Un robot come maggiordomo

Sempre più digital friendly. Con i robot che ci ricevono e ci accompagnano in camera. Nel corso dei decenni, l’interazione tra uomo e macchina, o soltanto il chiudere e aprire una porta con un battito di mani, era appannaggio dei libri di fantascienza o di film futuristici, drammatici o commedia che fossero. Era il 1980, quando Alberto Sordi, ad esempio, portò sugli schermi Io e Caterina, film di cui era anche regista. È la storia di un uomo, Enrico che, negli States, si lascia convincere da un amico ad acquistare un robot dalle fattezze femminili, la Caterina del titolo. Robot efficientissimo in cucina e a fare pulizie ma che poi, complice anche la televisione, acquisisce sempre più consapevolezza fino ad arrivare a scenate di gelosia verso il malcapitato padrone, pretendendone il rispetto come se fosse una donna vera. Oppure varie pellicole sulle rivolte dei robot, quelle che ti lasciavano un amaro in bocca quando il termine distopico non esisteva o, ancora, quel film poetico e bellissimo che è L’Uomo Bicentenario, dove l’automa acquisisce coscienza, s’innamora e decide di morire solo quando gli viene concessa la qualità di umano, basato sull’omonimo racconto di Isaac Asimov e con uno strepitoso Robin Williams. Né possiamo poi non citare il top del top, Blade Runner.

Non sappiano se i robot di ultimissima generazione prenderanno "confidenza" come la Caterina del film di Sordi, è però innegabile che l’informatica sforna intelligenze artificiali sempre più raffinate. Per ora ce ne serviamo, poi si vedrà.

In Italia, la robotica negli hotel è ancora ai primi passi nella ricezione degli ospiti, ma è innegabile che, anche nel nostro Paese, la tecnologia ormai fa parte, quando non invade, quasi ogni aspetto delle nostre vite. È quindi normale che anche le strutture ricettive si dotino di sistemi operativi sempre più connessi e interattivi, cosa gradita e spesso richiesta dalla clientela e che contribuisce al business dell’albergo. E se è vero che ogni struttura tende a fare tendenza per se stessa, a offrire quel plus che gli altri non danno per fidelizzare l'utente finale che poi farà conoscere quell’hotel anche con il passaparola, è anche vero che esiste un fil rouge che accomuna le strategie per offrire servizi dedicati agli ospiti, nell’ottica di chi deve mantenere competitività in un settore che è in continua evoluzione. E la tecnologia, coniugata in varie forme, è sicuramente una delle nuove tendenze, intesa anche come sostenibilità.

Va anche detto che tutto questo si è accentuato dopo la pandemia da Covid-19: ci siamo abituati al non contatto, a fare ogni tipo di richiesta attraverso uno schermo e ad apprezzare chi ci ha permesso di poter usufruire di questo tipo di opzioni, che sia una cena ordinata in camera tramite un tablet ad altri servizi prenotati con tecnologia senza contatto e che sono, allo stesso tempo, personalizzati. Già da tempo si può pagare in contactless, oppure interagire con app vocali, ma ormai, ad esempio, molti hotel non usano più le chiavi perché basta un codice memorizzato sullo smartphone per aprire la porta della camera. Check-in più veloci, quindi, compresi quelli tramite riconoscimento facciale. Oggi, tramite apposite app, è possibile chiedere quasi tutto, come la temperatura e il controllo delle luci in camera. Tutto cambia. O forse, per dirla con il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nulla cambia, solo la modalità, non certo la voglia di emozione o la curiosità: se eravamo abituati a muoverci di persona nell’albergo, oggi è possibile farlo sempre più tramite la realtà aumentata, che permette la stessa visita alla struttura ma virtuale e interattiva.

La frontiera del digital friendly va oltre, con i clienti che possono interagire con i chatbot sempre, ogni ora del giorno e della notte. I chatbot, quelli che noi chiamiamo più semplicemente assistenti virtuali, sono quei programmi che usano sia l’intelligenza artificiale sia quella che in gergo tecnico viene chiamato il natural language processing, NLP e, simulando la voce umana, rispondono alle domande dei clienti in forma automatizzata.

Non sempre ce ne rendiamo conto, ma oggi il chatbot è usato praticamente ovunque, dai gestori di telefonia ai messaggi di lavoro. Interagiamo con loro attraverso i nostri telefoni cellulari: Siri di Apple, Alexa di Amazon o Google Assistant i più famosi.

