Le interviste di Federalberghi
A margine dall’incontro svoltosi a Norcia tra le associazioni albergatori delle regioni interessate dal sisma del centro Italia del 24 agosto 2016, il senatore Guido Castelli, Commissario straordinario del Governo per la riparazione la ricostruzione, spiega lo stato dell’arte, le criticità e il valore e la tenacia degli albergatori impegnati su tutti i territori
Commissario Castelli, sono trascorsi otto anni da quel tragico 24 agosto del 2016, giorno in cui l’Italia è stata devastata dal sisma nelle regioni del Lazio, dell’Umbria, delle Marche e dell’Abruzzo.. Un evento terribile che ha segnato gli animi di tutti. Che passi sono stati fatti fino ad ora?
Il nostro impegno è purtroppo sempre in ritardo, rispetto alle legittime aspettative di chi otto anni fa ha perso le persone care e le proprie case, o i luoghi dove poter lavorare. Ci sono state troppe false partenze nel passato. Oggi credo che siamo sulla strada giusta, un cambio di passo c’è stato. Dobbiamo insistere, insieme: Governo nazionale, Struttura commissariale, Regioni, Comuni. Il lavoro insieme sta dando i suoi frutti. Sono circa 20 mila i cantieri ad oggi complessivamente autorizzati, di cui oltre 11 mila già completati. È stato avviato il 95% delle opere pubbliche, gli interventi in progettazione sono il 66% del totale di cui 25% già approvati. Anche la ricostruzione privata conferma la tendenza già registrata lo scorso anno: nel primo semestre del 2024 le erogazioni di Cassa Depositi e Prestiti nei confronti delle imprese impegnate nei cantieri della ricostruzione hanno fatto registrare un +16,64% rispetto allo stesso periodo del 2023 e un +41,71% rispetto al 2022. Oltre alla ricostruzione, sta procedendo la rigenerazione socioeconomica delle nostre comunità. Anche grazie al programma NextAppennino che assicura 1,8 miliardi per la ripresa delle aziende, degli artigiani, del terzo settore.
Lei è diventato Commissario straordinario del Governo per la riparazione e la ricostruzione sisma 2016 nello scorso 2023.. Quali sono stati le criticità che ha incontrato e dove è riuscito invece a fare tesoro del lavoro fatto?
Come le ho anticipato ci sono state troppe false partenze. In alcuni casi ci sono state anche delle difficoltà oggettive: come il rallentamento imposto dal Covid, o l’aumento dei prezzi delle materie prime determinato dalla guerra in Ucraina. Anche il Superbonus 110% è stato una misura che ha generato molte difficoltà. Molti professionisti e molte imprese hanno preferito seguire la progettazione su quel versante, piuttosto che concentrarsi sulle iniziative più complesse, collegate alla ricostruzione nel Centro Italia. Oggi possiamo dire che il grande cantiere della ricostruzione - il più imponente d’Europa per estensione, 8mila kmq e per valore economico, 28 miliardi di euro - sta diventando modello e laboratorio. Modello per perseguire una ricostruzione sicura e innovativa, laboratorio per individuare un percorso di rinascita per tutto il territorio dell’Italia centrale, non solo quello ferito dal sisma del 2016.
Quali sono, secondo lei, le categorie maggiormente colpite sui vari territori?
Tutte le attività “radicate” nel territorio sono state sfidate dalla sequenza sismica 2016-2017. Dall’agricoltura al turismo. Si tratta di due criticità collegate anche a una tendenza in atto, già prima del 2016, che ha visto i nostri territori subire un progressivo spopolamento. La crisi demografica si era fatta sentire molto e prima nell’area del cratere. Oggi il 70% della superficie dell’area del cratere è coperta da bosco. Solo il 5% è “urbanizzata”. Non è un dato tranquillizzante, nonostante l’ideologia ecologista prevalente: il bosco per essere una difesa del territorio deve essere presidiato dall’uomo e dev’essere inserito in un approccio agro-silvo-pastorale. Solo così la montagna tornerà a essere baluardo di difesa del fondovalle e delle coste. Altrimenti al rischio sismico incomberà sempre più forte il rischio idrogeologico.
Per ciò che riguarda le imprese alberghiere, quali sono le prospettive per un rilancio di tutta l’area colpita dal sisma?
Il Piano nazionale complementare sisma 2009 e 2016, con l’insieme dei finanziamenti stanziati per cammini, impianti, rifugi e servizi e dei bandi per le imprese, rappresenta il punto di partenza di un percorso fondamentale di riparazione del tessuto sociale ed economico ferito dal sisma. Per migliorare i servizi e favorire la creazione di nuovi posti di lavoro il programma NextAppennino prevede diversi interventi per la riqualificazione di tutto il sistema turistico, a partire dai percorsi naturalistici e culturali, le infrastrutture e gli impianti già esistenti, con risorse per rifunzionalizzarli e renderli più efficienti.
Vi è oggettivamente un problema legato ad alcuni ritardi negli interventi di ricostruzione. A che cosa vanno attribuiti? Pensa si possa imprimere un’accelerazione nelle operazioni dedicate ai vari settori produttivi allo scopo di risollevare l’economia del territorio?
Inizialmente ha prevalso, nella disciplina della ricostruzione, un approccio iperformalista e burocratico. Abbiamo cercato conseguentemente di snellire e fluidificare. Come è successo per quanto riguarda il pagamento dell'IVA nella ricostruzione "produttiva". Come si può pensare che albergatori che da anni sono fermi possano anticipare l'imposta? Siamo intervenuti l'anno scorso creando un fondo ad hoc. Più in generale però, accanto alla ricostruzione e alla messa in sicurezza del territorio, dobbiamo impostare un modello di sviluppo, anche turistico, che sia capace di preservare lo splendore e l’autenticità delle montagne e dei borghi appenninici. Ciò sarà possibile attraverso progetti dedicati e sostenibili dal punto di vista ambientale. Anche attraverso un turismo destagionalizzato, capace di attirare una domanda di qualità, saremo in grado di generare occasioni di lavoro per i giovani che vogliono restare e per chi aspira a vivere e lavorare in montagna. Il nostro Appennino può offrire al Paese un nuovo modello, diverso da quello urbano e connotato da una grande qualità della vita in termini umani ed ambientali. Forte è la necessità di visione per le nostre montagne, affinché i nostri borghi tornino ad essere centri nodali della comunità, capaci di sviluppare servizi e creare posti di lavoro. Ora il vero traguardo è trovare una sintesi comune per quei territori che hanno già dimostrato capacità di visione. Ricostruire in montagna richiede più tempo e più attenzione. L’accelerazione è in corso. Il decollo c’è già stato, ora si tratta di correre, in una rotta condivisa da tutti i soggetti in campo, sia pubblici, sia privati. In questo orizzonte diventano strategici tutti i programmi di digitalizzazione e di infrastrutturazione stradale e ferroviaria. Un territorio vivo e vivace deve essere connesso.
Pensa che i territori abbiamo strumenti sufficienti per tornare ad essere attrattivi dal punto di vista turistico?
