo e più immediato strumento d’intervento: un gesto semplice ma fondamentale per salvaguardare vite umane e proteggere i beni.
In conformità con le norme di prevenzione incendi, la presenza di estintori negli alberghi è obbligatoria e deve essere pianificata attentamente in relazione ai posti letto della struttura. La quantità, il tipo e la posizione devono consentire un intervento rapido ed efficace in tutte le aree, dagli ingressi alle zone di servizio. La scelta degli estintori deve considerare le caratteristiche della struttura, optando spesso per modelli portatili di vario tipo – polvere, anidride carbonica, acqua, schiuma – ciascuno adatto a spegnere diversi tipi di incendio. Ad esempio, gli estintori a polvere multiuso sono molto diffusi e capaci di affrontare incendi di materiali solidi come legno e carta, liquidi infiammabili e gas. Tuttavia, in ambienti interni, si stanno progressivamente preferendo gli estintori a base d’acqua o schiuma, che riducono alcuni dei rischi associati ai modelli a polvere, come la compromissione della visibilità o le irritazioni cutanee.
Per i quadri e le apparecchiature elettriche sono invece previsti quelli ad anidride carbonica, al fine di evitare lo sversamento di liquidi sui cavi elettrici, mettendo così a rischio la vita stessa dell’operatore.
Per garantire la massima efficacia, gli estintori devono essere installati in punti facilmente accessibili e ben visibili, come i corridoi principali, le scale di emergenza, le zone di servizio e le aree vicine alla cucina, ai depositi e agli uffici riservati agli impiegati, perché non bisogna dimenticare che un albergo è anche un luogo di lavoro. Devono essere posizionati a un’altezza accessibile anche alle persone con mobilità ridotta, accompagnati da segnaletica chiara e visibile, affinché possano essere individuati e utilizzati senza esitazioni nel momento del bisogno.
La manutenzione periodica degli estintori è un elemento imprescindibile e obbligatorio per legge. È responsabilità del datore di lavoro assicurarsi attraverso la “sorveglianza” quotidiana che siano sempre in condizioni ottimali e pronti all’uso e ogni sei mesi, attraverso l’intervento di un tecnico qualificato, ne venga verificata e certificata l’efficienza. La mancata o inadeguata manutenzione può comportare sanzioni penali, tra cui ammende o arresto, oltre a mettere a rischio la sicurezza di tutti. Per interventi più complessi, come revisioni periodiche e collaudi, la normativa stabilisce scadenze precise. È fondamentale che queste operazioni siano eseguite da personale competente, con risultati registrati nel libretto dell’estintore e nel registro antincendio, per garantire tracciabilità e conformità. Solo così si può essere certi che gli strumenti di sicurezza siano sempre pronti all’uso nelle situazioni di emergenza.
L’utilizzo corretto degli estintori richiede una formazione mirata, sia del personale di servizio sia, idealmente, anche degli ospiti più informati. Ricordiamo che l’estintore deve essere impiegato solo quando il fuoco è ancora di piccole dimensioni e si può intervenire in sicurezza. In presenza di fiamme distruttive o fumo molto denso, è più prudente evacuare i locali e chiamare immediatamente i soccorsi.
Infine, la cultura della prevenzione incendi negli alberghi si basa sull’educazione continua e sulla preparazione.
Oltre all’installazione degli estintori, è fondamentale che il personale partecipi regolarmente a corsi di formazione, esercitazioni di evacuazione e aggiornamenti sulle procedure d’intervento. Solo attraverso questa consapevolezza e preparazione si può garantire una risposta efficace, riducendo i rischi e tutelando vite umane e beni. In conclusione, gli estintori rappresentano uno strumento indispensabile per la sicurezza nelle strutture ricettive, sono le unità di “primo soccorso”, il laccio emostatico che blocca l’emorragia in attesa dei sanitari. La scelta accurata, l’installazione corretta, la manutenzione regolare e un utilizzo consapevole sono le basi per prevenire tragedie e assicurare un soggiorno sereno a tutti.
Investire nella formazione e nella pianificazione delle misure di sicurezza significa fare la differenza tra un incidente contenuto e una catastrofe evitabile.
Formazione e ospitalità accessibile, la S di ESG che fa la differenza
Formazione e ospitalità accessibile: la S di ESG che fa la differenza
di Roberto Vitali
“Sono un imprenditore sensibile, come tutto il mio personale, e se serve posso anche prenderli in braccio e portarli in camera. Perché poi dovrebbero lamentarsi? In fondo ho fatto una camera solo per loro... Perché dovrei fare anche formazione?”
Quante volte abbiamo sentito frasi come queste? Basta saper spingere una sedia a ruote per dire di non aver bisogno di fare formazione? Frasi come queste, purtroppo, sono ancora ricorrenti. Nascono spesso da una buona intenzione, ma riflettono un approccio sbagliato, che trasforma l’ospitalità in un atto di assistenza, anziché in un’esperienza di accoglienza.
L’ospitalità accessibile non è una concessione: è un diritto delle persone che hanno particolari esigenze e, allo stesso tempo, un’opportunità per le imprese. Ma perché diventi reale servono strumenti, consapevolezza e soprattutto formazione del personale.
Perché la formazione è indispensabile
La formazione non è un corso “in più” da aggiungere alle tante competenze richieste agli operatori turistici. È la base per:
- sviluppare sensibilità e attenzione verso gli ospiti con esigenze di accessibilità;
- acquisire le parole giuste per comunicare senza imbarazzi o stereotipi;
- conoscere gli errori da evitare, che spesso nascono da abitudini inconsapevoli;
- saper trasformare un potenziale problema in un’opportunità di servizio.
Un personale formato non solo gestisce meglio le situazioni, ma contribuisce a creare un clima positivo che valorizza l’esperienza di tutti gli ospiti, non solo di quelli con esigenze di accessibilità.