Per quanto riguarda gli alberghi, attraverso il chatbot si può fare check-in e check- out, si può prenotare un ristorante, una gita o una qualsiasi attività. E, vista la velocità di risposta, alcuni siti specializzati ritengono che usando questi programmi la clientela potrebbe essere portata a prenotare di più, generando quindi un maggiore guadagno per la struttura ricettiva e anche un aiuto per il personale, che può sapere in tempo reale se ci sono prenotazioni o se le camere sono a posto.

Il problema che può presentarsi e da tenere presente quando si ha a che fare con un'intelligenza artificiale è quello della privacy, che può essere aggirato distribuendo i chatbot in modo completamente privato. Per entrare nel concreto, abbiamo dimenticato lo spazzolino da denti? Oppure, vogliamo conoscere la distanza dall’hotel di un monumento che vorremmo visitare? Basta chiedere ad Alexa di Amazon che, secondo un sondaggio pubblicato dal gigante dell’e-commerce, è usato dal 75% dei turisti in hotel. Alexa Smart Properties Hospitality è il servizio del chatbot dedicato all’ospitalità e che, si prevede, entro la fine del 2024 avrà un milione di interazioni. L’Italia, del resto, è il secondo Paese dopo gli Stati Uniti per l’adozione di questo sistema vocale, che permette di accedere alla palestra o di conoscere gli orari e le possibilità di un check out, di interagire con il personale dell’hotel o di avere la musica in camera.

Oggi solo due alberghi, in Italia, hanno integrato la domotica ad Alexa: il Best Western Plus Hotel De’ Capuleti di Verona e l’Omama Hotel di Aosta. Grazie alla tecnologia, gli ospiti delle strutture vivono nuove esperienze a portata di voce, con servizi non solo veloci ma anche e soprattutto personalizzati. E, per le strutture ricettive, è un modo per crescere di livello, fare tendenza e accontentare sorprendendola, quindi fidelizzandola, la sempre più esigente clientela italiana e straniera. Benché sia un fenomeno ormai sdoganato in Asia e nelle maggiori città degli Stati Uniti, anche in Italia da qualche anno, accanto ai vari sistemi virtuali e interattivi, negli hotel sono entrati i robot, che sembrano riscuotere molta simpatia da parte della clientela. I robot, secondo la tipologia, accolgono gli ospiti all’ingresso, sono impiegati come maggiordomi, offrono servizio in camera o al ristorante.

A Siracusa, ad esempio, dal 2023 l’albergo One del gruppo Una Hotels ha inserito nello staff i due robot Keenon Dinerbot T5 e Butlerbot W3, alias Lola e Leonard, grazie alla collaborazione con un’azienda specializzata in intelligenza artificiale e tecnologie avanzate dedicate agli hotel. Lola è stata "assunta" per assistere il cameriere, che a sua volta può fornire al cliente un servizio più personalizzato e veloce. Una volta impostato, il robot, secondo le necessità, aiuta anche a sparecchiare il tavolo una volta che gli ospiti hanno terminato il pasto.

Leonard è invece settato per svolgere le funzioni di butler, ossia di maggiordomo ed è in grado di attraversare e percorrere i corridoi, chiamare l’ascensore e affacciarsi in camera, può contattare il cliente o mandargli un messaggio attraverso il telefono e, se ha bisogno di qualcosa, avvisare la reception in tempo reale. Compiendo un rapido volo di gabbiano in giro per il mondo, allo Sheraton san Gabriel di Los Angeles i robot accolgono gli ospiti, li accompagnano a destinazione e smistano i bagagli, mentre all’hotel Jen a Singapore troviamo Jeno e Jen, camerieri esemplari. Altrove cucinano, oppure forniscono biancheria pulita.

Chi vuole proporsi come prototipo per l’albergo del futuro è Alibaba, la piattaforma cinese dell’e-commerce che ad Hangzhou ha aperto FlyZoo Future Hotel, dove un enorme numero di servizi è svolto da intelligenza artificiale e i robot hanno sostituito i camerieri e servono cocktail. In cucina o come addetti alle pulizie ci sono ancora umani in carne e ossa, ma non se ne conosce il numero. Certo, i robot sono attivi sempre, non soffrono fame, sete o sonno, non chiedono aiuto ai sindacati perché non hanno bisogno di stipendio. Sono efficienti, pressoché perfetti. Ma è la bellezza dell’imperfezione umana che fa la differenza. Riusciremo a coniugare la collaborazione tra uomo e robot senza perdere né umanità né posti di lavoro? La nostra natura è socializzare, quindi è probabile.







Pubblicato il 03/15/24