SearchGPT, Google SGE, Perplexity e Meta, il futuro della ricerca conversazionale

SearchGPT, Google SGE, Perplexity e Meta: il futuro della ricerca conversazionale

di Simone Puorto

Negli ultimi mesi stiamo entrando in quella che amo definire un’era di “post-ricerca”, un momento di trasformazione che, come afferma Ghergich (OpenAI’s new search engine sets off sparks of change, msn.com/en-us/news/technology/openais-new-search-engine-sets-off-sparks-of-change/), ricorda i primi anni Duemila, quando Google rimpiazzò Yahoo e il mercato si spostò da un modello basato su directory a uno fondato sulla ricerca. Oggi, dopo un quarto di secolo in cui quest’ultima è stata il cuore pulsante del web, vediamo emergere un paradigma incentrato sulla generazione.

Nel mio ultimo libro, We are the Glitch (vedi Turismo d’Italia, gen-apr 2024, pag. 65, ndr), ho esplorato a fondo questo tema, prevedendo, tra le altre cose, l’ingresso di OpenAI nel mondo della search, una mossa concretizzatasi pochi giorni fa. Non è una questione di preveggenza, poiché era evidente, per chi sapesse dove guardare, che l’AI generativa avrebbe inevitabilmente influenzato anche il modo in cui interagiamo con i contenuti online.

“Da un punto di vista ipotetico – scrivevo nel libro – strumenti come ChatGPT potrebbero un giorno diventare le interfacce primarie o, in alcuni casi, persino le uniche per accedere al web”. Ed è esattamente ciò che sta facendo ChatGPT, sette mesi dopo la mia previsione, integrando la ricerca direttamente all’interno della propria interfaccia, anziché lanciare SearchGPT come prodotto separato.

ChatGPT non è l’unica a muoversi in questa direzione, e per buone ragioni: la ricerca online è un mercato da oltre 200 miliardi di dollari, dominato finora in Occidente da Google. Tuttavia, nuovi attori stanno rapidamente emergendo, come Perplexity, e, stando alle prime indiscrezioni, anche Meta.

Naturalmente, Google non sta a guardare. A oggi, la sua Search Generative Experience (SGE) è attiva in 120 Paesi e, sebbene ancora non lo sia in Europa (a causa delle diverse normative in termini di privacy), Google sta lavorando per garantire la conformità legale in vista dell’imminente lancio anche nel nostro Continente.

Ma, in sostanza, qual è la vera differenza tra la ricerca generativa e quella tradizionale?

Innanzitutto, i motori di ricerca tradizionali rispondono alle nostre domande con una lista di link, costringendo gli utenti a navigare tra diverse fonti. I motori generativi, al contrario, forniscono risposte in maniera conversazionale, consentendo domande di approfondimento e follow-up. Si tratta di una ricerca che (finalmente) comprende la nostra lingua, non solo il linguaggio della SEO (search engine optimization), che in questo scenario rischia di diventare (come sostengo da anni) irrilevante. La ricerca generativa, inoltre, si adatta ai comportamenti e alle preferenze degli utenti, offrendo risposte personalizzate che rispecchiano meglio le esigenze individuali, mentre la ricerca tradizionale si limita a risultati uniformi basati su algoritmi statici.

Un esempio concreto: cercando “miglior hotel a Roma con rooftop” oggi, si ottiene una lista di risultati organici, preceduti da link sponsorizzati.

La stessa ricerca su un motore di ricerca generativo, invece, produce un risultato completamente diverso: “Se stai cercando hotel a Roma con rooftop spettacolari, non puoi perderti [nome hotel]. Questo hotel vanta uno dei rooftop più iconici della città, con una vista mozzafiato su Roma, da Villa Medici al Tevere. È il posto ideale per rilassarsi durante il giorno o per un aperitivo al tramonto. L’ambientazione è curata nei minimi dettagli e la proposta gastronomica è di alto livello, ideale per chi cerca cocktail raffinati in un’atmosfera elegante”.

E tutto questo, ricordiamolo, senza mai lasciare la pagina dei risultati. Insomma, il web è nato con le directory, è progredito con la ricerca, e oggi sembra pronto per un nuovo capitolo, fatto di un’interazione più semplice e vicina ai modelli cognitivi e conversazionali umani.

Ora, la domanda fondamentale è: siamo pronti?







Pubblicato il 05/28/25