I benefici per le imprese
Un ospite soddisfatto non è solo un cliente che ritorna, ma anche un ambasciatore del brand. E un ospite che si sente accolto con rispetto e naturalezza diventa un cliente fedele, che ritorna, che racconta e che porta con sé nuove relazioni.
Formare il personale significa anche generare valore economico. Oggi, il passaparola e le recensioni online sono determinanti: un’esperienza negativa legata all’accessibilità può compromettere la reputazione di un hotel, mentre un’attenzione autentica può trasformarsi in un potente strumento di marketing.
Inoltre, l’ospitalità accessibile si collega ai principi ESG (Environmental, Social, Governance) e alla crescente attenzione delle Istituzioni verso la sostenibilità sociale: investire in formazione significa posizionare la propria impresa in un orizzonte competitivo e innovativo.
Un cambio di prospettiva
Il vero obiettivo non è “fare una camera per loro”, ma far sì che ogni ospite possa sentirsi al centro, con le proprie esigenze di accessibilità, le proprie passioni, i propri gusti e desideri di vacanza. L’accessibilità non è solo fare una camera “a norma”, le esigenze sono tante e negli anni ci si è concentrati “solo” sulla mobilità.
Formare il personale significa accompagnare questo cambio di prospettiva: non più “disabilità”, ma persone con esigenze di accessibilità che scelgono la loro vacanza come consumatori consapevoli.
Conclusione
La formazione è quindi il vero motore per un’ospitalità accessibile e trasparente.
Non basta la buona volontà, non basta la sensibilità individuale: serve un percorso strutturato che trasformi la cultura aziendale. Solo così potremo passare da “un’accoglienza difensiva” fatta di soluzioni improvvisate a un’ospitalità accessibile che genera valore per tutti: per gli ospiti, che vivono esperienze positive e libere da barriere, e per le imprese, che trovano in questa attenzione una leva di crescita e competitività.
È anche il modo più concreto per dare senso alla S di ESG: non solo vacanze senza barriere per gli ospiti, ma anche luoghi di lavoro inclusivi, dove chi ha esigenze di accessibilità può sentirs
Libro su Sense of Italy
Il “senso” dell’Italia
Esportazioni, servizi, turismo, prosperità: un legame indissolubile del sistema economico italiano, che trae dal settore Terziario il 75% della propria ricchezza, rendendo, oggi, il Sense of Italy più attuale del Made in Italy
Tra il 1995 e il 2023 si osservano in Italia quasi 2,35 milioni di occupati standard in più. Al di là di poste minori, il risultato è frutto di un incremento di 3,4 milioni di lavoratori nel Terziario di mercato e una riduzione di 900mila nell’industria e agricoltura. In altri termini, tutta la crescita dell’occupazione negli ultimi trent’anni è stata generata dai servizi e dentro i servizi.
Anche nel post-pandemia, la resilienza dell’economia di mercato è dovuta al Terziario di mercato, a cui è ormai ascrivibile oltre il 75% del valore aggiunto.
Eppure, a fronte di questi numeri, l’interesse per l’economia dei servizi è ancora scarso, se non nullo. Si succedono con ritmo impressionante Rapporti, Relazioni e Patti che hanno tutti l’industria al centro: il Terziario neppure in periferia.
Ma il mondo cambia e ciò che andava bene ieri, anche in termini di analisi e di narrazione, non va più bene oggi. C’è bisogno di una nuova e più estesa riflessione sulle prospettive realistiche di crescita economica – e sociale – dell’Italia.
Beninteso, non si tratta di contrapporre un settore a un altro: l’idea che senza una manifattura vitale il Paese non abbia speranza è pienamente condivisa. Ma, in parallelo, è doveroso curarsi col massimo impegno di chi conta stabilmente per i tre quarti della ricchezza e dell’occupazione.
Rendere più produttivi i servizi di mercato è la strada principale per tornare a crescere. È una scelta che ci è suggerita dal processo di terziarizzazione che investe tutte le economie del mondo, avanzate e meno avanzate.
In questo volume, a cura di Mariano Bella, direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio, vengono raccolti diversi saggi con uno scopo sostanzialmente unitario: cambiare e precisare il racconto del sistema economico italiano. Per dirla con le parole dell’autore, «cambiare il linguaggio è utile se le nuove parole designano meglio i concetti rilevanti».
E, dunque, il Made in Italy va bene, ma il Sense of Italy è meglio. Perché unisce beni e servizi, a partire dal turismo, valorizzandone la reciproca contaminazione alla luce di ciò che unisce – e non divide – esportazioni di beni ed esportazioni di servizi: il country of origin effect, cioè il super-brand Italia.
Il sistema funziona e si rafforza soprattutto attraverso la reciproca contaminazione tra esportazioni e turismo: vengo in Italia e provo i prodotti e i servizi italiani e, tornato in patria, ricordo e di nuovo desidero e sviluppo importazioni, che sono le nostre esportazioni. E allo stesso modo funziona il verso opposto della relazione, che dovrebbe portare a visitare di nuovo e ancora l’Italia.
Come ha scritto Oscar Giannino, «questo libro è un contributo prezioso. Numeri alla mano, smantella l’arcaica contrapposizione tra “industria buona” e “servizi cattivi”. Non evita le questioni più spinose, come l’insufficiente valore aggiunto e produttività nei servizi, li affronta come conseguenze del contesto nazionale, non come vizi genetici. Credere che il solo saldo commerciale della manifattura regga la bilancia dei pagamenti italiana è ignoranza ideologica, non leva di crescita».
Politiche attive del lavoro
Politiche attive del lavoro
Il fondo For.Te. finanzia percorsi formativi rivolti a disoccupati, inoccupati e neoassunti
Il Consiglio di amministrazione del fondo For.Te. ha approvato l’avviso n. 2 del 2025, che finanzia piani formativi volti a sostenere politiche attive del lavoro.