La natura, l’arte, la storia ci aiutano. Le infrastrutture viarie devono assicurarci l’accesso ai territori per poterne godere e per poterne far godere. C’è poi una particolare vocazione turistica - non esclusiva, ma caratteristica dell’Appennino centrale - lo sviluppo del “turismo lento”: è una delle opportunità di rinascita dei territori dell’Italia Centrale e in particolare di quelli feriti dal sisma del 2016, nelle quattro regioni coinvolte: Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Una vocazione finora portata avanti con risultati eccellenti, in modo spontaneo e volontaristico da numerose associazioni e realtà locali, ma che per essere messa a regime e sviluppare le potenzialità, necessitava di un approccio strategico su scala interregionale. Con una Ordinanza approvata in Cabina di coordinamento sisma abbiamo approvato gli interventi in attuazione del programma di sviluppo del turismo lento proposti dalle quattro Regioni del cratere per un importo complessivo di 47 milioni di euro. Si tratta di un articolato sistema di interventi per percorsi fruibili in un’ottica di intermodalità con il trasporto pubblico e la bici, per la messa in sicurezza e la manutenzione, ma anche per investimenti per i servizi di alloggio e ristoro destinati ai camminatori e ai pellegrini. Particolare attenzione è stata rivolta anche all’accessibilità per le persone con mobilità limitata per far vivere a tutti l’esperienza del cammino e del pellegrinaggio. La decisione della Struttura Commissariale è giunta alla vigilia di importanti appuntamenti dei prossimi anni: il Giubileo 2025, l’Ottavo centenario della morte di San Francesco nel 2026 e i 500 anni dell’approvazione pontificia dell’Ordine dei Frati Cappuccini nel 2028. Tra i Cammini “finanziati” alcuni hanno una rilevanza storica e nazionale di particolare rilievo, come il Cammino francescano della Marca, il Cammino di San Francesco nel Lazio; o la via Lauretana e il Cammino dei Cappuccini o la ciclovia del fiume Nera.
Qual è stata l’esperienza più toccante da lei vissuta dal momento in cui ha ricevuto il ruolo che attualmente ricopre?
La caparbietà di giovani albergatori e ristoratori che dopo tanta fatica sono riusciti a riaprire i loro esercizi pubblici fa parte dei ricordi indelebili che porterò nel cuore. Ogni giorno voglio essere sul territorio dei 138 Comuni del cratere, e ogni giorno ho la fortuna di collezionare storie di rinascita, di tenacia e di caparbietà. Anche nel settore turistico.
A margine dall’incontro svoltosi a Norcia tra le associazioni degli albergatori delle Regioni interessate dal sisma del Centro Italia del 24 agosto 2016, il senatore Guido Castelli, Commissario straordinario del Governo per la riparazione e la ricostruzione, spiega lo stato dell’arte, le criticità e il valore e la tenacia degli albergatori impegnati su tutti i territori.
Commissario Castelli, sono trascorsi otto anni da quel tragico 24 agosto del 2016, giorno in cui l’Italia è stata devastata dal sisma nelle Regioni Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo. Un evento terribile che ha segnato gli animi di tutti. Che passi sono stati fatti fino a ora?
Il nostro impegno è purtroppo sempre in ritardo, rispetto alle legittime aspettative di chi otto anni fa ha perso le persone care e le proprie case, o i luoghi dove poter lavorare. Ci sono state troppe false partenze nel passato. Oggi, credo che siamo sulla strada giusta, un cambio di passo c’è stato. Dobbiamo insistere, insieme: Governo, Struttura commissariale, Regioni e Comuni. Il lavoro insieme sta dando i suoi frutti. Sono circa 20mila i cantieri a oggi complessivamente autorizzati, di cui oltre 11mila già completati. È stato avviato il 95% delle opere pubbliche, gli interventi in progettazione sono il 66% del totale, di cui il 25% già approvati. Anche la ricostruzione privata conferma la tendenza già registrata lo scorso anno: nel primo semestre del 2024 le erogazioni di Cassa Depositi e Prestiti nei confronti delle imprese impegnate nei cantieri della ricostruzione hanno fatto registrare un +16,64%, rispetto allo stesso periodo del 2023, e un +41,71% rispetto al 2022. Oltre alla ricostruzione, sta procedendo la rigenerazione socioeconomica delle nostre comunità. Anche grazie al programma NextAppennino, che assicura 1,8 miliardi per la ripresa delle aziende, degli artigiani, del terzo settore.
Lei è diventato Commissario straordinario del Governo per la riparazione e la ricostruzione nello scorso 2023. Quali sono state le criticità che ha incontrato e dove è riuscito invece a fare tesoro del lavoro svolto?
Tutte le attività “radicate” nel territorio sono state sfidate dalla sequenza sismica 2016-2017. Dall’agricoltura al turismo. Si tratta di due criticità collegate anche a una tendenza in atto, già prima del 2016, che ha visto i nostri territori subire un progressivo spopolamento. La crisi demografica si era fatta sentire molto e prima nell’area del cratere. Oggi, il 70% di quella superficie è coperta da bosco. Solo il 5% è urbanizzata. Non è un dato tranquillizzante, nonostante l’ideologia ecologista prevalente: il bosco per essere una difesa del territorio deve essere presidiato dall’uomo e dev’essere inserito in un approccio agro-silvo-pastorale. Solo così la montagna tornerà a essere baluardo di difesa del fondovalle e delle coste. Altrimenti al rischio sismico incomberà sempre più forte il rischio idrogeologico.
Quali sono, secondo lei, le categorie maggiormente colpite sui territori?
Lo dicono i riscontri e i dati statistici, l’impatto derivato i cui benefici possono essere decodificati attraverso varie chiavi di lettura per ciò che comportano e che sanno offrire in termini di promozione del Paese. È un gioco di squadra da valorizzare nell’interesse collettivo, per affinare i contenuti dell’offerta ricettiva e modellarla in base alle esigenze legate alle manifestazioni, che sanno far convergere in Italia tanti fruitori dello spettacolo sportivo.
Per ciò che riguarda le imprese alberghiere, quali sono le prospettive per un rilancio dell’area colpita dal sisma?
Il Piano nazionale complementare sisma 2009 e 2016, con l’insieme dei finanziamenti stanziati per cammini, impianti, rifugi e servizi e dei bandi per le imprese, rappresenta il punto di partenza di un percorso fondamentale di riparazione del tessuto sociale ed economico ferito dal sisma. Per migliorare i servizi e favorire la creazione di nuovi posti di lavoro il programma NextAppennino prevede diversi interventi per la riqualificazione di tutto il sistema turistico, a partire dai percorsi naturalistici e culturali, le infrastrutture e gli impianti già esistenti, con risorse per rifunzionalizzarli e renderli più efficienti.
Vi è oggettivamente un problema legato ad alcuni ritardi negli interventi di ricostruzione. A che cosa vanno attribuiti? Pensa si possa imprimere un’accelerazione nelle operazioni dedicate ai vari settori produttivi, allo scopo di risollevare l’economia del territorio?
