L’Europa imballata

Il regolamento sugli imballaggi rischia di provocare pesanti effetti su filiere produttive e distributive

 

La proposta di revisione del regolamento sugli imballaggi vietati dal 2030, attualmente in discussione in sede europea (l’ultima seduta, mentre stiamo per andare in stampa, si è tenuta il 15 marzo), preoccupa e, senza modifiche significative, rischia di travolgere interi settori della nostra economia. 

Da quel che è emerso finora, sembra l'ennesima norma pasticciata che non solo non sarà più ecologica né contribuirà alla lotta al cambiamento climatico ma, senza adeguati correttivi, otterrà solo di creare ulteriori problemi alle filiere degli stessi produttori di imballaggi, oltre che ai settori dell’agroalimentare, della ristorazione e ricettivo-turistici in primis. Senza contare che, riguardando solo l'Europa, produrrà concorrenza sleale da parte dei Paesi extraeuropei.

 

Se ne parla dal 1994, l’anno di una direttiva risultata poi inapplicabile. In questo nuovo dibattito, già un anno fa alcuni Paesi chiedevano maggiore flessibilità e altri, invece, obiettivi di riciclo e riutilizzo più alti. Anche per questo, per armonizzare le posizioni, la Commissione Europea ha optato per un regolamento piuttosto che per una direttiva. Si chiede anche, da parte di vari Stati, un approccio più graduale: ogni nazione dovrebbe avere uno “spazio di manovra” per raggiungere gli obiettivi. L’accordo, per ora, ribadisce la prima proposta della Commissione europea, cioè la richiesta di un calo dei rifiuti da imballaggio del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040.

 

Dal 2030, quindi, saranno vietati alcuni contenitori in plastica monouso come quelli per alimenti e bevande, porzioni individuali per condimenti, salse, panna, zucchero e i prodotti in miniatura da toilette in omaggio agli ospiti negli alberghi. Secondo le norme concordate finora, che mettono al bando il più possibile gli elementi nocivi negli involucri a contatto con gli alimenti, tutti gli imballaggi devono essere riciclabili attraverso criteri rigorosi, mentre sono previste alcune esenzioni per tessuti, sughero, legno leggero, porcellana, ceramica, cera e gomma.

 

Tra le altre regole, il fatto che entro il 2029 il 90% dei contenitori per bevande

monouso in plastica e metallo fino a tre litri deve essere raccolto separatamente con un sistema di deposito-restituzione. Se il problema più grande, per la Commissione europea, è quello dello smaltimento dei rifiuti, l'Italia, nell'accordo provvisorio dei primi incontri, pare abbia ottenuto una proroga in quanto il nostro Paese è all’avanguardia per la raccolta differenziata e il riciclo della plastica. Per il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, è un passo avanti. Ma ovviamente non soddisfa e non basta.

 

 

“Sulla proposta di regolamento degli imballaggi", ha dichiarato il Ministro, "il Governo ha portato avanti il negoziato a Bruxelles mantenendo ferma la contrarietà alla soluzione originaria, ribadendo come gli obiettivi di riuso e riciclo debbano essere bilanciati tenendo conto delle realtà nazionali, delle esigenze dei diversi comparti commerciali e produttivi e, soprattutto, dei risultati già ottenuti. 

Per questo l'Italia ha sempre sostenuto la necessità di concedere alternative per gli Stati membri che hanno tassi elevati di riciclo, per non escludere dal mercato imballaggi sicuri e riciclabili e tecnologie oggetto di forti investimenti. Nella riunione dello scorso 4 marzo, sono state accolte alcune delle richieste avanzate dal governo italiano che però, lo dico senza mezzi termini, non bastano a salvaguardare l'intera filiera". Per Pichetto Fratin c'è ancora molto da lavorare sui divieti per imballaggi monouso. Quindi, sarebbe auspicabile che il negoziato europeo tenesse conto delle ragioni delle imprese su monouso, riciclo e riuso e rivedesse alcune norme del provvedimento. Tra gli aspetti di maggiore criticità per alberghi e ristoranti ci sono l’obbligo di ritirare gratuitamente tutti gli imballaggi riutilizzabili e gestire la restituzione nei depositi, con conseguenti rilevantissimi oneri economici; il diritto riconosciuto ai consumatori di portare, all’interno degli esercizi, propri contenitori per l’asporto; il divieto di utilizzare i prodotti per l'igiene che oggi le strutture ricettive mettono a disposizione degli ospiti. Inoltre, la posizione del Consiglio rischia di portare a un mercato europeo frammentato e, paradossalmente, alla produzione di una quantità maggiore di rifiuti da imballaggio, difficili da riciclare.

 

Peraltro, il divieto previsto per gli imballaggi monouso, ritenuti più inquinanti, sembrerebbe sconfessato dallo studio d’impatto pubblicato dalla Commissione stessa, da cui emerge che proprio questa tipologia di involucri, in molti casi, ha un impatto inferiore sull’inquinamento rispetto a quelli multiuso.

 

Anche l'associazione alberghiera europea Hotrec, se da un lato elogia gli sforzi dei legislatori per promuovere la sostenibilità, tuttavia i suoi associati sono preoccupati “per lo squilibrio tra obiettivi ambientali ambiziosi e le esigenze pratiche del settore dell’ospitalità. Sono necessarie limitazioni chiare e coerenti sugli imballaggi in plastica monouso negli alberghi e nei ristoranti".

 

“Vietare i cosmetici in miniatura in plastica per hotel è un passo avanti, ma prendere di mira tutti gli imballaggi monouso per l’igiene personale nelle camere d'albergo è irragionevole e poco pratico – ha commentato il direttore generale di Hotrec Marie Audren – con un’ulteriore pressione su efficienza e redditività e a scapito anche del settore alimentare".

 

Nella plenaria di fine aprile, probabilmente, si avranno più certezze su un regolamento che però, se dovesse essere approvato così com'è, rischia di generare enormi costi sociali ed economici, ma senza la contropartita delle tanto auspicate soluzioni green.







Pubblicato il 03/15/24