I destinatari degli interventi sono i soggetti disoccupati e inoccupati, con l’obiettivo del loro inserimento in azienda al termine del percorso formativo, nonché i lavoratori assunti nei sei mesi antecedenti la formazione che al momento dell’assunzione risultavano disoccupati o inoccupati.
Il finanziamento dei piani formativi è subordinato all’assunzione di almeno l’80% dei partecipanti effettivi e formati, di cui almeno il 40% con contratto a tempo indeterminato. è importante evidenziare che, a tali fini, rientrano nella percentuale del 40% anche i lavoratori stagionali previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, con contratti della durata di almeno tre mesi, per i quali è conferita al lavoratore la facoltà di richiedere la precedenza nella riassunzione.
Tra gli aspetti che caratterizzano l’avviso, merita segnalare:
- il finanziamento massimo erogabile è compreso in un range tra euro 20mila (per le aziende che occupano sino a 25 dipendenti) ed euro 100mila (per le aziende che occupano tra 150 e 249 dipendenti); per le aziende che occupano più di 249 dipendenti, la misura del finanziamento è commisurata alla consistenza del conto individuale aziendale;
- possono partecipare alla formazione anche i lavoratori assunti nei sei mesi antecedenti, che in precedenza prestavano servizio alle dipendenze di un’impresa appaltatrice e che vengano assunti dall’impresa appaltante nell’ambito dei processi di internalizzazione, nel rispetto delle procedure eventualmente previste dalla contrattazione collettiva;
- è finanziabile la formazione obbligatoria in materia di sicurezza sul lavoro, ai sensi dell’articolo 37 del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, dei soggetti disoccupati e inoccupati (sono esclusi quindi i lavoratori assunti nei sei mesi antecedenti la formazione); tale possibilità è riservata alle aziende che abbiano optato per il Regolamento (UE) n. 2831/2023 (cosiddetto “de minimis”), nella misura massima del 50% delle ore totali di formazione previste nel piano per la singola azienda beneficiaria;
- sono inclusi tra i destinatari degli interventi i titolari di protezione internazionale o temporanea e altri cittadini stranieri in condizione di vulnerabilità ai sensi del “Protocollo di Intesa per favorire l’inserimento socio lavorativo di titolari di protezione internazionale e temporanea e di altri cittadini stranieri in condizioni di vulnerabilità” sottoscritto tra Ente Bilaterale Nazionale del Turismo, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Ministero dell’Interno, Ministero del Turismo;
- è possibile presentare richieste di finanziamenti anche per i piani formativi pluriaziendali, che coinvolgano al massimo cinque aziende;
- i piani possono essere presentati non solo dalle aziende direttamente interessate, ma anche dai soggetti qualificati dal fondo For.Te.
I piani dovranno essere presentati esclusivamente attraverso la piattaforma del fondo, a decorrere dal 22 ottobre 2025 fino a esaurimento delle risorse e comunque non oltre le ore 18:00 del 22 settembre 2026.
Virtual card, quanto mi costi
Virtual card, quanto mi costi
Sono sempre più frequenti le truffe informatiche a danno degli hotel che affidano ai portali il compito d’incassare i pagamenti
di Alessandro Massimo Nucara *
Sempre più spesso gli albergatori sono vittime di delitti realizzati mediante le carte di credito virtuali emesse dai portali di prenotazione, note anche come VCC (virtual credit card).
Non si tratta di una novità in senso assoluto. Né dell’unico tipo di attacco informatico che subiscono gli hotel. Ma negli ultimi tempi, le frodi in cui sono coinvolte le VCC hanno assunto dimensioni preoccupanti, sia per il numero di episodi rilevati sia per l’entità degli importi sottratti alle strutture, che in alcuni casi hanno raggiunto le centinaia di migliaia di euro.
Inoltre, non vanno sottovalutati i costi indiretti: tempo perso in dispute, danneggiamento della reputazione, perdita di clienti fedeli che hanno subito frodi. Insomma, il problema va ben oltre la singola transazione fraudolenta.
Come recita un antico proverbio, “praestat cautela, quam medela” (prevenire è meglio che curare). In altri termini, tutte le strutture dovrebbero prendere coscienza dei pericoli più diffusi e adottare le necessarie contromisure, auspicabilmente prima che tali aggressioni si verifichino.
Ed è per questo motivo che ne parliamo qui, anche traendo ispirazione dal contributo di imprenditori e consulenti del settore hospitality**.
LE FRODI PIU' DIFFUSE
Anche se i reati che vengono perpetrati si basano su artifizi e raggiri in continua evoluzione, possono essere individuati degli schemi comuni.
Il trucco che sarebbe in teoria più facile da riconoscere (ma, ahimè, continua a mietere molte vittime) è quello in cui i malintenzionati riescono a farsi consegnare le chiavi di casa dagli stessi operatori.
Il caso classico è quello dell’addetto al ricevimento che riceve una telefonata da qualcuno che si spaccia per manutentore del software (ad esempio, dichiara di essere un tecnico del channel manager che deve aggiornare il programma e comunica che in assenza di riscontro immediato verrà bloccata la possibilità di ricevere prenotazioni) e chiede l’accesso per poter effettuare un intervento da remoto.
Sembra incredibile, ma non sono pochi coloro che “abboccano all’amo”, anche a causa del fatto che la telefonata arriva di tardo pomeriggio o la sera, quando è più facile che non sia presente in azienda chi ha la competenza e l’autorità per opporsi all’inganno.
Questo tipo di intrusione è agevolata dal fatto che la teleassistenza è diventata la modalità abituale di intervento per gran parte delle aziende che forniscono software agli hotel.