Inizialmente ha prevalso, nella disciplina della ricostruzione, un approccio iperformalista e burocratico. Abbiamo cercato conseguentemente di snellire e fluidificare. Come è successo per quanto riguarda il pagamento dell’IVA nella ricostruzione “produttiva”. Come si può pensare che albergatori che da anni sono fermi possano anticipare l’imposta? Siamo intervenuti l’anno scorso creando un fondo ad hoc. Più in generale, però, accanto alla ricostruzione e alla messa in sicurezza del territorio, dobbiamo impostare un modello di sviluppo, anche turistico, che sia capace di preservare lo splendore e l’autenticità delle montagne e dei borghi appenninici. Ciò sarà possibile attraverso progetti dedicati e sostenibili dal punto di vista ambientale. Anche attraverso un turismo destagionalizzato, capace di attirare una domanda di qualità, saremo in grado di generare occasioni di lavoro per i giovani che vogliono restare e per chi aspira a vivere e lavorare in montagna. Il nostro Appennino può offrire al Paese un nuovo modello, diverso da quello urbano e connotato da una grande qualità della vita in termini umani e ambientali. Forte è la necessità di visione per le nostre montagne, affinché i nostri borghi tornino a essere centri nodali della comunità, capaci di sviluppare servizi e creare posti di lavoro. Ora, il vero traguardo è trovare una sintesi comune per quei territori che hanno già dimostrato capacità di visione. Ricostruire in montagna richiede più tempo e più attenzione. L’accelerazione è in corso. Il decollo c’è già stato, ora si tratta di correre, in una rotta condivisa da tutti i soggetti in campo, sia pubblici, sia privati. In questo orizzonte diventano strategici tutti i programmi di digitalizzazione e di infrastrutturazione stradale e ferroviaria. Un territorio vivo e vivace deve essere connesso.
Pensa che i territori abbiano strumenti sufficienti per tornare a essere attrattivi dal punto di vista turistico?
La natura, l’arte, la storia ci aiutano. Le infrastrutture viarie devono assicurarci l’accesso ai territori per poterne godere e per poterne far godere. C’è poi una particolare vocazione turistica – non esclusiva, ma caratteristica dell’Appennino centrale – lo sviluppo del “turismo lento”: è una delle opportunità di rinascita dei territori dell’Italia centrale e in particolare di quelli feriti dal sisma del 2016, nelle quattro Regioni coinvolte: Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Una vocazione finora portata avanti con risultati eccellenti, in modo spontaneo e volontaristico da numerose associazioni e realtà locali, ma che per essere messa a regime e sviluppare le potenzialità necessitava di un approccio strategico su scala interregionale. Con una Ordinanza approvata in Cabina di coordinamento sisma abbiamo approvato gli interventi in attuazione del programma di sviluppo del turismo lento, proposti dalle quattro Regioni del cratere per un importo complessivo di 47 milioni di euro. Si tratta di un articolato sistema di interventi per percorsi fruibili in un’ottica di intermodalità con il trasporto pubblico e la bici, per la messa in sicurezza e la manutenzione, ma anche per investimenti per i servizi di alloggio e ristoro destinati ai camminatori e ai pellegrini. Particolare attenzione è stata rivolta anche all’accessibilità per le persone con mobilità limitata, per far vivere a tutti l’esperienza del cammino e del pellegrinaggio. La decisione della Struttura Commissariale è giunta alla vigilia di importanti appuntamenti dei prossimi anni: il Giubileo 2025, l’Ottavo centenario della morte di San Francesco nel 2026 e i 500 anni dell’approvazione pontificia dell’Ordine dei Frati Cappuccini nel 2028. Tra i Cammini finanziati, alcuni hanno una rilevanza storica e nazionale di particolare rilievo, come il Cammino francescano della Marca, il Cammino di San Francesco nel Lazio, la via Lauretana e il Cammino dei Cappuccini o la ciclovia del fiume Nera.
Qual è stata l’esperienza più toccante da lei vissuta dal momento in cui ha ricevuto il ruolo che attualmente ricopre?
La caparbietà di giovani albergatori o ristoratori che dopo tanta fatica sono riusciti a riaprire i loro esercizi pubblici fa parte dei ricordi indelebili che porterò nel cuore. Ogni giorno voglio essere sul territorio dei 138 Comuni del cratere, e ogni giorno ho la fortuna di collezionare storie di rinascita, di tenacia e di caparbietà. Anche nel settore turistico. Ba.Bo.
Presidente del gruppo alberghiero luxury che porta il suo nome, Sir Rocco
si racconta: “il nostro lavoro non si può fare in fretta”
Lo incontriamo nella sua “comfort zone”, all’interno dell’Hotel de Russie, ovvero la seconda struttura che testimonia l’ingresso della sua attività in Italia, dopo il Savoy di Firenze. Per la Capitale è un luogo iconico, a due passi da piazza del Popolo e poco distante da piazza di Spagna. Una luce dorata filtra dal cortile che affaccia sul giardino segreto ideato dal Valadier ai primi dell’Ottocento. Pura bellezza.
Rocco Forte, presidente del gruppo alberghiero ultralusso che porta il suo nome, entrato nella grande famiglia della Federalberghi lo scorso ottobre, si racconta in un’intervista con tono pacato. Ha il piglio di chi ha vinto sempre le sue partite, ma non smette mai di giocare in attacco.
Sir Rocco, lei ha un nome che è un brand. Come si vive questa condizione? E' un peso o un vantaggio?
Da un certo punto di vista è un vantaggio. Perché quando le persone vedono me, pensano agli alberghi che ho; qualsiasi cosa io faccia, gli albergatori penseranno comunque che sono proprietario degli alberghi e che magari vorrebbero visitarli. Questo effetto dipende anche dal fatto che si tratta di un’azienda di famiglia, che ne porta il nome, e questo è molto apprezzato. Nel gruppo, mia sorella Olga lavora con me sin dall’inizio della nostra impresa, e ora ci sono i miei figli. Ci facciamo vedere negli alberghi, il personale ci conosce, sa come la pensiamo, capiscono la cultura del nostro gruppo. Non si sentono in una azienda amorfa in cui i principali sono molto lontani, questo aggiunge sempre tanto all’azienda. Personalmente ritengo che, essendo conosciuto nel mio mondo, il fatto che la gente mi fermi per la strada faccia parte del gioco. Se non volessi che fosse così... non avrei chiamato l’azienda Rocco Forte.
Lei ha raccontato di essere partito dal basso con il suo lavoro. Erano altri tempi o dovrebbe essere così per tutti coloro che iniziano questo mestiere?
Sin da quando avevo 14 anni, durante le mie vacanze dalla scuola, per la metà del mio tempo libero ho lavorato nell’azienda di mio padre. Ho fatto il cameriere, il lavapiatti, ho fatto la pulizia delle camere, sono stato in cucina. Da questo punto di vista ho capito che cosa davvero volesse dire lavorare in albergo. E anche come vive il personale che fa questi lavori. Oggi, ad esempio, quando vado in cucina saluto sempre il lavapiatti, so bene che nella gerarchia lui è il livello più basso! Anche con le addette alle pulizie delle camere sono attento; il loro è un lavoro molto duro, non sono a contatto con il cliente come molti altri membri del personale. Allora bisogna dare loro l’importanza che hanno. Poi ho imparato molto il mestiere. E ho anche capito che mi piaceva. Molti vedono la parte brillante degli alberghi, ma la prima cosa che consiglio a chi mi dice che vorrebbe lavorare in albergo è: bene, allora fallo, e cerca di capire se ti piace davvero. Il nostro lavoro è molto particolare, tecnico. Il manager deve conoscere tutto, altrimenti come può dirigere? Deve saper fare lui, per poterlo far fare agli altri.
