Il settore turistico italiano sta attraversando un periodo con stime ottimistiche per l’estate. Però si sta verificando un’evoluzione significativa nel panorama dell’ospitalità, che merita attenzione.
Secondo Federalberghi, dal 2008 il numero di alberghi in Italia è calato del 5,5%, passando da 34.000 a circa 32.000 strutture. Allo stesso tempo, gli affitti brevi su Airbnb sono aumentati vertiginosamente, superando le 600mila unità da un’iniziale cinquantina.
Questo cambiamento ha rivoluzionato il modo in cui si vive il turismo, sollevando questioni critiche riguardo regolamentazione e sostenibilità. Gli affitti brevi, nati come alternativa per un pubblico giovane e desideroso di esperienze, “sono ora un fenomeno globale, superando per quantità l’offerta alberghiera di quasi venti volte”.
La rapida crescita è dovuta a vari fattori, tra cui l’innovazione digitale e la flessibilità dell’offerta. Però la mancanza di regole nazionali unificate ha favorito l’espansione delle piattaforme online, modificando profondamente il concetto di accoglienza.
Federalberghi esprime preoccupazione per questa situazione, contestando Airbnb che attribuisce agli hotel la responsabilità del sovraffollamento turistico. Secondo l’associazione di albergatori, il numero degli hotel in calo contrasta con l’esplosione degli affitti brevi, creando distorsioni urbanistiche e fiscali.
E ci si interroga sull’opportunità di regolamentare il settore. Federalberghi propone tre misure fondamentali: equità fiscale, sicurezza e qualità nei controlli e limiti sull’uso degli spazi per evitare che interi quartieri diventino esclusivamente turistici. Alcune città italiane, come Firenze e Milano, hanno già iniziato a emanare regolamenti. A livello europeo, la Commissione Ue sta preparando un regolamento per migliorare la trasparenza nel settore. Ma è necessaria una legge nazionale per definire chiaramente cosa costituisce un affitto breve e per sostenere le comunità locali.