Oggi entra in scena anche l’intelligenza artificiale generativa, che rende ancora più fragile il confine tra realtà e simulazione, consentendo di clonare voci e volti con una precisione tale da risultare indistinguibili dagli originali. Basta una manciata di secondi di audio o una semplice fotografia per generare un avatar parlante, capace di sostenere un dialogo in tempo reale con intonazione, pause e mimica credibili.
Questi strumenti sono alla portata di chiunque, economici e facili da usare, e stanno alimentando un nuovo fronte di truffe, in cui non serve più violare un sistema informatico, ma basta replicare l’identità di una persona per ingannare clienti o dipendenti. In questo scenario, la fiducia diventa un punto debole strutturale e la sicurezza non può più limitarsi alla protezione dei dati, ma deve estendersi alla tutela dell’identità stessa.
In altri casi, i criminali riescono a impossessarsi delle virtual card scavalcando gli addetti della struttura. A fare il lavoro sporco è un Trojan horse, cioè un malware che si presenta come un software legittimo e inganna l’utente, ottenendo subdolamente l’accesso al sistema informatico. Va peraltro detto che i cavalli di Troia non si diffondono autonomamente, ma vengono installati dall’utente stesso, spesso tramite download da siti non sicuri o aprendo allegati di e-mail.
Un ulteriore tipo di truffa viene realizzato mediante un messaggio, apparentemente proveniente dal portale, che viene spedito ai clienti che hanno prenotato, invitandoli a cliccare su un link, per effettuare il pagamento della camera o una verifica aggiuntiva della carta di credito.
Oltre a questo tipo di messaggio, che raggiunge il cliente via posta elettronica, si notano anche casi in cui l’ospite viene contattato tramite whatsapp. In questo scenario al cliente non viene chiesto il pagamento ma solo l’inserimento delle credenziali della carta di credito per motivi di verifica e per tenere attiva la prenotazione. Il canale è differente, ma l’obiettivo e le modalità non cambiano: ottenere i dati della carta di credito del cliente, presentando la richiesta come semplice procedura tecnica.
Viene spontaneo domandarsi come abbiano fatto i truffatori a entrare in possesso della lista delle prenotazioni, del prezzo concordato, degli indirizzi di posta elettronica e dei recapiti telefonici dei clienti. A che livello è avvenuto il data breach? Quale sistema è stato violato? Quello del portale, quello del channel manager, quello del property management system, quello dell’albergo?
C’è la tendenza a credere che l’hotel, ultimo anello della catena, finisca per essere il soggetto più esposto e più vulnerabile. Ma non è detto che sia sempre così. Ad esempio, sono stati segnalati casi in cui un gran numero di messaggi è stato inviato contemporaneamente tramite la extranet di un noto portale, che però non consente alla struttura di effettuare operazioni massive.
Quale che sia l’espediente utilizzato, il risultato è sempre lo stesso: l’hotel viene defraudato e, purtroppo, le speranze di rientrare in possesso del maltolto si riducono al lumicino.
ALCUNE PRECAUZIONI DA ADOTTARE
L’hotel può elevare sensibilmente l’efficacia delle proprie barriere di autodifesa, adottando alcune precauzioni. L’aggiornamento dei sistemi di sicurezza è un presupposto indispensabile. Si parte da:
- installare antivirus e antimalware, per rilevare e rimuovere virus, Trojan e altri software dannosi;
- mantenere il sistema operativo e i programmi aggiornati per chiudere eventuali falle di sicurezza.
Altrettanto importante è la sensibilizzazione dei collaboratori. Ma non basta invitare genericamente gli addetti a essere più attenti, bisogna fornire indicazioni specifiche su come farlo.
Ad esempio, all’interno della to-do list aziendale, non dovrebbero mancare alcuni accorgimenti operativi:
- sancire il divieto assoluto di comunicare le password a soggetti esterni e/o di consentire loro in alcun modo l’accesso ai sistemi aziendali;
- gestire con estrema cautela le richieste telefoniche provenienti da sconosciuti;
- raccomandare una sana prudenza a fronte di messaggi che potrebbero “incubare” un Trojan: non aprire allegati di e-mail sospette, verificare l’attendibilità del mittente prima di aprire allegati;
- prestare grande attenzione ai download: scaricare software solo da fonti affidabili;
- attivare uno user dedicato per ogni membro dello staff e definire per ciascun account le specifiche autorizzazioni, così in caso di phishing sarà più facile individuare la falla e limitare le operazioni fruibili mediante l’account hackerato;
- aggiornare periodicamente le password dei portali e della webmail, tenendo presente che Excelsior2022* NON è una password sicura (una password sicura potrebbe essere 3Xc3lS10r$2025;X%);
- simulare tentativi di frode durante i mee-
ting;
- mettere in pagamento le virtual card non appena possibile, per non lasciarle troppo a lungo alla mercè di eventuali truffatori;
- ricordare sempre che, a fronte di un dubbio, la richiesta del parere di un collega più esperto o del consulente aziendale non è sintomo di incompetenza ma indice di professionalità.
Si può anche valutare la possibilità di chiedere ai portali di versare le spettanze future dell’albergo mediante un bonifico, anziché mediante una carta di credito virtuale.
In genere, i portali non incoraggiano il passaggio al bonifico e sottolineano che questa scelta non è facilmente reversibile.
Inoltre, gli alberghi che utilizzano tale sistema segnalano alcune complicazioni sul versante fiscale e amministrativo, connesse alla gestione dei cosiddetti “sospesi”, in quanto di norma l’albergo riceve il bonifico dal portale alcuni giorni dopo la partenza del cliente.
Per quanto riguarda i costi, va ricordato che i portali applicano una commissione anche sui bonifici. Di norma è inferiore a quella pagata per incassare le carte di credito virtuali, ma è sempre bene informarsi e chiedere di mettere per iscritto le condizioni.