L’ospitalità a 5 stelle è il cuore del vostro business. Che differenze ha riscontrato nella fruizione del lusso tra le varie nazionalità?
A dire il vero il lusso è un prodotto universale. Ovviamente il cliente cinese, il cliente giapponese, il cliente arabo hanno delle particolarità. Vogliono determinate cose; ai cinesi, ad esempio, piace l’acqua calda alla mattina, cose anche banali. Ma alla fine il lusso è il servizio che si dà al cliente, la personalizzazione stessa del servizio, il modo in cui il personale intrattiene l’ospite. Ci deve essere un rapporto anche amichevole. Una volta gli hotel di lusso erano tutti pomposi, anche il personale era un po’ così, se non eri cliente conosciuto eri messo da parte. Quei tempi credo siano passati. Sin dall’inizio volevo effettivamente creare questa atmosfera diversa nei miei alberghi, molto più spontanea, dove il cliente si potesse sentire a proprio agio.
Che cosa fa veramente la differenza nel successo di un hotel luxury?
Il posto deve essere bello, arredato con grande gusto, di una certa eleganza. Perché si possono spendere anche molti soldi, con cose esagerate, marmi, materiali preziosi, ma questo non necessariamente riesce a creare l’atmosfera speciale, più particolare, ciò che fa la vera eleganza. La posizione dell’albergo in una città è molto importante, e anche la destinazione. Per esempio, l’operazione che ho fatto io al Verdura Resort in Sicilia è stata più difficile proprio perché non si trattava di una destinazione dove si è abituati ad andare. Se fai un albergo a Saint Moritz allora va tutto bene. Anche se parti da zero, si è comunque in un luogo super frequentato. A Sciacca invece ci andavano in pochi, si può dire. Ma io volevo fare un resort con il golf, dove ci fossero i terreni adeguati a realizzare il campo. Ovviamente, una volta che il marchio è conosciuto e ha una sua reputazione, molti clienti ti seguono. Pensano: il gruppo Forte ha aperto lì, allora vado. L’hotel stesso può fare destinazione. Poi per il successo di un hotel luxury c’è anche il tema dell’investimento: se s’investe troppo, anche se la struttura è gestita benissimo, non ci sarà mai ritorno sufficiente. Adesso c’è il revenue management, cosa che non esisteva quando ho cominciato. In sintesi, significa che non c’è più il prezzo fisso, il movimento dipende dal tasso di occupazione, dagli eventi in programma nelle città e via dicendo. A me non è molto piaciuto questo fatto, ma alla fine il cliente si è abituato e ha accettato.
In Italia però c’è molta polemica sui prezzi degli alberghi, dicono che sono sempre troppo alti.
A me piace quando dicono che i prezzi sono troppo alti e l’albergo continua a essere pieno.
Il suo gruppo ha investito e sta investendo in Italia. L’ultima acquisizione è Palazzo Castelluccio a Noto. Avete la Sicilia nel cuore o davvero si tratta di una destinazione turisticamente eccezionale?
Sì, è un antico palazzo a Noto da ristrutturare. Se tutto andrà bene credo che verrà aperto nel 2026. L’immobile era già stato risistemato dal proprietario da cui lo abbiamo acquisito. Adesso però si deve trasformare in albergo, ed è ancora un’altra cosa. In quella parte della Sicilia non ci sono tanti hotel di alto livello; Noto è diventato un centro importante, molte persone di ambiente internazionale sono andate a vivere lì o nei dintorni, ora è molto più conosciuto. Questo nostro hotel non sarà grande, avrà trenta camere, molte realizzate come suite, ma resta comunque una struttura piccola. Comunque, se non avessi avuto già degli alberghi in Sicilia sicuramente non avrei fatto questo passo. è un territorio che si presta molto al turismo, la gente è ospitale in modo naturale, come un tempo. Poi le civiltà che sono passate qui dall’Europa hanno lasciato il segno. I paesaggi sono belli, il mare è splendido, il cibo molto buono e vario. Quando ho cominciato con Verdura, tutti mi dicevano: o sei pazzo o hai molto coraggio. Coraggio non l’ho avuto perché non sapevo dei problemi che avrei dovuto affrontare. Forse è stata più incoscienza! L’esperienza del secondo albergo, Villa Igea, è stato più facile gestirla, perché mi conoscevano già.
Immaginando le proposte che possano giungere al vostro gruppo, quale criterio di scelta adottate nell’eventuale acquisizione di un hotel?
Quando si comincia dall’inizio, ci vuole un po’ di coraggio e senso di sfida. Si prende più rischio di quanto si può prevedere. Se togli il rischio non c’è più il capitalismo, quello che manda avanti tutto alla fine. Non sono mai i governi che fanno le cose, ma i privati; in certi casi i governi aiutano, ma a volte invece frenano e fanno arretrare. In Europa si è sviluppata una burocrazia terribile, che è come una mano morta su tutto, rallenta le cose ed è più difficile operare. Sempre più permessi, sempre nuove regole. In Inghilterra ora si è perso quello spirito che c’era durante il tempo della Thatcher: lei aveva reso più libere le imprese, aveva ridotto le tasse e il Paese era andato avanti. Da un certo momento in poi, invece, è andato tutto sempre più giù.
Che cosa manca secondo lei in Italia per far funzionare meglio le cose in tema di turismo e di hospitality?
In Italia vi è una burocrazia insostenibile, gestita da persone che si trovano negli stessi posti da una vita, che non hanno mai fatto altro; alla fine, nella maggior parte dei casi non evolvono, non si assumono il rischio: meglio non prendere decisioni che prendere decisioni e sbagliare. In alcuni Ministeri capita che ci siano persone invece venute da fuori, che davvero si impegnano per far fare dei cambiamenti. Credo che ci voglia più gente così. Io ho vissuto in Inghilterra per la maggior parte della mia vita, per cui ho la mentalità un po’ inglese. Dico sempre, qui in Italia: perché non cercate di cambiare il sistema? Ma dicono tutti che il sistema non si può cambiare. L’altra cosa che mi stupisce è che qui vi sono molti fondi di vari tipi, sono risorse sparpagliate nei vari ministeri, allora c’è grande confusione. A volte si dimentica che essi esistono e questi soldi rimangono inutilizzati per anni. Questa è una cosa che si dovrebbe mettere a regime. L’ho toccato con mano perché spesso cerco di finanziare vari progetti, e ogni volta che si valutano le possibilità, si scopre che esiste qualche altro fondo in qualche altro contenitore. Ora con il PNRR hanno dato 50 miliardi da gestire, ma ancora non si capisce bene come verranno utilizzati davvero. Altra cosa sono le leggi sul lavoro: è molto difficile licenziare le persone quando non fanno il loro lavoro. Allora vengono messe da parte. Mettono altri professionisti, ma si crea una brutta atmosfera nelle aziende. Questa situazione, che riguarda un po’ tutta Europa, andrebbe cambiata, secondo me. Alla fine il datore di lavoro ha bisogno di personale e non ne abusa.
