Notizie sulle leggi più importanti per le imprese turistico ricettive, in materia di fisco, incentivi e gestione di impresa.
Le Online Travel Agencies sono impegnate a raccogliere i dati delle strutture ricettive e delle attività di locazione breve presenti sulle loro piattaforme
I portali che intermediano le prenotazioni di servizi ricettivi e le locazioni brevi stanno procedendo a raccogliere e verificare alcune informazioni essenziali sulle strutture ricettive e sugli immobili presenti sulle loro piattaforme, come previsto dalla direttiva dell’UE sulla cooperazione amministrativa (DAC 7) e dal Digital Services Act (DSA).
La direttiva europea DAC 7 è stata emanata al fine di rafforzare la trasparenza fiscale, considerata il principale strumento per contrastare le pratiche elusive internazionali. Un numero elevato e in costante aumento di privati e imprese utilizza infatti le piattaforme digitali per vendere beni o fornire servizi. Spesso però i redditi percepiti attraverso le piattaforme digitali non sono dichiarati e le relative imposte non vengono versate, in particolare quando tali piattaforme digitali operano in diversi Paesi. Ne consegue che gli Stati membri perdono gettito fiscale e alcuni operatori attivi sulle piattaforme digitali godono di un indebito vantaggio rispetto alle imprese tradizionali.
In adempimento a quanto previsto dalla DAC 7, i gestori delle piattaforme sono obbligati a comunicare all’Agenzia delle Entrate entro il 31 gennaio di ogni anno una serie di informazioni.
Tra le informazioni da inviare, relativamente ai servizi ricettivi e alle locazioni brevi di immobili, sono ricomprese le seguenti:
- i dati identificativi dei fornitori di servizi e dei locatori;
- l’indirizzo di ciascuna proprietà inserzionata, e il relativo numero di iscrizione al registro catastale;
- il corrispettivo totale versato o accreditato nel corso di ogni trimestre dell’anno e il numero di transazioni in riferimento a ciascuna proprietà inserzionata;
- eventuali diritti, commissioni o imposte trattenuti o addebitati dal gestore di piattaforma per ogni trimestre dell’anno;
- se disponibile, il numero di giorni di locazione e il tipo di ogni singola proprietà inserzionata durante l’anno.
Con l’entrata in vigore del regolamento europeo sui servizi digitali, cosiddetto DSA, le piattaforme di intermediazione e di vendita di beni e servizi sono inoltre tenute a rafforzare i loro sistemi di sicurezza per prevenire situazioni di illegalità, compiendo controlli a campione sui prodotti e servizi venduti sulla propria piattaforma, e garantendo che la pubblicità online non sia ingannevole o dannosa.
Il regolamento europeo è infatti finalizzato a creare un ambiente digitale sicuro e affidabile, tutelando i diritti dei consumatori e contrastando la diffusione di contenuti illegali e la manipolazione delle informazioni.
In adempimento a tale normativa, potrà quindi essere richiesto ai gestori di attività ricettive o di locazione breve presenti sulle piattaforme di fornire il proprio indirizzo e codice fiscale, e, se si dichiarano host professionali, anche la partita IVA e il numero di iscrizione al Registro delle imprese.
Il mancato inserimento dei dati richiesti nell’area riservata della piattaforma comporterà l’adozione di alcune misure, tra cui l’impossibilità di ricevere prenotazioni da parte di viaggiatori all’interno dello Spazio Economico Europeo (SEE) e la disattivazione delle proprietà presenti sulla piattaforma stessa.
In arrivo la banca dati delle strutture ricettive. Sanzioni sino a 8mila euro per quelle
che non rispettano l’obbligo di pubblicazione del codice. Prosegue l’impegno
di Federalberghi per la realizzazione di un mercato più equo e trasparente
Nel corso degli ultimi anni, l’andamento del comparto extralberghiero ha realizzato buone performance, con tassi di crescita superiori a quelli registrati nel comparto alberghiero.
Il mercato evolve, ci lancia dei segnali, che dobbiamo essere pronti a cogliere.
è peraltro ragionevole presumere che l’andamento delle statistiche ufficiali possa essere in parte spiegato dall’emersione che si realizza a seguito delle misure di contrasto all’abusivismo che sono state adottate in Italia. Ne rammentiamo alcune:
- la comunicazione all’Autorità di P.S. delle generalità degli alloggiati;
- la comunicazione all’Agenzia delle Entrate delle transazioni effettuate sui portali;
- lo scambio d’informazioni tra il Ministero dell’Interno, l’Agenzia delle Entrate e i Comuni.