COSA FARE SE SI VIENE ATTACCATI
Una delle prime cose da fare se si teme di essere stati aggrediti da un malware è disconnettere il sistema: il computer infettato deve essere scollegato dalla rete il più rapidamente possibile per evitare danni peggiori.
Subito dopo, insieme ai propri partner tecnici (in primis, i fornitori del channel manager e del pms) e ai propri collaboratori occorre svolgere un’analisi accurata dell’accaduto, focalizzando l’attenzione sia sull’infrastruttura (hardware e software) sia sulle procedure, per individuare eventuali falle e adottare gli opportuni correttivi.
Ad esempio, per prevenire il rischio che la cosa possa ripetersi, può essere opportuno resettare o bloccare tutte le password, preferibilmente accedendo da un dispositivo diverso da quello utilizzato abitualmente.
In parallelo, occorre inoltre scrivere al portale, chiedendo un intervento tempestivo per tamponare le perdite e riparare il danno, e presentare una denuncia all’autorità competente, che di norma è la Polizia postale.
Non di rado i portali rispondono negando ogni responsabilità e affermando in modo dogmatico che l’hotel è stato vittima di phishing, diretta conseguenza del basso livello di sicurezza della struttura e delle procedure. Oppure si dimostrano poco reattivi, offrendo riscontri a dir poco evanescenti.
Non è detto che tale atteggiamenti debbano essere accettati supinamente. Alcuni hotel, disponendo di buoni argomenti per dimostrare che la responsabilità dell’accaduto sia estranea alla struttura ricettiva, hanno chiesto ai portali di reintegrare il maltolto e, in caso di risposta negativa, hanno intentato delle azioni legali.
PERCHE' E' MEGLIO FARE A MENO DELLE VCC
Tutto ciò premesso, non ci stancheremo mai di ricordare che, se si smette di affidare ai portali il compito di incassare quanto dovuto dai clienti, si elimina alla radice buona parte dei rischi che abbiamo descritto.
Al riguardo, va anche sottolineato che le virtual credit card – che vengono apprezzate soprattutto per ragioni di comodità – oltre a creare i presupposti per molte truffe, presentano diverse controindicazioni, che possono risultare ancor più deleterie delle truffe stesse.
La prima conseguenza negativa è data dal fatto che l’hotel perde il controllo delle proprie tariffe. Affidando al portale il compito di incassare gli si affida, infatti, anche la facoltà di modificare i prezzi decisi dalla struttura.
Un classico esempio è il programma Booking Sponsored Benefit di Booking.com, in cui il portale riduce di sua iniziativa i prezzi, dichiarando di accollarsi il costo di una parte del soggiorno. A seguito dell’intervento dell’Antitrust, il portale si è dovuto impegnare ad assicurare che i prezzi applicati dalle strutture ricettive su canali di vendita online diversi da Booking.com non vengano presi in considerazione ai fini dell’applicazione del BSB.
Anche in questo caso, c’è più di un dubbio connesso alla gestione degli aspetti fiscali, sul quale è probabile che prima o poi l’Agenzia delle Entrate accenda un faro. Ad esempio: se il cliente ha pagato a Booking.com 85 euro, come si può chiedere all’albergo di rilasciare una ricevuta fiscale (rectius: documento commerciale) per il prezzo intero di 100 euro pubblicato in piattaforma? Se il cliente ha pagato 85 euro, potrà portare in detrazione l’importo intero? O chiedere un rimborso spese per l’importo intero?
Altro punto dolente riguarda le commissioni di transazione sulle VCC, che tendono a essere più alte rispetto a quelle dovute sulle “normali” carte utilizzate dal cliente. Ad esempio, anche se il cliente paga utilizzando una carta di debito retail emessa in Francia o in Germania (che di norma sconta commissioni più basse) la VCC emessa dal portale per pagare l’albergo sarà trattata come una carta di credito commercial emessa al di fuori dello spazio economico europeo, con l’applicazione di una commissione molto più alta.
Non va poi dimenticato che, se si affida al portale il compito di incassare il pagamento, sarà poi il portale a gestire le politiche di cancellazione e i rimborsi. Questo può portare a situazioni in cui l’hotel ha meno flessibilità nel gestire dispute o casi specifici o nel recuperare eventuali costi associati a cancellazioni tardive o “no-show”. L’hotel potrebbe trovarsi a dover rimborsare un cliente anche se, in base alle proprie politiche, avrebbe avuto diritto a trattenere parte dell’importo.
Ultimo, ma non meno importante, quando il portale incassa direttamente dal cliente, l’hotel non riceve il pagamento immediatamente. Spesso, le online travel agencies versano i fondi agli hotel con cadenze prestabilite e solo dopo il check-out del cliente o la scadenza dei termini di cancellazione.
In definitiva: le virtual credit card possono apparire uno strumento comodo, perché ci consentono di alleggerire il peso di alcune incombenze. Ma – anche a prescindere da eventuali truffe – finiscono per costar caro all’albergo, determinando effetti indesiderati e dolorose sorprese.
*direttore generale di Federalberghi
Il barometro del Turismo
Il barometro del Turismo
Analisi dei principali indicatori del settore della prima parte del 2025
di Anna Chiara Olini
I primi sette mesi del 2025 hanno registrato risultati positivi per gli alberghi e per il turismo in generale. Secondo l’Istat, le presenze alberghiere sono state complessivamente 164,4 milioni e hanno superato quelle del 2024 dell’1,6%.
La performance migliore è stata quella degli stranieri (89,9 milioni, +3,4%), mentre gli italiani, con 74,5 milioni di presenze, hanno registrato una leggera diminuzione rispetto all’anno scorso (-0,5%).