Le città d’arte italiane sono assalite dal problema dell’overtourism. Venezia ha adottato il sistema della tassa di ingresso. Come considera questa misura?
Sì, è un problema molto difficile da gestire. Anche a Taormina, per esempio, succede che si riempie di turisti oltre misura. è capitato che alcune persone di mia conoscenza, scese in hotel proprio a Taormina, abbiano chiamato il Verdura per scappare e trasferirsi a Sciacca. Questo perché la situazione era invivibile. A Firenze lo stesso. La soluzione adottata per Venezia non può andare bene dappertutto. Pensiamo solo a Roma: come si farebbe a controllare?
Passiamo alla tassa di soggiorno: sembra essere la spina nel fianco degli albergatori. Qual è la sua valutazione?
A me non piacciono le tasse di qualsiasi tipo. Una tassa in più è sempre una tassa in più. Ma soprattutto è una spesa che dovrebbe servire a migliorare la situazione di una città dal punto di vista turistico, mentre non sappiamo davvero come viene impiegata. A Edimburgo stanno introducendo la tassa di soggiorno per il 5% degli incassi, Iva inclusa. Allora si va a pagare una tassa su una tassa, è veramente assurdo. Gli alberghi di lusso sono quelli che pagano di più, eppure sono forse quelli che inquinano meno le città. Considerarla comunque in percentuale non è giusto, dovrebbe essere un costo unico, fisso per tutti.
Le strutture legate ai campi da golf sono parte della vostra eccellenza, sia in Italia che all’estero. Forse in questo ambito vi è anche un potenziale legato al real estate di lusso?
Si certamente, dappertutto esiste già. Il costo dello sviluppo è talmente alto che l’albergo non può reggere da solo, allora si vende il real estate, le case. A Verdura, infatti, abbiamo già costruito 20 case e ne costruiremo altre. Ma in molti casi il resort non è ancora realizzato quando già si vendono gli immobili. è un modo per spalmare i costi.
L’attività dell’albergatore non è legata solo al profitto, si dice che sia un mestiere romantico, perché anche in amore si osa. è vero?
Credo che si debba avere passione per essere albergatore. Non è una cosa da fare in fretta. è un investimento a lungo termine, continuativo. Il prodotto deve rinnovarsi ogni giorno. Allora ci vuole un certo tipo di mentalità. Non è che si costruisce qualcosa, si vende il giorno dopo e si va altrove. Il prodotto viene controllato, perché alla fine è rappresentato dal servizio. Il maggior investimento va fatto sul personale, che è direttamente a contatto con il cliente: bisogna lavorare sulla sua preparazione, deve essere contento, avere passione a sua volta, deve sentirsi protetto dall’azienda. è molto importante l’atmosfera di squadra, la gente deve aver piacere di venire al lavoro la mattina. Questo si traduce in un impegno continuo: non è che si trova il posto, si fa l’albergo e poi tutto va da sé. Io sento la passione per questo lavoro. Ho venduto una parte delle azioni dell’azienda al Fondo Sovrano Saudita, e avrei potuto liquidare tutto e uscire con molti soldi in tasca. Ma ho voluto seguire i miei, sento la responsabilità della gente che è cresciuta con me. Non avrei mai potuto lasciare a metà tutto questo.
Che cosa sta pensando di fare, oggi, Sir Rocco Forte? C’è un progetto a breve termine?
Non c’è un progetto nel senso di un albergo diverso. Ci stiamo dedicando a questo esperimento che abbiamo fatto con Rocco Forte House (appartamenti privati luxury in un palazzo settecentesco in piazza di Spagna a Roma, n.d.a.); è una cosa nuova che stiamo sperimentando anche su Milano. Ma a dire il vero sono molto concentrato sul come organizzare l’azienda stessa per vendere il migliore servizio agli ospiti, che devono poter arrivare comodamente da noi. E va anche studiato il modo di proporre l’azienda in maniera innovativa al cliente. Questo è l’obiettivo del mio prossimo anno e mezzo, oltre a quello di aiutare mio figlio che adesso è a capo dello Sviluppo, per allargare la compagnia. Non solo in Italia, dove ormai per noi è abbastanza facile, ma negli Stati Uniti e in altri Paesi europei. Questa sarebbe una nuova impresa.
Barbara Mazzali, imprenditrice e manager, Assessore al Turismo, Marketing territoriale
e Moda per la Regione Lombardia, spiega in un’intervista la sua visione del comparto, ricco di potenziale e capace di prestazioni significative per il sistema Italia
Donna di grande temperamento, nata a Reggio Emilia ma lombarda di adozione, sostiene il “Lombardia Style” come brand identificativo del luogo e ha ideato una brochure semestrale dedicata alle eccellenze della Regione.
Dottoressa Mazzali, in merito al tema del turismo esperienziale affrontato in un recente convegno all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ritiene che le Regioni possano avere un ruolo determinante per costruire nuove opportunità?
La ricerca dell’Università Cattolica ha messo in evidenza come sempre più italiani scelgono il turismo esperienziale. Si calcola che il 75%, dei circa 35 milioni di connazionali che pianificano una vacanza, è alla ricerca di nuove forme di turismo, inquadrate in percorsi culturali/artistici, sportivi, spirituali, o legati al benessere/natura ed enogastronomia. Nel 2023, la Lombardia ha migliorato la sua attrattività – arrivando al record di 51 milioni di pernottamenti – proprio puntando sulle “esperienze”, la cui chiave sono festival, eventi e itinerari. La nostra strategia turistica regionale si basa proprio su questa vision: Lombardia terra dei turismi e di esperienze da vivere all’insegna della responsabilità e sostenibilità. Abbiamo accettato la sfida di raccontare in un modo nuovo la nostra Regione, valorizzando le tantissime destinazioni meno conosciute ma ricche di esperienze autentiche, che hanno tutte le carte in regola per diventare le nuove mete di viaggio. Penso a tanti straordinari borghi storici, dimore, chiese, ville storiche e percorsi outdoor, da esplorare a piedi o su piste ciclabili, magari accanto ai nostri laghi, fiumi, nelle nostre campagne o sulle nostre montagne. Concretamente stiamo sostenendo anche la promozione delle singole destinazioni con una iniziativa che abbiamo chiamato “OgnigiornoinLombardia” che ha previsto un contributo per la realizzazione di eventi e iniziative di carattere attrattivo-turistico, i quali trovano una vetrina promozionale nella nostra piattaforma InLombardia, che nel 2023 ha ospitato 26mila eventi, rispetto ai 18mila del 2022. Vetrine specifiche, con informazioni descrittive, coordinate e contatti che permettono di costruire un ricchissimo calendario di esperienze accessibili ai turisti, agli operatori del settore e ai nostri Infopoint.
