Apprendimento e competitività

Apprendimento e competitività

Sei azioni per affrontare le sfide di oggi e di domani

 di Nicola Spagnuolo*

 Le organizzazioni, oggi più che mai, devono adattarsi continuamente per poter fronteggiare le minacce e cogliere le opportunità, al fine di sopravvivere ed essere competitive.

Le sfide che i decisori si trovano dinanzi sono estremamente complesse. Devono rivedere gli asset organizzativi per poter gestire il cambiamento in maniera ottimale e ogni transizione, cambiamento o evoluzione richiede non solo un adeguato investimento di risorse, ma anche una corretta gestione delle persone, mirata a costruire una visione comune all’interno dell’organizzazione. Pertanto, il successo dei cambiamenti organizzativi dipende non soltanto dalla riallocazione dei fattori produttivi caratteristici, ma anche da quelli relativi ai comportamenti organizzativi.

Una variabile di primaria importanza da considerare nella gestione del cambiamento è, appunto, la cultura organizzativa. Apprendere, per le organizzazioni, significa puntare sul capitale umano: creare e incoraggiare l’apprendimento continuo, considerare gli errori possibili, come opportunità di apprendimento, come occasione per valorizzare ogni singolo contributo, per considerare l’esperienza una fonte continua di apprendimento.

Ma cosa possono o devono fare i manager per facilitare il processo di apprendimento? Quali sono le competenze che loro in prima persona devono avere, allenare o acquisire?

Partendo dall’elaborazione della lista di caratteristiche necessarie a un leader affinché possa divenire promotore di una cultura dell’apprendimento fatta da Schein nel suo Cultura d’azienda e leadership, in cui identifica generativa l’azione di quei leader che sanno apprendere, che sanno mettersi in gioco, che sanno condividere, possiamo considerarne le più significative rispetto al momento storico attuale:

• promuovere la proattività;

• pensare in maniera sistemica;

• far circolare le informazioni;

• promuovere la diversità culturale;

• imparare a disimparare.

La formazione è uno strumento utile ma neutro, per essere efficace non solo deve essere inserita in un progetto con obiettivi chiari, ma i suoi risultati devono essere facilmente condivisibili sia in maniera verticale dal manager al team, sia in maniera orizzontale in tutta l’azienda.

Il passaggio da una competenza individuale a una competenza organizzativa è assolutamente necessario non solo per valorizzare meglio il contributo dei singoli, ma anche per aumentarne il valore aggiunto e assicurarne l’acquisizione, e questo processo non è automatico.

Nel libro Oltre la formazione, edito da Harvard Business Review Italia, scritto da me a quattro mani con Andrea Granelli, fondatore di KANSO, abbiamo messo a fuoco tutte quelle che sono le sfide che a oggi la formazione deve affrontare, per essere uno strumento utile e, guardando al futuro, siamo andati “oltre” la formazione, cercando di capire cosa i decisori possono fare per mantenere competitive le proprie aziende, e competenti i loro team.

Abbiamo creato un vero e proprio take away, sei azioni che possono essere lanciate da subito per iniziare a riorientare i percorsi formativi e allinearli maggiormente alle sfide che ci aspettano:

1) creare le precondizioni per l’apprendimento;

2) facilitare la memorabilità di quanto comunicato;

3) puntare da subito a un sapere critico e transdisciplinare evitando la nascita di silos cognitivi;

4) presidiare il processo di traduzione dei contenuti universali in precetti individuali e azioni concrete;

5) puntare alle local learning communities;

6) costruire un ponte dal sapere personale a quello organizzativo.

Uno dei compiti fondamentali di un manager che opera in un contesto turbolento, in forte trasformazione e caratterizzato da un alto tasso di innovazione – tecnologica, economica, sociale e culturale – è di essere anche un maieuta, un “levatore” della propria squadra. E ciò non si esaurisce nel dare obiettivi e nel verificare che vengano realizzati nei tempi richiesti.
Il suo compito – forse principale – è l’onboarding, l’avere cioè la propria squadra pienamente “a bordo”. Questo significa non solo che ci sia piena consapevolezza relativamente agli obiettivi da conseguire e alle attività da svolgere (con un’adeguata motivazione, ça va sans dire), ma che la squadra abbia tutte le competenze e attitudini necessarie per svolgere quelle attività. Un tema, ancora una volta, autenticamente educativo.

*Direttore Generale CFMT







Pubblicato il 05/15/25