Guardando al turismo in generale (quindi considerando insieme alberghiero ed extralberghiero), invece, il periodo che va da gennaio a luglio ha avuto performance migliori del 2,2% sullo stesso periodo dell’anno precedente, con complessivamente 268,4 milioni di presenze. Di queste, il 56,6% è ascrivibile ai turisti stranieri, che sono stati il 3,8% in più rispetto al 2024. Il restante 43,4% di presenze degli italiani è rimasto sostanzialmente stabile (+0,2%).
La permanenza media ha sforato i 4 giorni (4,4 per l’esattezza) e anche qui ci sono andamenti differenziati per la provenienza dei turisti e la tipologia di alloggio: i soggiorni più lunghi sono ascrivibili agli stranieri (4,7 contro i 4,1 dei nostri connazionali) e ai soggiorni in strutture extra alberghiere (5,6 contro il 3,9 degli alberghi).
Fin qui abbiamo analizzato i dati sulla domanda turistica. Passando a quelli sull’offerta alberghiera (sempre rilevati dall’Istituto nazionale di statistica) si vede che è continuato anche nel 2024 il processo di rinnovamento delle strutture alberghiere. In un solo anno gli alberghi sono aumentati di 749 unità, passando da 32.194 a 32.943. In termini assoluti l’aumento è ascrivibile soprattutto ai 3 stelle (+285) e ai 4 stelle (+223), ma in termini percentuali, la performance migliore è stata quella della categoria più elevata, i 5 stelle, con un aumento del 12,4%.
La Banca d’Italia ha stimato che nel primo semestre di quest’anno la spesa dei turisti stranieri in Italia è stata di 24,9 miliardi di euro: il 5,9% in più rispetto all’anno precedente.
I viaggiatori stranieri alla frontiera sono stati 41,6 milioni: in aumento rispetto al 2024 del 3%. C’è da segnalare una crescita del 4,9% degli stranieri che pernottano, a fronte di una diminuzione di coloro che non pernottano dello 0,8%. I pernottamenti sono stati 174,1 milioni (+4,4%) e la permanenza media è rimasta stabile (6,2 giorni).
Sono positivi anche gli indicatori di performance degli alberghi rilevati da STR: dall’inizio del 2025 sino a luglio il tasso di occupazione è aumentato dello 0,7% sul 2024, il ricavo giornaliero medio per camera disponibile del 2,1%.
Per quanto riguarda il giro d’affari, secondo l’Istat, l’indice del fatturato dei servizi di alloggio nel primo semestre è aumentato del 4% rispetto al 2024, mentre il MEF nel primo trimestre ha riscontrato un aumento dell’imponibile IVA da fatturazione elettronica nelle attività di alloggio e ristorazione dell’1,8% per le persone fisiche e del 2,4% per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
L’arte del safeguarding
L’arte del safeguarding
La qualità del servizio si realizza anche promuovendo e tutelando la sicurezza degli ospiti
di Peter Beer e Hans Zollner*
Il turismo rende la vita più bella. Relax, avventura, formazione, sport, benessere, arte, storia – tutto questo e molto altro ancora è reso accessibile dal turismo a tante persone nel periodo più bello dell’anno. Le motivazioni nella scelta della destinazione e nell’organizzazione delle vacanze sono tanto varie quanto le persone stesse. Su un punto, però, tutti sono d’accordo: durante le vacanze ci si aspetta di essere sicuri, per quanto umanamente possibile. Sicuri da truffe, avance sgradite, molestie, aggressioni, rapine, atti di violenza, incidenti.
Nel periodo delle vacanze la maggior parte delle persone è più vulnerabile che in altri momenti. Liberi dallo stress quotidiano e dalle routine lavorative, si diventa facilmente meno prudenti. Motivati dal desiderio di conoscere cose nuove e di vivere in un’atmosfera positiva, spesso si abbandonano i freni abituali. Al tempo stesso, i turisti si muovono in un ambiente a loro estraneo. Non conoscono regole, usi e costumi della convivenza locale e non dispongono di una rete sociale di riferimento (amici, famiglia, conoscenti) che li sostenga.
Tutto ciò rappresenta occasioni che possono essere facilmente sfruttate a loro svantaggio. Contribuire a prevenire simili situazioni fa parte di un’offerta turistica qualificata e di qualità. In questo contesto si parla di safeguarding. In sostanza, si tratta di quattro elementi fondamentali:
1) Analisi dei rischi
Gli operatori turistici, e in particolare tutti coloro che lavorano nelle strutture ricettive, devono valutare con attenzione i potenziali rischi a cui possono essere esposti gli ospiti durante il loro soggiorno. Tali rischi possono assumere forme diverse e includono in particolar modo quelli connessi alle interazioni sociali. Questi rischi possono essere i più vari: dai truffatori e borseggiatori fino a gruppi violenti che agiscono, ad esempio, di notte in alcuni quartieri o zone delle città.
2) Comunicazione
I turisti ricevono adeguate informazioni, non discriminatorie e allarmistiche riguardo ai possibili rischi. L’approccio migliore è quello di fornire indicazioni positive di comportamento. Gli albergatori e gli operatori turistici – sia che offrano semplici servizi di pernottamento sia che propongano pacchetti più articolati – comunicano in modo chiaro la propria disponibilità e incoraggiano gli ospiti a rivolgersi a loro in caso di dubbi o situazioni di insicurezza.
3) Supporto e accompagnamento
Nel caso di eventi in cui gli ospiti subiscano danni (e qui la gamma può includere molestie sessuali, discriminazioni o esperienze di violenza), gli albergatori li assistono nella ricerca degli interlocutori competenti, affinché possano far valere i propri diritti. Ciò può avvenire nel modo più semplice, anche esponendo in un luogo visibile e facilmente accessibile della struttura un foglio informativo con i principali numeri di emergenza delle Forze dell’ordine (Polizia di Stato, Carabinieri) e dei servizi di assistenza sociale (come ad esempio il Telefono Azzurro e il Telefono Rosa). Nella migliore delle ipotesi, su questa lista compare anche il nominativo e i contatti di un dipendente dell’albergo incaricato di occuparsi delle richieste e delle urgenze in tali contesti, disponibile come referente personale in caso di necessità e adeguatamente formato.