A dare valore aggiunto alle “esperienze” dei viaggiatori sono ovviamente anche le nostre strutture ricettive che tengono alta l’asticella della qualità e che sono sempre più orientate a offrire ai loro clienti esperienze uniche e autentiche.
La città di Milano sta diventando un “must” tra le destinazioni di punta a livello internazionale. Come si sviluppa un successo così eclatante?
La prima motivazione di viaggio oggi continua a essere il turismo culturale e indubbiamente Milano ha molto da offrire, insieme a un altro “driver” che influenza oggi le scelte di viaggio, soprattutto dei turisti esteri: lo shopping. Senza contare che Milano è capitale internazionale di Design e Moda, con le sue famose “weeks” che attraggono migliaia di visitatori ogni anno, ma è anche città di fiere, congressi, concerti e più in generale grandi eventi ad alto potenziale attrattivo. In Lombardia, le presenze sono prevalentemente straniere e da questo punto di vista un ruolo chiave è assunto dai collegamenti aerei rispetto ai quali Milano, essendo sede aeroportuale, trae un indubbio vantaggio.
Oggi si parla molto di “Lombardia Style”, una sorta di brand che identifica il “Made in Lombardia”. Come state operando su questo? Crede possa essere un progetto pilota che attivi un circuito virtuoso anche per le altre regioni italiane?
Il “Lombardia Style” offre una nuova visione di offerta turistica che interpreta la nostra Regione come un unico territorio “senza confini”. Mi spiego meglio: da un punto di vista turistico, i territori non devono tracciare confini marcati, scivolando in un campanilismo ben poco produttivo, ma devono collaborare, mettere a fattor comune le proprie risorse attrattive (paesaggi, cultura, moda-design, enogastronomia, artigianato, offerte sportive/wellness, itinerari religiosi, etc.) dentro il più grande contenitore regionale, nel nostro caso il “Lombardia Style”. Si tratta di coordinare in maniera più ordinata ed efficiente tutte le attività di promozione anche all’estero, di sfruttare meglio il potenziale attrattivo di Milano proponendo un prolungamento del soggiorno verso altri territori della nostra Regione.
Il “Lombardia Style” è quindi il nuovo brand identificativo dei nostri territori, che mette a sistema la rete delle destinazioni, raccontando un’unica offerta, con la quale ci vogliamo proporre al mondo. Rappresenta il nuovo posizionamento di Regione Lombardia anche nel turismo esperienziale, in quanto la sfida è quella di supportare tutte le destinazioni, in particolare quelle meno conosciute, per far crescere l’offerta turistica in termini di qualità e integrazione dei pacchetti turistici. Abbiamo anche costruito una brochure semestrale dedicata alle eccellenze e alle bellezze della Regione e ha in copertina Giorgio Armani. Abbiamo coinvolto altri importanti ambassador, scelti per intercettare differenti target: l’attrice Fiammetta Cicogna, protagonista della prima puntata del nostro docufilm promozionale, e il ciclista e presentatore Vittorio Brumotti, che con la sua bicicletta ha iniziato a girare il nostro territorio, raccontandolo con una prospettiva nuova, sulle “due ruote”, in particolar modo sui social, rivolgendosi a un target giovane. In definitiva, la mia risposta è “Sì”, io credo che, come Lombardia, stiamo creando un modello, un modo nuovo di raccontare il turismo, che sta attirando l’attenzione di operatori e visitatori.
Quanto pensa che i Grandi Eventi possano incidere sull’andamento economico del Paese?
I Grandi Eventi sono un eccezionale driver per l’economia lombarda. Stiamo parlando di manifestazioni importanti a livello nazionale o internazionale, capaci di attrarre turisti per una motivazione precisa, che sia sportiva, culturale, commerciale, fieristica o enogastronomica, che costituiscono una delle direttrici strategiche del turismo in Lombardia. Eventi di grande rilievo anche mediatico possono rappresentare una leva formidabile per potenziare l’attrattività turistica del territorio lombardo. A luglio avremo la prima edizione del Giro d’Italia Women, che partirà da Brescia per poi passare nelle splendide località del Mantovano, alcune anche patrimonio Unesco, Sabbioneta e Volta Mantovana. Come noto, abbiamo poi all’orizzonte le Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026. Si tratta di eventi che sicuramente lasciano un indotto rilevante sul territorio e sono un’opportunità per moltiplicare la visibilità di certi luoghi anche in periodi di bassa stagione, con l’obiettivo di destagionalizzare il turismo.
Mettendo a terra una strategia mirata ai Grandi Eventi, a suo avviso si potrebbe dare impulso a un processo di destagionalizzazione?
Se da un lato dobbiamo sfruttare le mete più iconiche come traino per aumentare la permanenza media, dall’altro è necessario spostare i flussi verso nuove destinazioni, anche in chiave di destagionalizzazione. Dobbiamo quindi aiutare aree ad alta “congestione turistica” in alta stagione, come Milano, il Lago di Como e il Lago di Garda, a offrire esperienze in zone limitrofe più decentrate, in aree interne meno conosciute, ma che offrono tesori nascosti ancora da scoprire. In questi termini bisogna ragionare anche in vista delle Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026: ci attendiamo un rilevante flusso di turisti e l’obiettivo è portarli in tour in tante province della Lombardia, che meritano di godere della visibilità e dell’indotto del grande evento, che, al contempo, auspicabilmente non creerà un’unica pressione nel territorio direttamente toccato dalle performance sportive.
Che performance prevede per l’estate 2024?
Il 2023 è stato un anno straordinario per il turismo in Lombardia, abbiamo superato del 17% le presenze del 2019, anno d’oro del settore. Il 2024 è iniziato molto bene, il prolungamento naturale della stagione invernale ha migliorato i flussi. Tra gennaio e aprile abbiamo registrato un incremento medio delle presenze di circa il 10% rispetto allo stesso periodo del 2023. Le previsioni per l’estate 2024 sono quindi molto positive, contiamo di confermare questo trend di crescita e di capitalizzare l’importante lavoro di promozione delle nuove destinazioni, che ci potrà aiutare a limitare gli impatti dell’overtourism in alcune località dei nostri laghi. Ba.Bo.
Claudio Montanari ha fondato il Consorzio Riccione Bike Hotels.
è presidente di Federalberghi Riccione e membro
della Cabina di Regia di Destinazione turistica Romagna della Regione
Una sezione del manuale sul cicloturismo e gli hotel bike friendly, realizzato da Federalberghi, è dedicata alle interviste con imprenditori, campioni, guide e operatori che hanno segnato il mondo del ciclismo e del cicloturismo con esempi virtuosi, consigli, ricordi a beneficio di chi vorrà intraprendere attività o migliorie per ingaggiare relazioni con il cicloturista. Riportiamo, di seguito, uno stralcio dell’intervista con Claudio Montanari, che ha fondato e presieduto il Consorzio Riccione Bike Hotels.
L’associazione Riccione Bike Hotels è nata il 7 agosto 1998. Che impatto ha avuto il cicloturismo sul territorio?
