L’arte del safeguarding

                                                                            L’arte del safeguarding

                           La qualità del servizio si realizza anche promuovendo e tutelando la sicurezza degli ospiti

                                                                    di Peter Beer e Hans Zollner*

Il turismo rende la vita più bella. Relax, avventura, formazione, sport, benessere, arte, storia – tutto questo e molto altro ancora è reso accessibile dal turismo a tante persone nel periodo più bello dell’anno. Le motivazioni nella scelta della destinazione e nell’organizzazione delle vacanze sono tanto varie quanto le persone stesse. Su un punto, però, tutti sono d’accordo: durante le vacanze ci si aspetta di essere sicuri, per quanto umanamente possibile. Sicuri da truffe, avance sgradite, molestie, aggressioni, rapine, atti di violenza, incidenti.

Nel periodo delle vacanze la maggior parte delle persone è più vulnerabile che in altri momenti. Liberi dallo stress quotidiano e dalle routine lavorative, si diventa facilmente meno prudenti. Motivati dal desiderio di conoscere cose nuove e di vivere in un’atmosfera positiva, spesso si abbandonano i freni abituali. Al tempo stesso, i turisti si muovono in un ambiente a loro estraneo. Non conoscono regole, usi e costumi della convivenza locale e non dispongono di una rete sociale di riferimento (amici, famiglia, conoscenti) che li sostenga.

Tutto ciò rappresenta occasioni che possono essere facilmente sfruttate a loro svantaggio. Contribuire a prevenire simili situazioni fa parte di un’offerta turistica qualificata e di qualità. In questo contesto si parla di safeguarding. In sostanza, si tratta di quattro elementi fondamentali:

1) Analisi dei rischi

Gli operatori turistici, e in particolare tutti coloro che lavorano nelle strutture ricettive, devono valutare con attenzione i potenziali rischi a cui possono essere esposti gli ospiti durante il loro soggiorno. Tali rischi possono assumere forme diverse e includono in particolar modo quelli connessi alle interazioni sociali. Questi rischi possono essere i più vari: dai truffatori e borseggiatori fino a gruppi violenti che agiscono, ad esempio, di notte in alcuni quartieri o zone delle città.

2) Comunicazione

I turisti ricevono adeguate informazioni, non discriminatorie e allarmistiche riguardo ai possibili rischi. L’approccio migliore è quello di fornire indicazioni positive di comportamento. Gli albergatori e gli operatori turistici – sia che offrano semplici servizi di pernottamento sia che propongano pacchetti più articolati – comunicano in modo chiaro la propria disponibilità e incoraggiano gli ospiti a rivolgersi a loro in caso di dubbi o situazioni di insicurezza.

3) Supporto e accompagnamento

Nel caso di eventi in cui gli ospiti subiscano danni (e qui la gamma può includere molestie sessuali, discriminazioni o esperienze di violenza), gli albergatori li assistono nella ricerca degli interlocutori competenti, affinché possano far valere i propri diritti. Ciò può avvenire nel modo più semplice, anche esponendo in un luogo visibile e facilmente accessibile della struttura un foglio informativo con i principali numeri di emergenza delle Forze dell’ordine (Polizia di Stato, Carabinieri) e dei servizi di assistenza sociale (come ad esempio il Telefono Azzurro e il Telefono Rosa). Nella migliore delle ipotesi, su questa lista compare anche il nominativo e i contatti di un dipendente dell’albergo incaricato di occuparsi delle richieste e delle urgenze in tali contesti, disponibile come referente personale in caso di necessità e adeguatamente formato.

4) Formazione e cooperazione

La miglior forma di protezione per gli ospiti si realizza quando tutti, con attenzione e buona volontà, si prendono cura l’uno dell’altro. La sicurezza degli ospiti non è l’esclusivo compito degli albergatori, ma il risultato anche della responsabilità individuale degli stessi turisti e della collaborazione di tutto il personale della struttura ricettiva. È quindi importante sensibilizzare e formare adeguatamente i collaboratori negli alberghi e, più in generale, nel settore turistico. Alcuni temi possibili: come comportarsi quando ci si accorge che alcuni ospiti insistono nel superare ripetutamente i limiti di distanza appropriata con altri ospiti? Cosa fare se si nota che un ospite maltratta la propria moglie? Bisogna intervenire se un collega intrattiene ripetutamente relazioni sessuali con ospiti? Come comportarsi se un cliente porta spesso in camera bambini non suoi, oppure se bambini ospiti rimangono a lungo incustoditi all’interno della struttura? Come agire nel contesto della sicurezza degli accessi quando ci si imbatte regolarmente in estranei che chiaramente non appartengono all’albergo?

Il corretto rapporto tra safeguarding e turismo è una sfida. Si tratta di trovare il giusto equilibrio tra intervento, assunzione di responsabilità e impegno per la sicurezza degli ospiti da un lato, e rispetto della privacy e discrezione dall’altro. Non è sempre semplice e non sempre riesce. Tanto più importante, quindi, è affrontare il tema e cercare opportunità di formazione adeguate.

Una cosa è certa: l’impegno per il safeguarding, per la sicurezza a 360 gradi e quindi anche per il benessere degli ospiti, è sempre un investimento che vale. Per gli ospiti, che possono sentirsi al sicuro e realmente protetti. Per gli albergatori, non solo perché quegli ospiti con grande probabilità torneranno, ma anche perché diventeranno essi stessi i migliori ambasciatori della struttura.

 

*IADC - Istituto di Antropologia. Studi interdisciplinari sulla Dignità umana e la cura delle persone vulnerabili della Pontificia Università Gregoriana, Roma







Pubblicato il 10/04/25