Alcuni dati
Anche se i risultati ottenuti grazie a queste misure sono apprezzabili, va detto che la strada da percorrere è ancora lunga.
Basti pensare che, a fronte degli oltre 500mila alloggi italiani disponibili sul più famoso portale dedicato agli affitti brevi, ISTAT censisce soltanto 118mila appartamenti in affitto gestiti in forma imprenditoriale, 33mila bed & breakfast, a cui si aggiungono 15mila esercizi non classificati.
Si consideri, ancora, che, mentre le statistiche ufficiali celebrano il ritorno ai numeri record del 2019, che si chiuse con 436 milioni di presenze negli esercizi ricettivi, qualche settimana fa uno studio commissionato da ENIT-Unioncamere a ISNART ha stimato che nel 2023 si siano registrate nelle strutture ricettive e nelle abitazioni private italiane circa 851 milioni di presenze.
Gli organi d’informazione hanno “fatto il titolo” sugli 851 milioni, ma in pochi si sono accorti che il dato eclatante era costituito dagli oltre 415 milioni di presenze che sfuggono a ogni controllo.
La banca dati delle strutture ricettive
In questo alternarsi di luci e ombre, si è recentemente inserito il parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni al decreto sull’interoperabilità della Banca dati nazionale delle strutture ricettive e degli immobili in locazione breve e per finalità turistica, realizzata dal Ministero del Turismo in collaborazione con le Regioni e le Province Autonome.
Attraverso la Banca dati, sarà possibile richiedere il Codice Identificativo Nazionale (CIN), da utilizzare per la pubblicazione degli annunci e per l’esposizione all’esterno delle strutture ricettive e degli immobili in locazione breve o turistica.
Gli Intermediari e i Property Manager che operano su piattaforme online devono assicurare che il CIN sia sempre indicato negli annunci.
Le sanzioni per la mancata esposizione del CIN vanno da 800 a 8mila euro per le strutture che non rispettano la normativa, e da 500 a 5mila euro per chi non espone il codice come richiesto. Violazioni reiterate possono portare alla sospensione dell’attività ricettiva.
Il legislatore ha istituito la banca dati con l’obiettivo, molto apprezzabile, di favorire la trasparenza del mercato.
Sarà utile agli organi di vigilanza, che potranno disporre di un efficace strumento di controllo. Confidiamo che la banca dati venga messa a disposizione anche dei consumatori, per consentire a chiunque abbia interesse di verificare la veridicità delle informazioni pubblicate sui portali.
Ma non vanno trascurati anche altri vantaggi che potranno derivare dalla disponibilità di un elenco aggiornato di tutti i soggetti che esercitano l’attività ricettiva nel rispetto delle regole. Ad esempio, potrà essere utile alle Regioni, per la realizzazione di attività promozionali.
Ci auguriamo, inoltre, che le informazioni contenute nella banca dati vengano presto rese disponibili in modalità open data, al fine di favorire l’attività di tutti coloro che vogliano sviluppare strumenti di promozione dell’offerta turistica italiana.
Il processo di entrata in esercizio della banca dati si articola in due fasi: una fase sperimentale per lo sviluppo del modello di interoperabilità e una fase a regime.
La sperimentazione della piattaforma è iniziata in Puglia. In seguito, sul sito del Ministero, sarà data notizia dell’attivazione del servizio per le altre Regioni e Province autonome, fino a raggiungere, progressivamente, l’intero territorio nazionale.
La disciplina fiscale delle locazioni brevi
è inoltre utile ricordare che nei mesi scorsi si sono registrati dei significativi avanzamenti in materia di equità fiscale nella competizione tra strutture ricettive e locazioni brevi.
Airbnb ha versato al fisco italiano 576 milioni di euro per chiudere il contenzioso relativo al mancato pagamento della cedolare secca sugli affitti brevi.
Un analogo accordo è stato raggiunto da Booking.com, che ha pagato 94 milioni di euro per sanare la mancata applicazione dell’IVA sulle commissioni che il portale richiede alle locazioni brevi.
Sono cifre importanti, ma ancor più importante è la circostanza che sia stata riconosciuta la primazia della legge italiana, che i portali si sono impegnati a rispettare anche per il futuro.