L’esperienza che deriva da oltre venticinque anni di presenza dei Bike Hotel a Riccione, ci consente di dire che il cicloturismo ha contribuito a trasformare in meglio la città e il suo entroterra. Riccione e le località circostanti hanno assistito a una crescita esponenziale del turismo legato alla bicicletta, che ha portato ad un miglioramento delle infrastrutture ciclabili, alla diversificazione dell’offerta turistica e all’aumento dell’attenzione verso le esigenze dei ciclisti.
I grandi eventi, come il Giro d’Italia e il Tour de France che passano in Romagna, hanno consentito una manutenzione straordinaria delle strade, assolutamente fondamentale per gli appassionati di bicicletta.
L’invasione dei ciclisti ha contribuito a promuovere lo sviluppo economico locale, stimolando l’apertura di nuovi servizi e attività legati al settore. La creazione di strade bianche rappresenta un’occasione straordinaria per cogliere nuove opportunità di mercato e offrire esperienze ancora più variegate ai nostri ospiti.
Lei è stato assessore al Turismo della città di Riccione. Una Pubblica Amministrazione, oggi più che mai, deve mostrare attenzione per i ciclisti urbani, a partire dalle ciclabili in città e il ciclo mobilismo in generale. Dove si proietta Riccione nei prossimi anni?
Come ex assessore al Turismo di Riccione, ritengo che la Pubblica Amministrazione debba continuare a concentrarsi sull’ottimizzazione delle infrastrutture ciclabili in città e nell’intera area circostante. Questo include l’espansione delle piste ciclabili, la creazione di percorsi cicloturistici sicuri e la promozione di iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della mobilità ciclistica. Inoltre, è fondamentale collaborare con le strutture ricettive per offrire servizi dedicati ai ciclisti, come parcheggi sicuri per le biciclette e pacchetti turistici ad hoc e svolgere un’opera di orientamento dei soggetti istituzionali, come APT (azienda di promozione turistica e Destinazione Romagna), verso il cicloturismo e il turismo sportivo in generale.
La creazione di reti istituzionali e di imprenditori privati, come il costituendo Cluster Turismo, sono un segno di quanto il territorio abbia compreso la necessità di sviluppare una collaborazione sia strategica che operativa per il successo della destinazione regionale.
La sua struttura cosa ha offerto in più per affermarsi sul mercato come uno dei Bike Hotel più ricercati?
L’Hotel Adlon di Riccione è stato uno dei pionieri nel campo dei Bike Hotel in Italia. La sua popolarità e affermazione sul mercato sono state dovute principalmente alla sua attenzione per le esigenze specifiche dei ciclisti. L’hotel ha offerto non solo servizi di alta qualità, come officina per biciclette e noleggio di attrezzature, ma anche esperienze su misura per i ciclisti, come tour guidati e itinerari personalizzati. Inoltre, l’Hotel Adlon ha saputo distinguersi per l’ospitalità e l’assistenza dedicate ai suoi ospiti ciclisti, creando un’esperienza indimenticabile per chi sceglie di soggiornare presso di noi. Infine, ma non meno importante, l’approccio identitario di una cultura dell’ospitalità che pervade in modo trasversale tutti gli ambienti dell’hotel, passando per lo staff che diventa ideale interprete di un allestimento che racconta la storia del territorio e le sue bellezze.
Sono un elemento distintivo le camere a tema che riproducono le immagini iconiche e grafiche del periodo futurista e degli albori dell’epopea dell’ospitalità romagnola, le immagini e allestimenti del mare Adriatico con le sue tartarughe e i delfini, per arrivare al racconto del wellness e del cycling, con un cameo della bandana del nostro Pirata per eccellenza, Marco Pantani.
Tutto questo per trasformare un luogo di passaggio come un qualunque hotel in uno spazio di esperienze, di emozioni e storie da raccontare in cui io e Chiara, proprietari oggi dopo i nostri genitori Marta e Luigi, siamo oggi ideali registi e attori, assieme alle tante persone con cui collaboriamo ogni giorno per far diventare una bella vacanza un ricordo memorabile da serbare tra le cose preziose a cui teniamo.
Quali sono le caratteristiche di base che un hotel dovrebbe o potrebbe valutare per essere attrattivo sul mercato del cicloturismo internazionale?
Le caratteristiche più importanti per un Bike Hotel alla ricerca di clienti sul mercato del cicloturismo internazionale devono includere:
a) infrastrutture e servizi dedicati ai ciclisti, come: un deposito per biciclette sicuro, un’ officina attrezzata e un servizio di lavanderia per l’abbigliamento tecnico;
b) guida locale specializzata in cicloturismo e conoscenza approfondita dei percorsi e delle attrazioni del territorio;
c) pacchetti turistici personalizzati che includono escursioni in bicicletta, visite culturali e gastronomiche;
d) assistenza e supporto per la pianificazione di itinerari ciclistici su misura, adattati al livello di esperienza e alle preferenze degli ospiti;
e) collaborazioni con aziende locali per promuovere prodotti e servizi legati al cicloturismo, come: enoteche, agriturismi e produttori di tipicità del territorio;
f) tanta creatività e attenzione ai cambiamenti, cogliendo le trasformazioni e le opportunità che mercati vecchi e nuovi ci offrono.
Enit Spa ha un nuovo presidente, o per meglio dire, una presidentessa: la professoressa Alessandra Priante, abruzzese doc. Non è la prima volta che Priante si trova a ricoprire un ruolo di vertice: laureata in Economia Aziendale alla Bocconi, sino al 2019 a capo dell’Ufficio Relazioni Internazionali del MIPAAFT, approda in Enit dopo l’incarico di Direttore Europa dell’UNWTO, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di turismo a livello globale.
Professoressa Priante, la sua ultima esperienza professionale in veste di direttore del Dipartimento Europa dello UNWTO, l’agenzia ONU del turismo, l’ha proiettata in una dimensione internazionale con sede a Madrid. Come si vive l’Italia “da fuori”? È più facile mettere a fuoco pregi e difetti del nostro Paese?
Sicuramente si vede bene l’Italia in modalità comparativa e quindi se ne apprezzano meglio i pregi e le scelte vincenti. La sfida più importante è fare in modo che l’Italia sia consapevole di quanto è “avanti´ rispetto agli altri. È evidente che l’esperienza alle Nazioni Unite è stata importantissima e utilissima per acquisire cognizione di causa sull’Europa, che è la regione turisticamente più importante del mondo. Con grande piacere riporto in Italia esperienze e competenze acquisite al di fuori del nostro Paese.
Lei ha operato in grandi realtà private ma anche in contesti pubblici e istituzionali. Quali sono le differenze più evidenti tra questi due mondi?
