Tutti lo sanno: il 2019 è stato per il turismo italiano l’anno dei record: mai così tanti pernottamenti nella nostra penisola. Ma forse non tutti sanno che l’anno precedente a quello della pandemia è stato anche quello in cui ci sono stati più lavoratori nel settore turistico (comprendendo in questo: gli esercizi ricettivi, i pubblici esercizi, l’intermediazione, gli stabilimenti termali e i parchi divertimento).
Nel 2019, infatti, gli occupati nel turismo sono stati in media 1.300.512, con un aumento rispetto al 2018 del 4,7%. Con il covid purtroppo si è ben presto invertita la rotta, ma il 2022 (ultimo anno per cui sono al momento disponibili i dati sul lavoro dipendente dell’INPS) ha visto quasi raggiungere tale valore. “Quasi” perché nel 2022 sono stati impiegati nel turismo in media 1.289.718 lavoratori in 197.792 aziende. Siamo, quindi ancora distanti del -0,8% dal 2019.
Ma chi sono questi lavoratori? Ebbene, il turismo dà lavoro a quelle categorie solitamente ritenute più svantaggiate: giovani (quasi il 60% dei dipendenti ha meno il 40 anni, che si traduce in un’età media di 37 anni), donne (52%) e stranieri (26%).
Per quanto riguarda, invece, le tipologie contrattuali la stragrande maggioranza dei dipendenti da aziende del settore turismo in Italia ha la qualifica di operaio (83,2%). Gli impiegati rappresentano il 9,4% dei lavoratori, mentre gli apprendisti sono pari al 6,9% del totale. Infine, dirigenti e quadri rappresentano, insieme, lo 0,5% del totale.
Per quanto riguarda l’orario di lavoro, il 52,1% dei dipendenti ha un contratto di lavoro a tempo parziale.
Oltre la metà dei lavoratori (55%) ha un contratto a tempo indeterminato. I contratti a tempo determinato stipulati per ragioni di stagionalità rappresentano il 17,7% del totale, mentre quelli non stagionali sono il 26,6%. La forte percentuale di contratti a tempo determinato, stagionali o meno, risiede nella natura stessa del mercato turistico: ha un andamento della domanda che varia nel corso dell’anno con dei picchi che sono diversi da destinazione a destinazione. La diretta conseguenza è che anche la richiesta di lavoro non sarà costante nei diversi mesi dell’anno, ma seguirà la domanda turistica. Infatti, i valori massimi e minimi di occupazione si trovano a luglio e febbraio, con rispettivamente 1.572.591 e 1.032.152 dipendenti. Proprio per questo motivo, quando si quantificano i dipendenti di questo settore si parla di medie.
Oltretutto la pandemia ha accentuato la stagionalità e creato una forte disparità. Prendendo come esempio gli esercizi ricettivi: se nel 2019 la differenza tra valore di occupazione minimo e massimo era del 203%, nel 2020 è diventato del 450%, per poi calare leggermente al 396% nel 2021. Nel 2022 tale valore si è attestato sul 236%. Le categorie di lavoratori a risentirne maggiormente sono apprendisti e operai, mentre tra gli impiegati la stagionalità dell’occupazione è altrettanto presente ma risulta diluita su un più ampio arco temporale.
Passando poi ad analizzare i singoli comparti, il 76,5% dell’occupazione dipendente media annua nel settore turismo in Italia è concentrata nel comparto dei pubblici esercizi. I servizi ricettivi occupano il 20,8% dei dipendenti. Contenuto è il contributo dell’intermediazione (2%), degli stabilimenti termali (0,5%) e dei parchi divertimento (0,1%). Se guardiamo invece alla dimensione delle aziende, a fronte di una media settoriale di 6,5 dipendenti per azienda, il comparto con il valore maggiore è quello degli stabilimenti termali (28,2 dipendenti per azienda), seguito dai servizi ricettivi (9,7), dai parchi divertimento (8,1), dai pubblici esercizi (5,9) e dall’intermediazione (5,4).
Anche nella dimensione media possiamo vedere gli effetti della stagionalità: l’irrobustimento della base occupazionale nei mesi estivi e del numero delle aziende operative, porta la dimensione media a 7,2 dipendenti per azienda a giugno e luglio (picco massimo), mentre il valore minimo (5,7) si registra a febbraio.
Anna Chiara Olini