Sempre in materia fiscale, ricordiamo l’applicazione dell’imposta di soggiorno sulle locazioni brevi, l’elevazione al 26% della cedolare secca a partire dal secondo appartamento e l’automatica attribuzione della qualifica d’imprenditore ai soggetti che gestiscono più di quattro appartamenti.
La direzione di marcia
Con un pizzico di orgoglio, possiamo rivendicare il fatto che i risultati sin qui acquisiti sono stati raggiunti anche grazie al tenace impegno di Federalberghi, che ha promosso l’adozione delle nuove regole ed è intervenuta in tutti i gradi di giudizio, dal TAR alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in difesa della legalità.
Dobbiamo però aggiungere che, seppur le misure sin qui adottate vadano bene, non sono sufficienti. Le realtà di cui parliamo operano a tutti gli effetti come strutture ricettive e quindi devono essere soggette alle medesime regole di base previste per alberghi, affittacamere e bed & breakfast.
Un apprezzabile passo in avanti è stato compiuto introducendo l’obbligo d’installare, all’interno degli immobili destinati alle locazioni brevi, estintori portatili e dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e di monossido di carbonio.
Ma si deve fare di più. Federalberghi continuerà a vigilare sulla corretta applicazione delle norme vigenti e sull’attivazione di ulteriori strumenti, normativi e amministrativi, volti a rendere effettivo il principio “stesso mercato, stesse regole”.
La Commissione Finanze del Senato ha approvato una risoluzione che impegna il Governo a valutare una revisione generale dell’imposta di soggiorno.
La medesima risoluzione, nell’indicare i principi ispiratori che dovrebbero modificare la materia, recepisce anche alcuni suggerimenti che Federalberghi ha espresso nel corso di una recente audizione presso la stessa Commissione, la quale ha richiesto che i singoli Comuni, nel fissare autonomamente il livello dell'imposta, stabiliscano importi proporzionalmente progressivi alla tariffa applicata per il pernottamento.
Il principio di proporzionalità, già fissato per legge nel 2011, è stato disatteso dalla gran parte dei Comuni, anche in seguito ad alcuni orientamenti della giurisprudenza amministrativa, che hanno sancito la legittimità di sistemi che adattano il valore dell’imposta a tipologia e categoria della struttura ricettiva.
Il collegamento con il prezzo è più equo di altri sistemi, anche perché tende a incorporare automaticamente alcuni parametri oggettivi (categoria della struttura, ubicazione, stagionalità, ecc.), piuttosto che una regolamentazione minuta che, oltre a complicare inutilmente la questione, rendendola poco comprensibile al turista, può risultare regressiva.
La risoluzione prevede, inoltre, che il valore dell’imposta venga mantenuto entro i limiti attualmente previsti dalla legge nazionale pari, secondo i casi, a 5 o a 10 euro.
La Commissione ha chiesto di stabilire che eventuali incrementi tariffari non possano decorrere prima di sei mesi dall’approvazione della delibera comunale, per evitare che una soluzione adottata all’ultimo momento interferisca con i contratti già stipulati. La risoluzione si sofferma anche sulle modalità di riscossione, prevedendo che i Comuni si dotino di un sistema digitale, da mettere gratuitamente a disposizione delle strutture ricettive, alle quali sarà affidato un ruolo di mero controllo, mentre le attività meno organizzate, ad esempio le locazioni brevi non imprenditoriali, potranno avvalersi dell’intermediazione dei portali di prenotazione.
Si prevede che gli introiti siano dedicati a investimenti nel settore turistico, con sanzioni per i Comuni che non rispettino il vincolo di destinazione. Anche questo è stato, sino a oggi, un punto dolente, con una sostanziale elusione generalizzata della norma che prevede il finanziamento di interventi in materia di turismo, compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, oltre che interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali, così come dei relativi servizi pubblici locali.
Un punto di particolare interesse riguarda il coinvolgimento delle categorie e l’obbligo, a carico del Comune, di dar conto pubblicamente della destinazione delle risorse. Ci si augura che il coinvolgimento delle associazioni rappresentative delle imprese non si limiti a un atto formale e che, invece, comprenda sia la fase di istituzione dell'imposta, sia la definizione della destinazione delle risorse e di verifica del loro impiego.
La risoluzione si chiude con l’invito ad approvare un regolamento-quadro che definisca la disciplina di attuazione dei principi formulati dalla Commissione. Questo regolamento si dovrà applicare in tutti i Comuni italiani, incluso il territorio amministrato da Roma Capitale, che fino a oggi è stato interessato da una disciplina ad hoc.