Ho avuto la grande fortuna di aver lavora-to per la maggior parte del tempo nel settore turistico, dove da sempre i ritmi sono veloci e non ho trovato grandi differenze tra pubblico e privato. Altrettanto onestamente confesso che i contesti di finanza internazionale in cui ho operato erano diversi e mi è impossibile fare dei paragoni oggettivi. I contesti privati in cui ho operato di più sono stati quelli della finanza internazionale e del project management europeo. Entrambi mi sono serviti moltissimo per capire quanto importante sia la programmazione, il setting di obiettivi ambiziosi e un uso intelligente dei numeri. La finanza lavora su questo e su intuizioni strategiche. Quindi, in questo senso, il contesto turistico è molto similare. L’elemento chiave che lo rende sicuramente uno dei settori economici più interessanti è che il suo successo si fonda su una collaborazione pubblico-privato assolutamente sinergica e dinamica. In Italia siamo in un momento storico, con un Ministero del Turismo che ha i poteri e le possibilità di aggregare e sintetizzare, ma anche di realizzare amministrativamente una serie d’iniziative che hanno proprio lo scopo di rafforzare il settore privato.
Oggi è presidentessa di Enit Spa. Che cosa ritiene sia prioritario fare per la promozione dell’Italia all’estero?
Per promuovere al meglio l’Italia all’estero bisogna sicuramente lavorare sul metodo per avere chiaro cosa fare e come farlo. Quindi, la funzione di Enit Spa è di supporto alle azioni d’indirizzo del Ministero e diventa essenziale oltre che strategico sia per migliorare, innovare e definire i prodotti da offrire, che per creare meccanismi di efficientamento, utili per la formazione degli operatori del settore e tutta la filiera a essa connessa. Ovviamente la promozione poi deve fare leva anche su un ripensamento della presenza estera, nel senso di rifocalizzazione ma anche di rafforzamento, come ha detto spesso il Ministro Santanchè.
Come pensa che il nostro Paese possa diventare più competitivo e tornare a salire sul podio del vincitore a livello internazionale?
La competitività si costruisce con un ottimo prodotto ed eccellenti strumenti di promozione. L’Italia parte molto avvantaggiata, per natura, ma la costruzione del vantaggio deve essere consapevole e oculata per essere duratura. Per fare questo si deve necessariamente coinvolgere molto di più le destinazioni. Ammetto che, personalmente, le "classifiche" non mi sono mai piaciute. Mi rendo conto che funzionano molto bene a livello giornalistico e lo rispetto, ma spesso mancano di vero contesto. I dati, per essere presi in considerazione seriamente, devono essere omogenei e rappresentativi e condivisi a livello internazionale. In sostanza, ho sempre creduto che l’Italia dovesse essere già la numero uno.
Il Ministro del Turismo insiste molto sul tema della destagionalizzazione: una necessità riconosciuta come prioritaria da tutto il comparto. Lei ha già delle idee su come operare in questo senso?
Certo. È un approccio che approvo appieno. Le idee sono condivise e siamo al fianco del Ministero per lavorare molto sul prodotto, sfruttare le potenzialità del turismo tematico e business (congressuale, eventistico). L’Italia deve diventare un grande hub internazionale dove si ospitano i più grandi eventi del mondo non solo nel settore turismo, ma anche sport e altro. Siamo già partiti bene con il G20 e il G7 Turismo, le Olimpiadi Milano- Cortina, il Tour de France e molti altri eventi sportivi, ma possiamo fare di più. L’importante è sempre farlo assieme alle destinazioni e con la piena efficienza degli operatori.
Si parla molto dell'intelligenza artificiale e del grandissimo potenziale che rappresenta per il mondo del turismo e, più nello specifico, il comparto ricettivo. Qual è la sua visione in merito?
Credo che l'intelligenza artificiale possa essere una grande alleata del settore turistico, ma con le dovute precauzioni e sistemi di sicurezza che diano tranquillità a turisti e operatori di settore. Di certo, l’intelligenza artificiale consolida ancora di più l’idea che la formazione della governance turistica deve allinearsi a dei nuovi standard, che gli permettano di gestire anziché subire l’avvento delle nuove tecnologie.
Recentemente ha sottolineato il valore della formazione e la necessità di impegnarsi per arricchire e potenziare il settore turistico italiano: oggi chi vuole specializzarsi in questo campo deve necessariamente scegliere la Svizzera, dal momento che non troverebbe nel proprio Paese un’offerta formativa di pari portata. Una grande contraddizione, considerando quanto l’Italia eccelle nella sfera dell’accoglienza. Qual è la ricetta per ovviare a questa mancanza?
Ogni ricetta cambia il suo valore a seconda di chi la mette in pratica. In Italia abbiamo ottimi esempi da seguire, ma dobbiamo sensibilizzare di più i giovani nel comprendere che specializzarsi nel mondo turistico offre le stesse opportunità lavorative ed economiche, se non maggiori, di altri settori. Questo è l’ingrediente segreto della ricetta che forse gli altri in questo momento stanno usando meglio, ma noi siamo ancora in tempo, avendo un patrimonio come l’Italia. Le aggiungo, inoltre, che il Ministro Santanchè ha delle idee molto chiare e innovative al riguardo e da sempre dice che è necessario che l’Italia diventi un punto di riferimento per la formazione d’eccellenza nel turismo.
Il nodo della carenza di personale in Italia, ma anche nel resto del mondo, non è ancora stato sciolto e rischia di colpire duramente l’operatività e la produttività delle nostre imprese. Lei a suo tempo indicò come soluzione proprio la formazione dei migranti. È ancora della stessa idea?
Il Turismo è un settore dalle grandissime potenzialità e sicuramente molto inclusivo. La professionalità e l’impegno non ha distinzioni di nessun tipo. Se una persona ha voglia di specializzarsi nel settore turistico è giusto che le venga data l’opportunità di farlo, ma questo già succede in ogni parte del mondo da tempo, non sarebbe di certo una novità. L’idea di utilizzare i migranti era una proposta europea non una mia soluzione, al tempo portata avanti dal Portogallo e da altri Paesi in maniera eccellente.
Come si sente ad aver ricoperto e a ricoprire oggi un ruolo apicale, in un contesto in cui le posizioni verticistiche sono solitamente assegnate agli uomini?
Le dico che sicuramente le donne, che formano il 54% della forza lavoro nel turismo a livello mondiale, spesso si trovano a farlo in posizioni non apicali. Questo è una fonte di stimolo. Ma dobbiamo essere concreti e renderci conto che oggi c’è un’occasione storica: un Presidente del Consiglio donna che deve servire da esempio a tutte noi. Maggiore fiducia in noi stesse e credere di più nel turismo come settore di crescita. Da parte del Governo c’è un grande impegno verso il settore e, lo dico da cittadina italiana prima ancora che da presidente dell’Enit, mai come ora vi è un’attenzione fortissima da parte politica, con una visione unitaria e forte portata avanti da un Ministro che è un vero esempio di determinazione e di inclusione.
Lei è nata all’Aquila. Conferma il detto “abruzzesi cape toste?”
Assolutamente sì! Ne sono fiera. A maggior ragione, dato che oggi L’Aquila è designata Capitale della Cultura 2026. Noi abruzzesi siamo determinati ma anche molto gentili. Amiamo le cose vere, la famiglia e siamo disposti a tutto per gli ideali. Tutto quello che sono e ciò a cui sono arrivata è frutto della mia determinazione. I miei sogni e i miei obiettivi li ho raggiunti, forse in maniera non lineare, ma sempre con grande soddisfazione. E questa nomina è uno di quelli... ma non ho ancora finito il percorso.