Pensare alla pensione è una di quelle cose che spesso vengono rimandate.
Ma la realtà è che il momento migliore per iniziare a costruire una sicurezza economica per il domani è adesso
di Massimo Fiaschi
I dati parlano chiaro: la pensione pubblica continua a ridursi. Secondo la Ragioneria Generale dello Stato, il tasso di sostituzione netto – ossia la percentuale dell’ultima retribuzione che sarà coperta dalla pensione – sta diminuendo costantemente, per effetto dell’entrata a regime del “sistema contributivo”. Questo significa che chi andrà in pensione nei prossimi anni riceverà un assegno molto più basso rispetto a chi è uscito dal mondo del lavoro anni fa.
Negli anni ’90, per affrontare questa problematica, è stata introdotta la previdenza integrativa, una pensione privata da affiancare a quella pubblica. Altre realtà, come il Fondo Mario Negri per i dirigenti del terziario, sono nate molto prima. Eppure, meno del 40% della forza lavoro vi aderisce, e tra gli under 35 solo il 27%. Numeri troppo bassi.
Ma perché è così importante iniziare il prima possibile? La risposta è semplice: con il sistema interamente contributivo l’importo della pensione dipenderà dai contributi versati durante l’intero arco dell’attività lavorativa e non da quello che accade nei dieci anni precedenti il pensionamento.
Assume, quindi, maggiore importanza quanto si versa e per quanto tempo. E la precarietà e gli stipendi bassi generano conseguenze negative dirette sulla futura pensione. In questi casi, mettere da parte risorse in autonomia diventa essenziale. Pianificare con anticipo permette di evitare errori che potrebbero pesare a lungo termine. Proprio quando le risorse sono scarse, fare errori costa di più.
Anche chi ha stipendi più alti non deve abbassare la guardia. Se si è iscritti all’INPS dopo il 1995, bisogna considerare che la pensione pubblica è soggetta a un tetto massimo (120.607 euro lordi nel 2025). Questo significa che chi guadagna oltre quella soglia non versa ulteriori contributi e, di conseguenza, non si assicura una pensione proporzionata al proprio reddito.
Se si desidera mantenere lo stesso tenore di vita una volta usciti dal mondo del lavoro, la previdenza complementare non è più un’opzione, ma una necessità.
Un altro elemento da considerare è l’effetto della capitalizzazione. Anche versamenti minimi in un fondo pensione, se effettuati costantemente fin dall’inizio della carriera, possono fare una differenza enorme. Grazie agli interessi composti, il capitale cresce in modo esponenziale nel tempo.
E l’eredità? Molti pensano che il patrimonio familiare possa rappresentare una garanzia per il futuro, inoltre le generazioni attuali sono meno numerose rispetto a quelle precedenti, quindi, il patrimonio accumulato dai genitori e dai nonni verrà suddiviso tra meno eredi. Ma affidarsi unicamente a questo non è una strategia vincente. Il costo della vita, le tasse e gli imprevisti possono ridurre rapidamente le risorse ricevute. Costruire un piano previdenziale individuale significa mettere al sicuro il proprio futuro senza dipendere da variabili incerte.
Cosa fare subito? Informarsi è il primo passo. Se si è dirigenti d’albergo, con contratto firmato da Federalberghi e Manageritalia, oppure quadri o dipendenti del settore Turismo, è fondamentale valutare le opportunità offerte dai CCNL di categoria. Per esempio, ancora non tutti sono consapevoli dell’importanza di destinare il trattamento di fine rapporto alla previdenza complementare di categoria.
Per quanto riguarda i non dirigenti, invece, non tutti sanno che con l’adesione a un fondo contrattuale sorge l’obbligo per il datore di lavoro di versare una parte di contribuzione a suo carico, che in caso contrario si perderebbe.
Aspettare è un errore. Pensarci oggi significa costruire un futuro più sicuro e sereno domani.
*Segretario generale di Manageritalia