4) Formazione e cooperazione
La miglior forma di protezione per gli ospiti si realizza quando tutti, con attenzione e buona volontà, si prendono cura l’uno dell’altro. La sicurezza degli ospiti non è l’esclusivo compito degli albergatori, ma il risultato anche della responsabilità individuale degli stessi turisti e della collaborazione di tutto il personale della struttura ricettiva. È quindi importante sensibilizzare e formare adeguatamente i collaboratori negli alberghi e, più in generale, nel settore turistico. Alcuni temi possibili: come comportarsi quando ci si accorge che alcuni ospiti insistono nel superare ripetutamente i limiti di distanza appropriata con altri ospiti? Cosa fare se si nota che un ospite maltratta la propria moglie? Bisogna intervenire se un collega intrattiene ripetutamente relazioni sessuali con ospiti? Come comportarsi se un cliente porta spesso in camera bambini non suoi, oppure se bambini ospiti rimangono a lungo incustoditi all’interno della struttura? Come agire nel contesto della sicurezza degli accessi quando ci si imbatte regolarmente in estranei che chiaramente non appartengono all’albergo?
Il corretto rapporto tra safeguarding e turismo è una sfida. Si tratta di trovare il giusto equilibrio tra intervento, assunzione di responsabilità e impegno per la sicurezza degli ospiti da un lato, e rispetto della privacy e discrezione dall’altro. Non è sempre semplice e non sempre riesce. Tanto più importante, quindi, è affrontare il tema e cercare opportunità di formazione adeguate.
Una cosa è certa: l’impegno per il safeguarding, per la sicurezza a 360 gradi e quindi anche per il benessere degli ospiti, è sempre un investimento che vale. Per gli ospiti, che possono sentirsi al sicuro e realmente protetti. Per gli albergatori, non solo perché quegli ospiti con grande probabilità torneranno, ma anche perché diventeranno essi stessi i migliori ambasciatori della struttura.
*IADC - Istituto di Antropologia. Studi interdisciplinari sulla Dignità umana e la cura delle persone vulnerabili della Pontificia Università Gregoriana, Roma
Contratti collettivi e dumping contrattuale
Contratti collettivi e dumping contrattuale
Tanti i rischi per le imprese che scelgono scorciatoie, adottando contratti collettivi non stipulati da organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale
di Angelo Candido
Il CCNL Turismo, sottoscritto da Federalberghi, Faita - Federcamping e dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, identificato dal codice CNEL H052, è il contratto collettivo nazionale più applicato dalle imprese turistico-ricettive del nostro Paese, con una percentuale di applicazione di circa l’80%, sia con riferimento alle imprese che lo applicano sia con riferimento alla percentuale di lavoratori il cui rapporto di lavoro è disciplinato dal contratto in questione.
CCNL pirata: un grave rischio per la regolarità dell’impresa
Nel Documento di programmazione dell’attività di vigilanza per il 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) pone un accento deciso sul contrasto al fenomeno del “dumping contrattuale”, individuando tra le priorità delle ispezioni il controllo sulla corretta applicazione della contrattazione collettiva.
L’obiettivo dichiarato è la repressione dell’uso strumentale dei cosiddetti “contratti pirata” – ovvero quei contratti collettivi sottoscritti da soggetti privi di adeguata rappresentatività – che minano le tutele dei lavoratori e alterano la concorrenza nel mercato, esponendo le imprese che li utilizzano, in maniera consapevole o inconsapevole, a sanzioni di notevole entità.
Le imprese che decidono di adottare contratti collettivi non stipulati da organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale rischiano infatti molto più di una semplice irregolarità formale. Le implicazioni sono profonde, tanto sotto il profilo economico quanto sotto quello giuridico.
Stop a contratti stagionali, apprendistato e agevolazioni negate
Come sottolineato dall’Ispettorato Nazionale, l’adozione di un contratto collettivo privo della necessaria rappresentatività impedisce all’impresa di utilizzare gli istituti normativi di mercato del lavoro (contratti a tempo determinato, apprendistato, ecc.) la cui disciplina è per legge riservata ai contratti cosiddetti “leader”, quale è quello sottoscritto da Federalberghi e dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs.
Stesso ragionamento riguarda la disciplina dell’orario di lavoro e le diverse forme di flessibilità a esso connesse. In altri termini, qualsiasi clausola contrattuale che intenda modulare diritti o obblighi previsti dalla legge sarà da considerarsi inapplicabile, se non sostenuta da una contrattazione “qualificata”.
Inoltre, solo l’applicazione dei contratti collettivi leader consente la fruizione delle agevolazioni normative e contributive previste dalla legge nazionale o dalle legislazioni regionali. A fronte di un ipotetico beneficio derivante dall’applicazione di un contratto pirata, l’azienda si vedrebbe quindi precluso il riconoscimento di vantaggi di natura economica in alcuni casi assai rilevanti.
Appalti: obblighi rafforzati
Un’ulteriore fonte di rischio della quale l’impresa deve essere consapevole arriva dall’estensione operata dal legislatore con il nuovo comma 1-bis dell’articolo 29 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, introdotto per rafforzare la tutela dei lavoratori nel caso di appalto di servizi. è stato infatti chiarito che gli appaltatori sono obbligati a riconoscere ai lavoratori condizioni economiche e normative non inferiori a quelle previste dal contratto collettivo nazionale (e territoriale) stipulato da organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative.
