Empatia e lingue. Intervista all’entertainment manager Ruggiero Santo

                                                                                    Empatia e lingue 

L’entertainment manager Ruggiero Santo ci racconta le varie sfaccettature del lavoro di animatore turistico e di quanto siano importanti preparazione e passione

                                                                                    di Andrea Serra

Tra le varie professionalità che offrono all’ospite un soggiorno che lo farà sentire coccolato, tanto da invogliarlo a tornare l’anno successivo, c’è sicuramente la figura dell’animatore.  Ne parliamo con Ruggiero Santo, che ha percorso tutti i gradini di questo lavoro e oggi si occupa di marketing.

Ruggiero, qual è stato il tuo percorso per diventare entertainment manager?

Ho cominciato nell’estate del lontano 1998, come animatore turistico. Parallelamente, studiavo Scienze motorie in Puglia. Ho provato questa nuova esperienza, mi sono appassionato e, quindi, sempre contemporaneamente agli studi, ho continuato a lavorare come animatore per lo sport e il fitness, fino a diventare responsabile dell’animazione e capo equipe, cioè gestire un team d’animazione. È stato un bel percorso. Poi mi sono laureato, ho cominciato a insegnare, riuscendo a conciliare la scuola e il lavoro estivo. Una volta diventato capo equipe mi è stato proposto, da parte dell’azienda per cui lavoro ancora adesso, di coordinare il servizio di animazione di Hu Openair, brand di villaggi all’aria aperta con nove strutture in Italia e una in Lussemburgo, che fa parte del gruppo Human Company, leader nel settore del turismo all’aria aperta. Mi sono trovato davanti a un bivio: l’insegnamento o continuare nel settore turistico. Ha vinto il cuore e ho scelto il turismo e penso che sia stata la scelta più bella che abbia mai fatto.

Anche chi intraprende una carriera come animatore ha la possibilità di fare un percorso fino a diventare manager. Quale aspetto ti appassiona di più del tuo lavoro?

La mia professione negli anni si è ovviamente evoluta, partendo dal fatto che dell’animatore il denominatore comune è sicuramente il contatto con gli ospiti dei villaggi, i sorrisi, l’energia e il feeling che si crea. Poi, successivamente, con la mia crescita professionale sono subentrati altri aspetti che hanno fatto salire anche le mie motivazioni e competenze. La gestione di un team, la creazione di un progetto condiviso – infatti lavoro nel gruppo marketing di Human Company – il rapportarsi con i manager dell’azienda e tanto altro: sono questi gli aspetti che ora mi appassionano di più. Senza mai dimenticare quello che è l’obiettivo principale per il settore dell’animazione turistica, ovvero il benessere della gente, la soddisfazione e il far divertire gli ospiti del villaggio.

Secondo te, quali sono le attitudini, le competenze che una persona deve acquisire nel tempo per fare bene il lavoro di animatore?

Sicuramente, la predisposizione al contatto con la gente e a lavorare in team sono elementi fondamentali. E le competenze in base al ruolo che si ricopre, che passano dallo sport al fitness all’educazione pedagogica e tante altre. Ovviamente, una cosa fondamentale, lavorando in strutture internazionali, è la conoscenza della lingua inglese e, più in generale, delle lingue straniere. Poi ci sono le competenze artistiche come la danza e il canto, che sono un plus per questo lavoro, strutture di animazione con un cast professionistico per il serale che possono aiutare a fare spettacoli di alto livello. Gli ospiti dei villaggi la sera si radunano in anfiteatro per gratificare e applaudire quelli che durante il giorno li fanno stare bene.

Le tue parole aiutano a scoprire un mondo che si conosce solo in modo superficiale. In questo tuo lungo percorso di carriera, ricordi qualche particolare aneddoto?

Ho cominciato questo lavoro con una certa timidezza caratteriale. Questo lavoro mi ha aiutato tantissimo nell’acquisire fiducia in me stesso, nel verificare che quel che facevo piaceva agli ospiti. E questo mi ha fatto scoprire un lato caratteriale che non conoscevo e mi ha dato le motivazioni giuste per migliorare e raggiungere obiettivi più alti. Un lavoro, come dicevi tu, che non è soltanto divertire la gente, ma è tanto pianificare e organizzare al meglio l’intrattenimento dentro le strutture turistiche.

Ai ragazzi che vogliano intraprendere la tua stessa professione, che consiglio daresti?

Sicuramente consiglierei di provare e vivere quest’esperienza: che sia il lavoro della vita o una breve parentesi, non la dimenticheranno mai. Arricchisce a livello personale, fa acquisire competenze che serviranno in ogni settore della vita, soprattutto nei rapporti interpersonali. È fondamentale impegnarsi nello studio delle lingue, perché sappiamo benissimo che il turismo estero in Italia è sempre in aumento e anche per avere un’apertura mentale, perché si lavora con persone da tutto il mondo. Aiuta anche a capire le esigenze, le priorità di turisti provenienti da una nazione piuttosto che da un’altra. E un piccolo “segreto”, lavorando nelle strutture turistiche, è il fatto d’imparare le frasi basiche di ogni lingua per abbattere quella barriera iniziale con gli ospiti.

Noi diciamo che quella ricettiva è la struttura che ti permette di incontrare, in un unico luogo, il mondo. E la lingua è la prima cosa che mette in sintonia con l’ospite. Secondo te, come evolverà il tuo lavoro nel futuro?

Sicuramente si sta andando verso un target più familiare e con un taglio internazionale. E le aziende turistiche percepiscono sempre più l’importanza di questo servizio. Del resto, l’animatore è l’anima del villaggio. Lo stanno valorizzando. Io faccio parte di un gruppo di marketing perché l’azienda per cui lavoro conosce l’importanza di questo settore e di questa professione per lo sviluppo e promozione dell’azienda stessa e dei servizi offerti. Il mio auspicio è quello che ci sia un innalzamento sempre maggiore di questo lavoro a livello qualitativo, che potrebbe essere raggiunto con l’aumento dei costi di formazione mirati e professionalizzanti. Perché, come dicevo, è un lavoro importante e ha bisogno di qualità. 

 Potremmo dire che l’animatore può essere uno dei motivi per il quale il cliente torna nella struttura ricettiva. Ovviamente se è bravo…

Assolutamente sì. È quello che sentono gli ospiti e che io ho percepito negli anni. Tanta gente si affeziona alla struttura e alla qualità dei servizi ma, naturalmente, anche agli animatori, alla persona che rivede ogni anno nello stesso luogo.







Pubblicato il 07/17/25