Ciò comporta un duplice obbligo: da un lato, l’impresa è vincolata ad applicare i trattamenti previsti dal contratto leader del settore e della zona; dall’altro, il committente rischia di essere chiamato a rispondere in solido in caso di inadempienza. Anche solo per questo aspetto, l’utilizzo di un contratto pirata – pur formalmente sottoscritto – espone l’intera catena di fornitura a contestazioni ispettive, contenziosi e sanzioni.
Una concorrenza sleale che penalizza il sistema
L’utilizzo di contratti non rappresentativi, oltre a esporre le imprese a gravi rischi di contenzioso amministrativo e del lavoro, altera profondamente le dinamiche concorrenziali del mercato. Il fenomeno, come rilevato dall’INL, non è solo lesivo per i lavoratori, ma anche per l’intero sistema economico: erode le basi della contrattazione collettiva nazionale e genera una spirale di irregolarità che colpisce imprese, lavoratori e sollecita l’intervento delle autorità di controllo.
In un contesto di vigilanza rafforzata e di crescente attenzione alla qualità del lavoro, scegliere consapevolmente quale contratto collettivo applicare, e optare per la contrattazione leader rappresentata nel nostro settore dal CCNL Turismo, non è più solo una questione di convenienza economica, ma una decisione strategica che incide sulla sostenibilità giuridica dell’attività d’impresa.
Il rischio di sanzioni, esclusione da benefici e contenzioso rende sempre più evidente che l’adozione di contratti “non qualificati” non rappresenta una scorciatoia, ma un potenziale boomer
BWH Hotels Italia diventa BWH Hotels Italy e South-East Europe
BWH Hotels Italia & Malta annuncia l’espansione del proprio network in 13 nuovi mercati emergenti del Sud-Est Europa, assumendone la guida strategica e operativa sotto una nuova identità: “BWH Hotels Italy & South-East Europe”, che diventa così un’organizzazione responsabile di 15 Paesi.
Un’evoluzione che consolida il successo di un’azienda leader dell’ospitalità italiana e ne amplifica la portata internazionale. Si delinea così un insieme integrato e dinamico, composto da aree diversificate sotto il profilo geopolitico, turistico e culturale, dove l’hotellerie sta cambiando volto e aprendo nuove possibilità di sviluppo. I Paesi inclusi in questo nuovo assetto comprendono Albania, Grecia, Romania, Bulgaria, Montenegro, Serbia, Cipro e Macedonia del Nord, insieme all’Armenia, ritenuti di grande interesse per gli sviluppi in corso. A questi si aggiungono Bosnia Erzegovina, Libano, Siria e Kosovo, oltre ovviamente a Malta, sotto la guida italiana già dal 2024.
Con questa espansione, alle oltre 170 strutture già operative in più di 100 destinazioni Italiane, si aggiungeranno 30 nuovi hotel nei mercati coinvolti, per un totale di oltre 200 strutture: un ampliamento che è destinato ad accrescere il fatturato complessivo, con proiezioni che indicano un giro d’affari delle strutture affiliate superiore a 415 milioni di euro. Il piano di espansione prevede di incrementare la presenza nei territori SEE nei prossimi esercizi, partendo dai Paesi dove la crescita turistica è sostenuta da politiche governative, infrastrutture e investimenti significativi.
La guida strategica è affidata a Sara Digiesi, ora ceo di BWH Hotels Italy & South-East Europe, che ha commentato così l’operazione: “Questa espansione rappresenta per noi un’opportunità straordinaria e anche una grande responsabilità. Con BWH Hotels Italy & South-East Europe ci affermiamo come riferimento nell’ospitalità europea, portando il nostro know-how nella gestione di network e l’esperienza della ricettività italiana verso mercati in profonda trasformazione. Crediamo nel potenziale di questi territori e stiamo costruendo ponti culturali, commerciali e operativi, ampliando la nostra rete d’eccellenza e valorizzando al tempo stesso l’identità di ogni destinazione”.
A sottolineare la fiducia nel ruolo strategico del team italiano e la rilevanza europea del progetto, anche Larry Cuculic, Presidente e CEO global di BWH Hotels: “La crescita continua di BWH Hotels in Europa rappresenta un pilastro fondamentale della nostra strategia globale. La nomina di Sara e del suo team alla guida del Sud-Est Europa riflette la nostra fiducia nella loro capacità di coniugare visione strategica ed eccellenza operativa. Questa nuova struttura non solo rafforza la nostra presenza regionale, ma conferma al mondo che BWH Hotels è davvero un brand globale, in linea con le esigenze in continua evoluzione dei viaggiatori internazionali di oggi”.
Soddisfazione anche nelle parole del presidente di BWH Hotels Italy & South-East Europe, Walter Marcheselli: “Sono orgoglioso e soddisfatto dell’organizzazione che oggi presiedo e della nuova era che si apre: il nuovo assetto è stato meritato con i successi raggiunti fino ad oggi e sostenuto dai soci albergatori italiani, sempre pronti ad affrontare nuovi sviluppi, consapevoli che le opportunità vanno ricercate anche in direzioni prima inesplorate. L’estensione dei territori di nostra competenza si è attuata grazie all’affidamento e all’accordo dei territori da parte di BWH Hotels International per preservare il valore e le competenze costruite in oltre 35 anni di attività dall’organizzazione acquisita con sede ad Atene”.
Con questa nuova configurazione, BWH Hotels Italy & South-East Europe si propone come motore di crescita e innovazione nei mercati emergenti, rafforzando la leadership italiana. Da sempre parte integrante di un network globale, l’azienda BWH Hotels Italia – Società Benefit diventa un gruppo internazionale a pieno titolo, perseguendo il disegno già avviato nel 2024 con Malta e oggi consolidato con l’ingresso in nuovi mercati.